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Insomnia, USA,
2002 di Christopher Nolan, con Al Pacino, Hillary
Swank, Robin Williams, Paul Dooley
Due anni dopo Memento Christopher Nolan imbocca la
strada del mainstream statunitense. Il suo percorso autoriale continua
a volgere verso il thriller psicologico e il suo cammino è forte
di unattraente mutazione stilistica, scevra delle ormai metabolizzate
forzature narrative ma sempre più conscia degli accenti fondamentali
di una scrittura interessantissima. Ad agevolare la limatura artistica
e la linearità narrativa, cè laffascinante
plot, rielaborazione di Hillary Seitz dellomonimo copione svedo-norvegese,
diretto nel 1997 da Skjoldberg: lincubo del blasonato detective
Dormet (Al Pacino) che, nel giorno senza notte dellAlaska, dopo
aver involontariamente ucciso il collega Hap sotto gli occhi del killer
da lui ricercato (Robin Williams), viene da questultimo ricattato
e costretto a barattare la sua carriera con limmunità del
malfattore. È sempre più evidente la predisposizione
di Nolan allo stravolgimento interno dei generi, linteresse per
linadempienza dei suoi personaggi allusuale schema narrativo
preposto. Così Dormet è un detective rinomato costretto
a macchiarsi per non fallire spingendosi fino alla
difesa estrema del suo stesso nemico proprio come il Leonard
di Memento indagava sul suo passato senza ricordare
il suo presente. Entrambi sono privati delle proprie caratteristiche
peculiari rispetto alleffetto genere e proprio qui risiede linclinazione
del cineasta londinese a sovvertire il classico modello-attanziale in
favore di una ricchezza psicologica inusuale. Una
geografia di personaggi
Dunque, in Nolan, con riferimento a Greimas, il personaggio non è
mai attante ma sempre attore. Molto più
che in Memento, dove fondamentalmente lambiguità del protagonista
emergeva dalle battute finali come ultimo strato di un impianto a svelare,
in Insomnia linstabilità di ruolo di Dormet è ben
presto svelata, ed enfatizzata dal materiale umano circostante, così
che il personaggio si trova a sperimentare, di volta in volta, per attrazione
o repulsione, i diversi archetipi umani del testo classico. Qui
ci sono i buoni e i cattivi, assicura il superiore Nyback
(Paul Dooley) al distretto. Dormet è colui che sta in mezzo,
continuamente indeciso e stordito rispetto alla direzione da prendere:
dopo lassassinio dellamico si configura una ricerca intima,
un viaggio personale allinterno dei suoi valori. Tuttintorno
sono proiezioni delle sue condizioni umane; vagando negli spazi imbiancati
o nella desertica città delle ore notturne, Dormet non trova
altro che se stesso. Ai due poli della sua ricerca ci sono Ellie (Hillary
Swank) e Finch, ambedue trasfigurati dal vagabondare emotivo e morale
del protagonista, entrambi impegnati in un duplice mutamento adiuvante/opponente
(Ellie), opponente/adiuvante (Finch). Ellie è senza dubbio il
suo lato migliore, quello che Dormet era una volta (e a cui coscienziosamente
tende): lonore, la giustizia, la verità; è infatti
listinto del protagonista è quello di difenderla, salvaguardandola
dai suoi stessi tormenti. Diametralmente opposto è Finch: la
proiezione del senso di colpa, la corruzione. Anchegli è
un degno spettro per il poliziotto: la sua presenza lo ossessiona, circuendolo
con raffinata astuzia, fino a confonderlo, nel finale, riguardo i suoi
stessi ricordi (un raggiro palesemente imparentato con quelli di John
Teddy in Memento). Se Ellie è la
luce, Finch è sicuramente il buio, costantemente associato alle
tarde ore notturne (i colloqui telefonici dei due soci,
lultimo confronto sul ponte). Questa geografia di personaggi viene
letteralmente abitata dal detective, a seconda dei casi:
durante i momenti di lucidità, dedicati alla risoluzione del
caso, viaggia in macchina di Ellie da lei spontaneamente offerta
e utilizza lappartamento di Finch, su suo invito, nelle
tormentate ore che precedono il lurido accordo con la sua nemesi.
