Alta Fedeltà

Top five 2005 - 2006
a cura della Redazione

 
 
I migliori cinque film della stagione 2005 - 2006 secondo i collaboratori di Off-screen.



Piero D’Ascanio
In ordine di preferenza
i Segreti di Brokeback Mountain
Commovente melò in forma di western. Struttura classica, regia calibratissima, un finale che lascia senza fiato. Non una sbavatura. Il miglior film della stagione.
Radio America
Saggio di messa in scena e direzione attoriale. Teoria e tecnica del movimento di macchina. Magistrale.
a History of violence
Il miglior Cronenberg del Terzo Millennio. Ancora sulla Carne, con maggiore maturità. Stratificato, lucido, spietato.
le Tre sepolture
Guillermo Arriaga azzecca lo script dell’anno e la regia di Tommy Lee Jones lo calza come un guanto. Un occhio ai classici e uno al suo personale mondo d’autore. Il valore umano accompagna ed esalta quello cinematografico, nell’esordio più ragguardevole degli ultimi tempi.
Jarhead
Un’ispirata parabola sul profondo nonsense della guerra. Fresco e disperato. Gyllenhaal al millimetro.

Sorpresa - Il cinema italiano. Moretti, Bellocchio, Placido, addirittura - in un rispettabilissimo contesto “medio” - Verdone. Il primo ci ricorda che il pubblico è il privato, con lucidità e furore da par suo. Il secondo rimane l’unico autore italiano a credere in un cinema fatto solo di immagini e suggestioni. Il terzo ci regala un polizi(ott)esco serratissimo, il nostro piccolo Goodfellas. Che sorpresa.
Bluff - Lady Vendetta
Ben altro ci si aspettava dalla conclusione della trilogia del talentuoso Chan-wook Park. Noioso, ingarbugliato, non sembra aggiungere nulla a quanto l’autore diceva già (e molto meglio) in Oldboy. Che rimane il suo unico, vero grande film.



Emanuele Boccianti
i Segreti di Brokeback Mountain
Semplicemente, una delle storie d’amore più tenere degli ultimi anni. Ovviamente, maledetta.
le Tre sepolture
Accudire un corpo, mentre il corpo marcisce. Perché non venga dimenticato. Che significa vivere, allora?
King Kong
Ammirate l’impossibile in azione. Per la prima volta Kong non è più un mostro, è un protagonista fatto di emozioni oltre che ruggiti.
a History of violence
Il corpo ha le sue ragioni, che la ragione non vuole ricordare: violenza, sesso. Non l’eroismo, non l’amore.
Jarhead
Fare la guerra, non sparare neanche un colpo, eppure morire dentro.

Sorpresa -
il Calamaro e la balena
Viene un momento in cui si è genitori ai propri genitori. È un lascito ingrato, e un parricidio necessario. Ma si può anche raccontare con leggerezza.
Bluff - le Particelle elementari
Statico, depressivo, devitalizzato. Ironia? Dove sarebbe l’ironia? Roehler non è Arcand.



Marco Giallonardi
Niente da Nascondere
Il potere delle immagini e del cinema, la capacità di chiudere il cerchio sulla storia e sulle classi sociali, l’ineluttabile condanna senza scampo che il più violento e radicale autore off della contemporaneità regala alla storia del cinema recente. L’incipit narrativo non ha più bisogno di trovare una collocazione nella diegesi e può permettersi, come un fantasma della libertà tipicamente francese, di bussare alla porta durante la notte e distruggere la normalità borghese delle nostre esistenze. Da rivedere, se si regge l’urto: più lo si analizza, più fa male.
The New World
Un grande vecchio solitario coerente come un saggio centroamericano, che nella rilettura di Pocahontas trova la storia ideale per mettere in scena, ancora una volta, i suoi temi prediletti. Il dramma della diversità e l’impossibilità, storica e contemporanea, di arrivare ad una completa comunicazione. Sognante/sognato, mistico, evocativo ed incantevole: un crimine distruggerlo con una visione casalinga. Solo da grande schermo.
Capote – A sangue freddo
Il racconto lucido e dai toni sommessi di come la fantasia, l’immaginario posseduto da ognuno di noi, possa divenire la sede di una sconvolgente e solipsistica falsificazione del reale, possa ammantare anche l’omicidio più riprovevole di un’aura di mistero ed epicità. Molto sottile, e per questo interpretato solo come lo spazio d’azione per l’interpretazione da actor studio di Hoffman; lineare e spietato nel riconoscere il cuore di tenebra del mondo intellettuale e radical chic.

