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Le mani che uccisero
lAmerica di Stefano Finesi Forse troppo atteso per soddisfare in pieno, troppo programmaticamente monumentale per stare comodo in neanche tre ore di proiezione, troppo implacabile nella sua morale netta e definitiva. Ma Gangs of New York paga lo scotto di non essere semplicemente un buon Scorsese dannata, giustifica il suo travaglio complesso e gli squilibri dellinsieme nel tentativo clamoroso di allargare a dismisura la visione del cinema del suo regista. Non sempre lo stile nervoso e tagliente a cui ci ha abituati riesce ad appuntarsi su una materia narrativa inevitabilmente dispersiva (che magari sarebbe apparsa più agevole con laggiunta di quellora di girato finita sotto il tavolo di montaggio), eppure quanto Scorsese sembra perdere in velocità e compattezza guadagna in ferocia e ambizione, toccando corde emotive inusuali. Tribù dAmerica Il punto di partenza del film, quello che ha accomunato negli anni Mean Streets a Letà dellinnocenza, Quei bravi ragazzi a Lultima tentazione di Cristo, rimane il conflitto del singolo con le regole del suo gruppo di appartenenza, ma Gangs of New York trova il coraggio di rilanciare la posta fino alle estreme conseguenze, costringendo soprattutto il suo Amsterdam-DiCaprio a una complessa parabola narrativa. Quello che inizialmente è solo desiderio di vendetta per luccisione del padre si trasforma in tacita ammirazione per Bill il Macellaio, di cui Amsterdam paradossalmente diventa il protetto e a cui arriva a salvare la vita, pur riservandosi di togliergliela con le sue stesse mani. In questa ampia fetta di narrazione Scorsese è alle prese con le dinamiche interne della gang, il suo controllo protomafioso del territorio dei Five Points, i legami oscuri con la politica, lascesa sorprendente del nuovo affiliato e la sua attrazione-repulsione verso il gruppo di cui è entrato a far parte. Fallita la plateale esecuzione di Bill, il film prende una nuova piega: Amsterdam viene risparmiato (come un tempo lo fu il suo rivale dal padre) e prepara la riscossa dei conigli morti contro i nativi. A questo punto del film lattenzione non è focalizzata sulla singola gang ma sullo scontro di due bande, a un livello diverso, però, di come avveniva allapertura del film, dal momento che Amsterdam tenta di imporsi tramite vie più o meno legali, facendo eleggere un barbiere irlandese come sceriffo che possa assicurare potere e sopravvivenza al proprio gruppo. Quando Bill, però, lo fa fuori senza tanti complimenti, lo scontro di nuovo precipita nella barbarie, nella sfida in campo aperto con sassi e coltelli. Gangs of New York sembra avviarsi verso un epilogo di sangue che chiuderebbe il cerchio con la sequenza dapertura, ma Scorsese rilancia di nuovo con una svolta narrativa: la sfida non verrà consumata, perché seppellita da una lotta più ampia e epocale, quella tra il popolo in rivolta per la leva obbligatoria e il governo americano che reprime nel sangue la sommossa. Lequazione non lascia scampo: la morale violenta e tribale dei Five Points è la morale di tutta lAmerica, costruita sul sangue e lillegalità, sullavidità di potere e sulla soppressione del più debole. Per dimostrarlo, Scorsese rischia molto, svuotando progressivamente i motivi narrativi che guidano le azioni dei protagonisti e inghiottendoli nella voragine della Storia, dilatando il suo discorso sullo scontro tra regole sociali e individuo fino a proporzioni mai affrontate. Cadaveri e voti Già durante il film, comunque, diversi indizi assimilano Bill il Macellaio al vero spirito dellAmerica, rendendolo il simbolo grandguignolesco di un individualismo anarcoide in continua lotta per il potere: laquila americana scolpita nellocchio di vetro è solo il primo, conturbante dettaglio, ma basti pensare alla sequenza da manuale del tentato omicidio in teatro, che non può non rimandare a quello di Lincoln, tanto più che il pubblico dei Five Points sta assistendo proprio a una rappresentazione dedicata al presidente. Bill è simbolo dellAmerica anche e soprattutto nel rapporto di odio-amore verso Amsterdam, verso lorfano-immigrato disprezzato che pure paradossalmente costituisce la stessa, fisiologica ossatura di una nazione tirata su dagli immigrati, nel gioco solo apparente di una compiaciuta democrazia. Quando Amsterdam infine lo uccide, uccide però un simbolo svuotato, il cui sacrificio diventa puramente rituale: è lAmercia in persona che ormai bussa alle porte, e al posto del macete sfodera i cannoni verso i figli rinnegati. Rimpiangendo, ovviamente, in ogni cadavere un voto. Mattatoio numero Five Points di Adriano Marenco Medioevo americano scritto a brani di carne. L'odio è la fucina delle razze, l'odio matura su ogni corpo, l'odio è il collante dello status quo, la guerra si costruisce sui poveri, arrivano bare partono soldati, l'odio è tutto. Medioevo americano marchiato col ferro rovente sulla carne dellíuomo animale. Sulla corte dei miracoli chiamata Five Points regna Re Macello. L'aquila nell'occhio. Regna il fascino di Re Macello. L'onore è tutto. La carne più simile a quella dell'uomo E' la carne di porco vedi colpisci qui e qui proprio dove ho colpito padre e prete. La Grande Carestia ha scaricato i resti dell'impero britannico. Resti morsi dalla fame, le costole e i bimbi sciamano fuori dalla pelle irlandese, la malattia delle patate. L'odio, il sangue, l'irlandese papista mangiapatate, il negro, il nativo, il muso giallo, le puttane, la carne unica che mette tutti díaccordo, l'onore, il melting pot fonde tutte le povertà su cui poggia la plutocrazia America. La guerra nord sud ipocrisia della storia. La pelle è infamia. La guerra a New York c'è già stata. La guerra della corte dei miracoli che marcia sulla Quinta Strada. L'onore è solo un altro modo di essere usati. L'onore cade a pezzi nel fumo delle bombe. La palpebra, sipario che si abbassa sullíaquila. Il macello è il cuore di carne dell'America, la neve rossa di sangue e preghiere, l'America agiografia di un macello. |