Alta Fedeltà
Top five 2002 - 2003
a cura della Redazione

 
 
I migliori cinque film dell'anno, secondo i collaboratori di Off-screen.

Adriano Ercolani
1) il Signore degli Anelli - Le due torri
La dissoluzione della narrazione drammatica (tre storie parallele che mai si incrociano) ricostruita in un equilibrio perfetto di montaggio e messa in scena. A livello filmico, una densità ed un ritmo anche superiori all’agilità del primo episodio: la mastodontica battaglia al fosso di Helm aggiunge poi più cupezza, disperazione, angoscia. E poi c’è Gollum, spaventoso e tenero angelo decaduto, figura immensa nella sua tragicità. Monumentale.

2) Ubriaco d'amore
Piccolo, fragile, delizioso film d’autore di un autore a cui piace divertirsi e divertire il suo pubblico. Paul Thomas Anderson gioca a suo completo piacimento con luci e colori, suoni e rumori, costumi e ambienti, ed in un ora e mezza ci regala la storia d’amore più dolce e romantica degli ultimi anni, da starci male per quanto ti fa star bene. Adam Sandler sembra un novello Buster Keaton, ed il suo duello con Philip Seymour Hoffman è la cosa più divertente di questa stagione.

3) Minority report
Seguito ideale di A.I, conferma definitiva che il papà di E.T si è incupito, intristito, è diventato più pessimista. Ma continua a fare cinema come pochi altri al mondo: la messa in scena è di un rigore formale e di un’inventiva clamorosi. Il mondo come non vorreste che fosse, ma come ahinoi sarà: questo è capace di farci credere Spielberg, e ci arriva proprio attraverso un film, ovvero la finzione per antonomasia. Solo un genio poteva riuscirci…

4) 8 mile
E’ giunto il momento di rendere giustizia a Curtis Hanson, uno degli autori/artigiani più bravi di questi tempi. Dopo lo splendido insuccesso di Wonder boys ti sforna un film che deve per forza fare soldi, ma ha dalla sua una sceneggiatura rigorosissima, credibile perché assolutamente afferrata alla realtà. Ed il regista ci aggiunge una messa in scena di rara coerenza, aiutata dalla grande fotografia di Rodrigo Prieto, capace allo stesso tempo di eleganza e verosimiglianza documentaristica nel descrivere gli ambienti del degrado urbano di Detroit. 8 Mile è probabilmente la vera sorpresa di questa stagione.

5) Gangs of New York
Per Scorsese questo è forse il film della sconfitta: battuto al botteghino, battuto agli Oscar, malmenato da Weinstein, dalla lavorazione, dal risultato finale. Ne è venuto fuori infatti un colossal squilibrato, confuso, magari anche non troppo ispirato (costumi e scenografie a tratti sembrano sprecati). Perché allora Gangs of New York è finito in questa top 5? Perché Daniel Day-Lewis offre la più grande interpretazione degli ultimi dieci anni. A lui, più che ad un autore che comunque ameremo sempre, il nostro muto inchino.

e inoltre

the Hunted
Per la poderosa visceralità di Friedkin.
Era mio padre
Per l’eleganza e la rarefazione.
il Ladro di orchidee
Perché Charlie Kaufman è un genio. E anche Donald non scherza…
la 25° ora
Per la bellezza soffusa di un grande melodramma.
the Hours
Tre storie dissolte nel tempo ma ricostruite dall’emozione, dal montaggio e dalla musica di Glass. Poi lo sguardo della Kidman è da brivido.