Bluff - Nanni Moretti e il suo il Caimano al caramello. Disgustoso, una summa appiccicata e disonestamente calcolata di tutti i temi del suo passato, con una tenerezza sopra le righe ed una verve ironica davvero fiacca. Se questo è il modo di celebrare un trentennale, dimentichiamolo. E rivediamo solo il buon vecchio autarchico, irrispettoso e fastidiosamente narciso, che non si sarebbe mai scansato dall’obiettivo solo per piacere al grande pubblico e poter uscire con la cifra record di 450 copie. Da dimenticare.



Simona M. Frigerio
Good Night, and Good Luck
Niente da aggiungere.
Capote – A sangue freddo
Freezing.
la Fabbrica di cioccolato
Parodia d'autore.
Bubble
Saggio di regia.
Syriana
Multilinguistico.



Adriano Ercolani
In ordine alfabetico
Cinderella Man
La Grande Depressione raccontata da un eroe che ha dovuto prima introiettarla per poterla poi superare. Ron Howard dirige un grande affresco “populista” nel senso migliore del termine, e la coppia Crowe-Giamatti riesce a dare i brividi solo con uno sguardo d’intesa.
Jarhead
Il film più sardonico ed antimilitarista degli ultimi tempi: l’attesa dello scontro come vuoto esistenziale, in cui tutto perde di significato e si trasforma in sabbia. Il Mendes forse più maturo e meno stilizzato, capace di raccontare con elegante sarcasmo le disavventure di una “gioventù bruciata”. Grandiose ed apocalittiche le immagini di Roger Deakins.
Radio America
Quale altro cineasta ha mai creato immagini in movimento in grado di generare realismo? Sinfonia di volti e sonorità come solo Altman sa realizzare. Un cinema che forse si muove sul filo dell’antichità, ma che ancora stupisce e commuove.
i Segreti di Brokeback Mountain
Perché questo è uno dei migliori film dell’anno? Perché prima di tutto è una gran storia d’amore e di impossibilità a viverla. Ang Lee riscrive il melodramma classico - vedi Douglas Sirk - in chiave modernissima, lasciando tutto lo spazio necessario e dovuto a personaggi, ambiente, emozioni. Il resto lo fanno Ledger, Gyllenhaal, Prieto e Santaolalla.
Volver
Un Almodòvar mai così equilibrato incontra Gabriel Garcìa Màrquez in una storia di donne, di fantasmi e di pazzia del vivere. Intenso e perfettamente calibrato nei toni. Il miglior veicolo per un gruppo d’attrici in grado di rapirti il cuore.

Sorpresa -
Romanzo criminale
Rulli e Petraglia vincono il loro personale confronto con il genere, e tirano fuori una storia tagliente e dura come da anni non si vedeva in Italia. Placido opta per la miglior messa in scena possibile, quella che sta incollata ai volti e ai corpi di un gruppo d’attori in stato di grazia. Cinema “forte”, fatto di storia e personaggi. Per i nostri standard, un miracolo.
Bluff - Crash - contatto fisico
In una stagione di cinema tutto sommato deludente, Crash ne rappresenta la perfetta sintesi. Come si fa a scambiare un tale pasticcio per una pellicola indagatoria? Ma il vero scandalo è l’Oscar ad una sceneggiatura furba ed assolutamente retorica.