BLUFF! - Ricordati di me & la Finestra di fronte
Muccino costruisce un film in cui tutti i personaggi sanno soltanto strillare come indemoniati: e che ci vuole? Moralismo galoppante, retorica a fiumi, attori che danno sfogo a tutte le loro nevrosi. Irritante. Dal canto suo, Ozpetek sussurra talmente che alla fine non si sente quasi nulla: va bene i mezzi toni, ma che almeno siano mezzi! Risultato? Quasi venticinque milioni di euro di incasso totale per i due film, una pioggia di premi, la lode incondizionata della critica. Mah…sarebbe stato meglio valorizzare maggiormente opere come Io non ho paura e El Alamein



Donatella Valeri
1) la 25° ora
Ancora una volta tutte le “armi” usate da Spike Lee sono quelle classiche, spianate contro una facile e confortante visione che ci vorrebbe dalla parte del protagonista. E’ il titolo a svelare l’impossibile happy end e il conseguente riscatto. Un film doloroso e dilatato, dove la vicenda dello “sporco” eroe fa quasi da cassa di risonanza al dolore e al rantolo di una nazione.

2) Gangs of New York
Il calcio a una porta, la luce accecante contrapposta al buio di una “fucina” barbarica, le note di Signal to noise in versione strumentale e la battaglia inizia. Al di là di tutti i possibili limiti, salti di sceneggiatura, compromessi produttivi, Gangs of New York è un film dalla potenza d’immagine e dall’interpretazione magistrali e il connubio Gabriel-Scorsese, anche se solo per una breve parte in questo caso, amplifica la vena carnale e ridondante, ma al tempo stesso tendente a una levigata perfezione del regista.

3) Matrix reloaded
Pellicola che esalta la peculiarità del genere musical. 2 mondi in contrapposizione che scivolano l’uno nell’altro e di cui l’uno è l’esatto e indispensabile contraltare dell’altro. La maestria è nell’incontro fra le due realtà, in cui l’istante viene prolungato a creare una sorta di “terra di nessuno” indeterminato e potenzialmente eterno.

4) Il pianista
Quasi due film in uno, con uno sviluppo nella seconda parte che ci riporta al miglior Polanski. L’attenzione dettagliata ai particolari dell’uomo e alla sopravvivenza del suo corpo surclassano il sublime dell’artista, che ritorna poi prepotentemente in quei 10 minuti interamente dedicati ad una delle ballate più intense, malinconiche e vigorose di Chopin.

5) Spider
Per la capacità con cui Cronenberg è riuscito a sfruttare la perfezione del cinema hollywoodiano, quel precario equilibrio di fiducia fra lo spettatore e il regista, che raggiunge uno dei suoi apici in La donna che visse due volte. La Yvonne/Mrs. Cleg/Mrs. Wilkinson (Miranda Richardson) non è distante dalla Madeleine/Judy (Kim Novak) de La donna che visse due volte; e noi, intrappolati nel vortice dei deliri del protagonista, non possiamo fare a meno di perdere i nostri punti di riferimento. Lo spettatore sceglie di lasciarsi sedurre e “ingannare” dalle immagini ancor prima che dalla parola. L’intera pellicola si basa su questo gioco-inganno sotterraneo.

BLUFF! - Full Frontal
Oltre a essere un film inutile, saccente, noioso e a tratti incomprensibile, è anche un film fastidioso. Per un regista che con agio si muove sia nel campo del film indipendente che delle grandi e costose produzioni questa pellicola è un errore di percorso ingombrante, perché dovuto a un atteggiamento di presuntosa leggerezza.



Giuliano Tomassacci
1) Gangs of New York
La capacità di trasmettere il proprio cinema anche tra le limitanti costrizioni produttive. Nonostante i tagli indesiderati, le conseguenti lacune di sceneggiatura e la drastica necessità di ripensare in extremis lo score originale, un film in grado di vibrare e appassionare per il suo spontaneo vigore. Sanguigno come il magistrale contributo di Day-Lewis.

2) Insomnia
Maturità stilistica e intrattenibile interesse nell’indagine dei generi: Nolan dimostra di saper tratteggiare le ambiguità dell’animo umano con un regia essenziale ed equilibrata. Ottimi tutti gli interpreti; perfetta la fotografia di Pfister nel dipingere l’ossessivo purgatorio di un uomo in cerca di redenzione.