Giuliano Tomassacci
Good Night, and Good Luck
Non solo la conferma di un regista non banale e interessato al mezzo, ma un film sulla televisione così vecchio stampo che all’interno di una certa contemporaneità cinematografica rischia di apparire quasi sperimentale e azzardato. Clooney raffredda la sfrontata spigliatezza registica esibita in Confessioni di una mente pericolosa in un mirabile understatement: eppure la mano dell’intelligente metteur en scene c’è ancora tutta, metabolizzata ma palpabile - e fattivamente corroborata dall’ineccepibile fotografia bianco-nero di Robert Elswit. In bilico tra i migliori Lumet e Pakula, una prova formale, contenutistica e attoriale che ha il fascino di una miniatura ricercata.
Munich
La cromosomica sensibilità di Spielberg al dramma bellico, alla discriminazione razziale, all’assurda burocrazia delle regole di guerra sembra funzionare da agente reattivo per il suo fare cinema. Al di là di uno script spesso appesantito da una problematica ideologica indecisa sulla sua centralità e di un impianto drammaturgico sovente vittima del sua voluminosità, Munich resta un testo potentissimo, sentitamente doveroso e quindi consono, con picchi di regia che motivano e sanzionano la scrittura de La Guerra dei Mondi “rece/guerradeimondi.htm”. Visto attraverso il filtro della scuola di genere anni ’70 (impossibile non pensare a Frankenheimer) un capolavoro di spy-movie all’europea.
Romanzo criminale
Michele Placido - responsabile di una regia finalmente capace di svincolarsi dal retaggio dell’intimismo di sceneggiatura imperversante nella scuola nazionale senza per questo risultare eccessivamente inadeguata - ha citato espressamente Pasolini come anima sottesa alla sua saga romana. Ma a rifulgere, passanti e visibili, ci sono soprattutto le mitologie di Coppola, di Scorsese, di Leone: un respiro ampio e una predisposizione all’internazionalità che sono già meriti innegabili. Poi un cast prevalentemente perfetto e motivato, alchemico nell’insieme e facile a punte di grandezza negli a solo. Una brezza di cinema che mancava da troppo.
the Exorcism of Emily Rose
Ibridazione riuscita ed equilibrata, davvero inusuale e convenientemente avvincente. Scott Derrickson lavora sul doppio binario legal-thriller e horror-shoker con grande misura e spirito d’atmosfera, senza lesinare nulla alle retoriche di ciascun genere. Diretto con polso, non abbandonato a formalismi stilistici (soprattutto sul versante orrorifico alcune soluzioni drammatiche brillano per efficacia) e avvalorato dalle luci di Tom Stern e dal viscerale, organico score dello specialista Christopher Young, questo esorcismo sembra aver già stimolato un nuova corrente del fecondo new horror gotico. Per ora rimane forse l’unico esempio - senza dubbio il più riuscito - di legal-shoker.
il Cane Giallo della Mongolia
Elaborato l’abbagliante ed iniziale impatto con l’atavica bellezza dell’opera, ci si ritrova disorientati nel definirla, nell’incasellamento di genere: molto probabilmente docu-ficiton. In fondo gli attori non professionisti si sono prestati a vivere la loro vita, Byambasuren Davaa li ha seguiti con distante partecipazione e la fotografia naturalistica in 16 mm tradisce chiaramente la volontà di una semplicità non edulcorata. Sostanzialmente però l’impressione è un’altra: la vecchia che racconta alla piccina la fiaba-chiave del cane giallo è quasi in zona di metalinguaggio. Perché in purezza di intenti e di esiti, di forma e di portata allegorico-simoblica, è semplicemente il film stesso ad essere una fiaba. Una purezza filmica da salvaguardare. Qualunque sia il genere d’appartenenza.



Francesco Rosetti
L'ordine è casuale quindi, a ben pensarci, risulterà rigorosissimo
Volver
Almeno da Tutto su mia madre Almodovar riflette sull'intreccio vita-morte o meglio ne fa esplicitamente il centro della sua riflessione registica. Il tema già in nuce in molta produzione precedente (si pensi al finale di Carne tremula), si è imposto al regista che da tempo lavora sulla fantasmaticità non tanto dell'immagine quanto della memoria e su quanto questo fantasma, più o meno rimosso, continui a influenzare le vite dei suoi personaggi: recitare, meglio esplicitare attraverso l'esasperazione della forma melò, questa figura non formalizzabile, diventa allora un modo per rivelare il fantasma entrare in contatto estendersi ad una diversa concezione del tempo. Ne la Mala educacion “rece/malaeducacion.htm” questo non riusciva, la finzione assorbiva tutti i personaggi e il percorso immaginativo dei personaggi si arrotolava su sé stesso. Qui forse non siamo ad una liberazione compiuta e impossibile, ma di nuovo fa capolino l'apertura. E il fantasma, presente letteralmente, collabora, prende su di sé le responsabilità di un fallimento. Il cammino verso la madre-città (Madrid), può riprendere.
la Sposa cadavere
Anche qui abbiamo un trauma (trauma metafisico addirittura) che va risolto, anche qui, una creatura femminile che sancisce il legame tra due mondi (uno dei quali, paradossalmente quello dei morti, è la trasposizione positiva, ma solo immaginativa, sospesa, dei sogni perduti di quello reale). Nella forma fiaba che oramai Burton ha pienamente rielaborato in stile cinematografico, riuscendo a farvi penetrare lo sguardo dello spettatore, in piena soggettiva, il sogno rimane è quello di uno sguardo disincarnato, lieve e aereo, capace di rifigurare un mondo e ridargli linfa vitale. Gli attori stanno al gioco reinterpretando le proprie figure di riferimento (il proprio mito di plastilina), sotto una tenue luce lunare, che sembra giungere direttamente dalla pittura ottocentesca di paesaggio.
Broken Flowers
Jarmusch lavora sempre più per sottrazione: ellissi registiche, dialoghi ridotti all’essenziale e costruiti sul filo del paradosso, immagini evanescenti anche nella loro pulitezza, come in questo caso. Jarmusch lavora sulla ripetizione, come nella pittura zen (e si ricordi un bellissimo saggio di Paul Schrader sul trascendente e il vuoto nella pittura vascolare zen appunto), e almeno da Ghost Dog, passando per Coffee & Cigarettes, arrivando qui, il metodo arriva alla perfezione. Decostruzione di un Don Giovanni ridotto quasi al Keaton di Film di Beckett (e Keaton), per la prima volta cosciente del suo vuoto, che cerca il futuro e il passato nel presente (ma qui forse il presente è la “distensio animi” di Agostino). La cerca nell’altro, nell’America e nella sua natura, nella donna, in un figlio che forse alla fine appare (il figlio stesso di Bill Murray). Siamo ad un’apertura, ma difficile da gestire.
a History of violence
La mutazione continua ad essere il fulcro della riflessione, anche e soprattutto visuale, di Cronenberg, ma cambia completamente l’approccio da Spider in poi. Formatosi negli anni settanta Cronenberg punta all’esteriorizzazione della mutazione, poi dopo Existenz torna alla psicanalisi, a quella sottile inquietudine dal nome di inconscio e che qui si manifesta d’improvviso nei gesti e negli atti improvvisi o nelle evocazioni dei dialoghi. Queste apparizioni improvvise, di fronte alle quali l’unica possibilità di uscita e nella sospensione finale degli sguardi. Cronenberg trova nel genere il perturbante e ne centro di un’opzione di cinema etico, anche se sottile e non conciliatorio.
Good Night, and Good Luck
Unità di luogo: una redazione in cui tutti sono tutt’uno con il proprio ruolo di creatori di immagini e di notizie, una redazione dove la cinepresa o si sofferma come in una foto d’epoca o incalza come in Cassavetes. Fuori nulla, niente oltre la messa in immagini della televisione nascente e già vincente. Il fuoricampo è Mc Carthy e il suo delirante programma autoritario. Attratto nella trappola della visione, Mc Carthy perde per eccesso di beceraggine fisionomica (non dice solo cose brutte, ma le dice pure con una brutta faccia). Ma i suoi avversari, uomini d’immagine forniscono una nuova arma ad un maccartismo soft. Dopo veniamo noi, in questa lotta tra fantasmi telematici, si gioca sul futuro dell’immagine e la sua verità.