3) Ubriaco d’Amore
Forma-immagine, movimento e suono-musica. L’arte filmica nella sua essenza. Anderson, illuminato filmmaker del post-moderno, astrae nella creazione della sua opera più classica.

4) Triplo Gioco
Rinfrescante, tonico, agile ritorno di Jordan al noir-umanistico di Mona Lisa. Nolte abita con gagliarda spigliatezza un film diretto con stile ed eleganza, sensibile ai suoi personaggi ed efficacemente acquerellato dalle lenti di Chris Menges.

5) Ken Park
Cinema di base per indagare la più frustrante quotidianità tra gli esagerati estremi di cinque giovani vite. Larry Clark e Ed Lachman postpongono con coraggio ed efficenza il contenuto alla forma e la lente cinematografica diventa uno specchio voyeuristico tutt’altro che deformante. Con un epilogo edonistico e sospeso, un’opera pura nel suo rigoroso affresco di una disarmante perversione.

BLUFF! - Minority Report
Forse ancora sotto gli spaesanti influssi kubrickiani di A.I., Spielberg compie nel confronto con Dick il suo primo, vero passo falso, rimanendo impigliato nella maglie di canoni (CGI, mumbo-jumbo, estetica ritmica) da lui stesso tessute e sapientemente controllate sul finire degli anni ’70 quando plasmava il concetto di moderno blockbuster. Strabordante, indefinito, derivativo e impersonale (o forse l’estremo opposto), il film crolla sulle farraginose fondamenta di una confusione ingovernabile. Divorato dall’estetica hi-tech, il film sembra confezionato dal suo produttore De Bont piuttosto che dall’autore di Salvate il Soldato Ryan. Ma potrebbe anche trattarsi di un’estrema saturazione prossima ad un rigetto purificatore in vista di nuovi percorsi (e Prova a prendermi in qualche modo lo attesta). A Spielberg il beneficio del dubbio è dovuto.



Luca Perotti
1) Ubriaco d'amore
Una romantic comedy che apre varchi sulla fiaba, la tragedia e il musical recuperando l’incantesimo e il presagio del cinema che fu ma mescolandolo al post-moderno più spiazzante e fluendo ininterrottamente tra il grottesco, il classico e il surreale, senza mai essere nemmeno per un istante prevedibile. Il tutto orchestrato da una regia armoniosa, appassionata ed esuberante, ma senza sprechi. E per la dissolvenza a iride sui due innamorati mano nella mano, una delle tante invenzioni fatate del film

2) Lontano dal paradiso
Per l’adesione totale agli stilemi dei melodrammi sirkiani come estremo atto avanguardistico. Un’opera coraggiosa e irripetibile che deterge il cinema di una volta dall’addomesticamento della ricezione televisiva, riportando sul grande schermo un modello che non c’è più.

3) Insomnia
La percezione distorta della realtà, il passato che incombe, il senso di colpa espresso da un altro personaggio (dopo Memento) strangolato da una situazione estrema. Nolan, ospite del cinema manstream, ripropone senza troppe concessioni i suoi temi, riuscendo a compiere un miracolo: girare un noir tutto di giorno.

4) Minority report
Il lato oscuro del controllo. L’ossessione della visione, il suo inganno intrinseco.Il sovraffollamento degli sguardi. La manipolazione attuata dalle immagini.La verità cercata nelle intermittenze mentali dei pre-cog. Dick+Spielberg: la visionarietà e la caccia all’uomo. Per il pessimismo levigato da un décor fantascientifico pregiato ma non per questo meno cupo.

5) il Fiore del male
Non c’è difesa davanti all’ennesimo inganno nerastro di Chabrol. Satanico e raffinato cantore della borghesia morta. La commedia/tragedia della vita dipinta col ghigno sulle labbra e tenendo per mano spettatori e personaggi, così tremendamente simili, spregevoli, umani.

e inoltre
Sweet Sixteen di Ken Loach e il suo corto sull’11 settembre. Perché c’è rimasto solamente lui a dire certe cose. God (o chi per lui) Save Him.

I BLUFF! - The Hours. Le ore. Lunghe, insopportabili di una solfa ciabattona, dove le emozioni sono strillate, in un tentativo patetico di intrecciare le storie di tre donne sotto l’assedio di una colonna sonora petulante, inutile. Perché per far vincere l’oscar alla Kidman bisogna deturparla.
E poi Femme Fatale di Brian De Palma che a forza di guardarsi e riguardarsi comincia a masturbarsi pensando a se stesso che si masturba.



Linda Vianello
1) i Lunedì al sole
Pur trattando una tematica abusata e universale quale quella della disoccupazione, questo piccolo gioiello riesce a non risultare mai pedante e retorico, grazie sì ad un’ottima sceneggiatura, ma anche ad una regia semplice e leggera quanto ricercata. Gli attori sono tutti formidabili.

2) Elling
Dalla Svezia, un quadro poetico quanto realistico di uno spaccato sociale difficile. La malattia mentale non viene mai vista con occhio compassionevole, ma sempre attento a rispettare la dignità dei due inseparabili amici svitati. Interessante il rapporto tra i due, costruito sulla contrapposizione della somiglianza: la mente e la carne.

3) Magdalene
Uno dei due film che a mio parere ha salvato il concorso ufficiale dell’ultima disastrosa edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Toccante, intelligente, coraggioso.

4) Lontano dal paradiso
Intelligentemente troppo patinato, fedele specchio, in primo luogo nell’estetica cinematografica di un periodo della storia americana forse non così distante da noi.

5) la Casa dei matti
Brian Adams a parte, la costruzione dei personaggi, pur nella coralità della storia narrata, non lascia spazio a fraintendimenti, regalandoci uno spaccato di tipi umani certo singolari, ma sempre piuttosto credibili.

BLUFF! - Ricordati di me
Dopo la visione di questo film uscii dal cinema piacevolmente stupita. Dopo aver trovato detestabile L’ultimo bacio, non mi aspettavo di certo che mi potesse piacere un film del borghesissimo quanto finto Muccino. Ma prendendo poco alla volta consapevolezza della visione subita, mi sono resa mio malgrado conto che il caro Gabriele ha confezionato ad arte l’ennesima pellicola falsa ed illusoria, giocando con personaggi artefatti e incredibili, sempre bellissimi anche nei momenti in cui un qualunque essere umano ha il sacrosanto diritto di essere almeno un po’ brutto. Unico cammeo salvabile: Andrea Giordana che deride se stesso interpretando il viscido attentatore della virtù delle giovinette di buona famiglia.



Adriano Marenco
1) Spider
Ho conosciuto Sophia Loren una francese con tre tette”. La memoria. Davanti al gasometro che respira come un animale. Davanti una mamma che si libera le dita dal succo di un padre. La memoria fili tesi nel fumo di un milione di cicche arrotolate dalle dita gialle. Davanti i denti gialli e neri della baldracca coi capelli gialli e alla mamma vestita di blu e i capelli neri sull’onda della pubblicità di un dado.

2) la 25° Ora
Nuova York Due fasci di luce azzurra nascono dal buco. Edward Norton. Un professore piegato dalla vita, da una bambina con un bacino da sturbo. Un broker pieno di Red Bull. L’amicizia comunque. Irlandesi. La festa fino a perderci la testa. Una portoricana che è un sogno. La fuga è il sogno più banale.

3) Io non ho paura
La natura e il bambino la natura e le canottiere degli anni settanta. La gondola. Le gambe bellissime della madre. Il grano e la goccia d’acqua sulla formica.

4) Bowling a Columbine
La palla di cannone da bowling puntata alla tempia del sogno americano.