Sorpresa - In una stagione in cui potevano essere messi tranquillamente in classifica e anche ai primissimi posti Spike Lee con Inside man (altro maestoso gioco sulla storia come rappresentazione) o Woody Allen con Match Point (Il Delitto è castigo, anche se non punito porta con sé la punizione), e in cui comunque hanno bazzicato i nomi di Kim Ki Duk, Ang Lee (splendido film sotterraneo, nel senso della riflessione registica dietro il tema nobile, il suo), perfino il redivivo Herzog metto come sorprese dell’anno Moretti e Bellocchio: sorprese due nomi già così affermati e in piena vigoria registica? Si, perché il cinema italiano, se esiste come opzione a sé, può avere una sua dignità solo dialogando con le opzioni audiovisive di ciò che è fuori d’Italia, senza ridursi al reportage in immagini, magari anche di qualità scadente. Niente contro il reportage, ma per quello c’è già la stampa e la televisione, e anche lì l’immagine conta.

Bluff - Ciò che non esiste, cioè il cinema europeo. Esistono autori, da Von Trier ad Almodovar a Moretti a Kusturica ma, incredibilmente, anni di coproduzioni, dibattiti, asserzioni sulla raffinatezza come tratto specifico di una cinematografia “europea”, ciò che si vede è la assoluta mancanza di tessuto: tessuto produttivo, distributivo, ma anche estetico. Sembra che la parola Europa sia un buon modo per rifugiarsi dietro uno specifico banalmente etnico o peggio nazionalistico, oppure giustifichi un’autoreferenzialità individuale, ma per carità, d’ autore. Il cinema invece è un ambito, anzi più ambiti e della rete di relazioni ha bisogno. Speriamo in bene, perché di cinema buono ne abbiamo, basterebbe dargli spazio per creare un network. Che dire? Pluralità e relazione.



Maurizio Di Lucchio
Me and You and Everyone We Know
Ci ha riconciliato. Per una serata ci ha riconciliato con le nostre parti sognanti. Ci siamo ricordati che il nostro cuore ha una dignità anche in mezzo alle terre desolate. E’ lo stupore che il Piccolo Principe prova quando scopre che la pecora contenuta nella scatola disegnata da Saint-Exupéry si è appena addormentata. E giù il silenzio, per contemplare…
la Sposa cadavere
Dopo un film così, la morte fa un po’ meno paura. Va detto altro?
a History of violence
Di tutte le metamorfosi raccontate al cinema è quella che meglio incarna la naturalezza con cui ci scrolliamo di dosso il marciume del nostro passato e la spontaneità con cui ci raccontiamo bugie per sopravvivere.
il Caimano
Berlusconi a parte, è uno dei pochi film che ha provato a vedere se esiste (esiste!) un filo che lega la disarmante degenerazione della vita politica italiana con le piccole tragedie private degli italiani.
Good Night, and Good Luck
Un film disincantato che dipinge un eroe destinato all’oblio. Un grido pacato sull’urgenza di dire la verità a ogni costo.



Ilario Pieri
la Sposa cadavere
Match point
a History of violence
Volver
Bubble

Sorpresa - Proof, Notte prima degli esami, Whisky
Bluff - il Codice Da Vinci, i Fantastici 4



Manuela Latini
1) Inside man
2) Le tre sepolture
3) Crash - contatto fisico
4) Me and You and Everyone We Know
5) Transamerica



Luca Perotti
In ordine di preferenza
1) ex aequo: Radio America e a History of violence
2) Niente da Nascondere
3) la Sposa cadavere
4) ex aequo: la Damigella d’onore e Matchpoint
5) Good Night, and Good Luck

Sorpresa - il Caimano
Bluff - Lady Henderson presenta



Carlo Benedetto
1) Inside man
2) Crash - contatto fisico
3) a History of violence
4) Syriana
5)  V per vendetta
   
Nota -  Nella classifica ci dovrebbe essere anche Match point, ma per quest’anno diamo spazio a qualche nuovo autore!



Stefano Finesi
l'Enfant
i Segreti di Brokeback Mountain
il Caimano
Oliver Twist
Match point

Sorpresa - Quando l'amore brucia l'anima
Bluff - Munich

Vergognosamente, non ho ancora visto:
a History of violence, the New world, a Bittersweet life, il Sole



Luca Persiani
In ordine alfabetico
a History of violence
Match point
Munich
i Segreti di Brokeback Mountain
SpongeBob il film

Sorpresa - Bubble
Bluff - Volver