5) l’Uomo senza passato
L’umanità nella fiera del limbo umano Un limbo senza tempo apparente fra Bulli & Pupe e Freaks. Nel limbo scomparsa la memoria scomparsi i nodi della civiltà può avvenire il miracolo la ricostruzione e rinascita dell’uomo nei nodi allacciati dall’umanità allacciati da una minestra da una mezza patata da un elettricista di contrabbando, dagli occhi blu che sostenevano la minestra. Nel limbo la parola è il midollo. La parola è al centro dell’osso.

e inoltre
l ’Uomo del treno, Gangs of New York, Ubriaco d’amore



Guido Schiano
1 - 2) City of God, ex-aequo con Bowling a Columbine
- Se un dio ha fatto questo mondo, non vorrei essere quel dio: la miseria del mondo mi spezzerebbe il cuore.
Arthur Schopenauer

Un lungometraggio capace di essere esplicativo sia rispetto ala realtà narrata che ad ogni altro “universo” assimilabile. Nitido a tal punto da fornire la completezza di informazioni propria del dossier. Viceversa, un documentario che ha l’intensità narrativa di un film, che ingrandisce gli orizzonti e comunica idee e tesi di vasto interesse. A “tener fermi” gli spettatori ed attrarne di nuovi contribuisce la coinvolgente colonna sonora.

3 ) la 25° ora
L’uso della mdp di Spike Lee, la fotografia ammaliante di Rodrigo Prieto, e, ancora, la recitazione suadente & convincente di Rosario Dawson & Philip Seymour Hoffman. Tutti elementi che conducono Monty (Edward Norton) e il pubblico a muoversi in direzioni immaginifiche: Monty non appare redento dal proprio passato o pentito di quello che ha fatto, e si avvia verso il proprio destino interrogandosi vorticosamente su di esso, anche se l’epilogo del suo futuro prossimo è scontato; il pubblico è libero di spaziare dentro e fuori la vicenda, immedesimandosi col protagonista o riflettendo sulla sua storia.

4 ) Gangs of New York
Essenziale nel delineare le premesse storiche da cui discendono i moderni Stati Uniti d’America, attraverso il “non-luogo” dei Five Points, il film riesce a rappresentare le dinamiche della società moderna non solo “made in USA” .

5 ) la Meglio gioventù
Singolare che il miglior film italiano degli ultimi anni sia un prodotto concepito per la TV ma distribuito prima in sala, e che, nell’ambito di questo settore, rappresenti comunque la cosa più dignitosa che la Televisione, specie quella di Stato, potesse ideare da quando la Fiction è padrona dei palinsesti (e non solo)…

BLUFF! - Ubriaco d'amore
Rispetto al pathos coinvolgente e corale di Boogie Nights, Paul Thomas Anderson fa un passo indietro verso la freddezza emotiva. Il passo è sorretto, però, da un montaggio sonoro importante, dove lo spessore dei suoni (la particolare alternanza fra silenzi, rumori e dialoghi) è ciò che restituisce solidità al lavoro.



Carlo Benedetto
1) Ubriaco d'amore
Entusiasmante capolavoro, sinfonia di colori e suoni diretti da una regia che conosce le più svariate possibilità di movimento, ti stordisce e ti rende felice: Punch-Drunk Love.

2) la 25° ora
Spike Lee è riuscito ad illuminare la strada che si percorre quando si devono prendere le decisioni che ti cambiano la vita. Guardando con lucidità il tempo che scorre, ogni inquadratura riflette sul protagonista la luce di chi lo circonda e la sua sugli altri.

3) Insomnia
Christopher Nolan è uno degli autori più interessanti di quest’ultima generazione di cineasti. L'introspezione in relazione con il mondo esterno: quando la coscienza può mentire, come possiamo fidarci dell’incoscio? Forse grazie alla mdp, che con circospezione interroga la scena ed i personaggi.

4) Matrix reloaded
Innumerevoli le analogie tra film, filosofia di vita e informatica, tre materie diverse che diventano una sola con il punto di vista dei Watchowski. Questo secondo capitolo entra ancora di più nel merito del legame informatica - vita reale. Nel primo film la domanda era “Cos’è Matrix”, nel secondo “Cos’è Reale”… Nel terzo potremmo non avere risposte!

5) the Truth about Charlie
Un remake e un dichiarato omaggio a Truffaut e allo "stile libero" della nouvelle vogue. Per chi conosce a fondo il Jazz, la mano registica di Jonathan Demme è come quella del pianista Keith Jarrett. Per chi non conosce il Jazz, è semplicemente sensibile all'armonia ed al ritmo.

e inoltre
Femme fatale
Tutta la visione e visionarietà di De Palma. Poco apprezzato, ma esempio brillante dell'asse composto dall'occhio del regista, la m.d.p ed il nostro.
Signs
M. Night Shyamalan, incredibile talento registico, utilizza luoghi comuni e fobie della società moderna per entrare nell'animo dell'individuo. Chissà cosa può uscirne fuori!

BLUFF! - Ken Park
La riluttanza nella visione di "corpuscoli" (Larry Clark fa uso di personaggi quasi sempre giovani) fuoriusciti dallo squarcio di un’America nefasta, risiede non tanto nell’inquadratura ravvicinata dei corpi che si muovono immersi in un composto delle varie forme di violenza, sesso, e disgregazione, ma deriva senza ombra di dubbio da un moralismo cieco che non lascia scampo, né a noi né alla gioventù americana.



Stefano Finesi
In ordine sparso
Gangs of New York
Squilibrato, incompleto, affetto da un gigantismo fuori controllo che spesso disperde la nervosa concentrazione del cinema di Scorsese, ma a dominare il campo restano un’ambizione visiva e una ferocia morale che mettono i brividi.

Sweet Sixteen
Uno dei migliori Loach di sempre, durissimo e ironico, coinvolgente e distaccato, con un piede nel melodramma e uno nel gangster movie. Un manifesto su come fare cinema d’impegno senza moralismi.

Ubriaco d’amore
Scorribanda fracassona nel linguaggio del cinema, un ribaltamento sistematico e divertito dei tempi e dei luoghi tradizionali, delle gerarchie visive e sonore. Se lo può permettere solo chi ha il cinema in pugno.

Bowling a Columbine
Una voce di civiltà nel patriottico silenzio dell’America post-11 settembre, una ricognizione nella cultura Usa che non risparmia nessuno. Preoccupante e, per questo, confortante.

l a Meglio gioventù
Nel panorama del cinema e della tv italiani, un film intenso e funzionante, praticamente un miracolo.

BLUFF! - la 25ma ora
(vista l’elevatezza delle aspettative e a malincuore)



Luca Persiani
In ordine sparso
Gangs of New York
Mastodontica e rabbiosa epica didattica sull'occidente contemporaneo, la cui coraggiosa e smisurata ambizione narrativa si scontra appassionatamente con necessità commerciali mai prima d'ora affrontate in modo così diretto da Martin Scorsese.

la Meglio gioventù
Imprevisto momento di grande lucidità narrativa che, inoltre, con la sua tormentata storia distributiva mette a fuoco la strisciante forza della censura culturale italiana.

Matrix reloaded
L'action filosofico occidentale più intenso del momento. Lo stato dell'arte delle possibilità spettacolari del genere.

Minority report
Il punto sulle capacità affabulatorie del cinema a narrazione forte, dal più grande orchestratore di storie vivente.

Era mio padre
Melodramma perfetto e straziante, cesellato con un'attenzione narrativa e recitativa rarissime.

BLUFF! - Ubriaco d'amore
Cinema d'autore per cui l'unica, irritante necessità è il mostrare tronfiamente i propri attributi (stilistici). Esattamente come preannunciato da Dirk Diggler nella scena finale di Boogie Nights.