Il congedarsi finale di Dormet dai due fantasmi, fissa questi
ultimi nelle loro legittime sfere dazione, ricontestualizzandoli
nella corretta economia del genere. Con la sua morte a cui il
detective assiste attraverso un emblematico specchio dacqua
esorcizzando definitivamente il suo aspetto corrotto Finch si
riappropria totalmente della sua funzione antagonista-opponente, mentre
Ellie, poco dopo, raccogliendo lestremo insegnamento del protagonista
rinato eroe (soggetto indiscusso) consapevolemente ottempera al suo
fondamentale ruolo di Destinatario. La geografia è, dunque, geometricamente
ripristinata. Il destabilizzante: luce-sguardo
Lincedere narrativo è dunque quello di un viaggio purificatore,
qualitativamente ed esteticamente differente da un semplice caso di
omicidio. Il prologo del film si rivela in questo senso un efficace
gioco di rimandi psicologici, dove larrivo di Dormet in quello
che dovrebbe essere il suo nuovo limbo è inframmezzato da vedute
aeree del posto e da insistiti ed emblematici dettagli di tessuto intriso
di sangue. Elementi ora discreti e diegeticamente dislocati che mostreranno
la loro valenza narrativa più avanti nel testo (rivelandosi flashback)
ma che da subito contrastano con lalgida bellezza del paesaggio
sottostante, amplificando il conflitto interiore del personaggio e presagendone
i drammatici sviluppi. È un sentore, una vivissima percezione
che Nolan, con agile padronanza allegorico/simbolica, riesce a stilizzare:
lespandersi del sangue diviene frammento ridondante; paradossalmente,
parafrasando gli insegnamenti dello stesso Dormet, non il tassello che
manca al buon poliziotto per risolvere il puzzle ma quello che avanza
al detective corrotto e si infila nelle costole ad alimentare il senso
di colpa. Limmacolato tessuto intriso di sangue come la rispettabilità
di un poliziotto modello che si corrompe. Lautore non manca di
concretizzare questo assillo mentale verso la metà dellopera,
indugiando sul detective intento a raschiar via dai suoi indumenti il
sangue dellamico deceduto.
Le pene e le angosce del protagonista sono inoltre soggette ad elementi
imprevisti e circostanziali. Così, se in Memento
la morte della moglie procurava al personaggio una scomoda amnesia responsabile
di confondere e deformare lanimo e i ricordi, in Insomnia linteresse
del regista per una componente destabilizzante si esempifica nellelemento
luce.
Limposizione del sole anche nelle ore notturne, a cui Dormet non
riesce ad abituarsi (è un fuggiasco, non un nativo
del posto) lo imprigiona in uno stato di veglia forzata e lagonia
della luce esterna che penetra dalla finestra lo costringe a continui
flussi di coscienza, flash estemporanei dellinvolontario omicidio
del collega, ritratti sfuggenti della giovane vittima su cui si concentrano
le indagini, ancora il tessuto macchiato. Lo stato di progressiva stanchezza
del personaggio (mirabilmente vissuta da Pacino) lo priva
della necessaria concentrazione, impedendogli di vedere
correttamente; una condizione già suggerita dalla sparatoria
nella nebbia ed esteticamente tradotta con appiattimenti prospettici
e sfocature derivanti dal forte impiego di lunghe focali (torna ad esemplificazione
la titolazione iniziale, con i crediti e i panorami aerei che entrano
ed escono in sfocatura).
In breve Nolan trasforma la luce in un ulteriore nemico per il personaggio,
insopportabile e insopprimibile come lo spettro che lo divora dal suo
interno. Di nuovo la tendenza a concretizzare: lanimosità
con cui il poliziotto, ormai straziato dalle notti insonni, cerca di
coprire la finestra della sua camera lo ritrae nella disperata ricerca
di una impossibile senza redenzione tregua psicologica.
Interessante a tal proposito, quindi, il tono caldo e rassicurante degli
interni dellhotel, diegeticamente motivati dal colore delle lampade
disseminate negli ambienti; questo luogo protegge dalla freddezza della
luce esterna, divenendo rifugio fisico così come il sonno dovrebbe
esserlo per i pensieri. Un rifugio dove unoste disincantata e
sincera sa ascoltare senza giudicare, pronta, alloccasione, a
far tornare la luce nella stanza, a suggerire la strada verso laffrancamento
finale. La confessione di Dormet nel chiarore della sua camera (sintesi
egregia del lavoro fotografico di Wally Pfister), mentre David Julyan
fa crescere la sua sobria idea musicale, è un segmento di grande
potenza, suggestiva distensione a conclusione di una frase ermeneutica
densissima.
Questo brano eleva il già notevole girato, attivando lalchimia
del capolavoro e qualificando Nolan della sua considerevole impresa
filmica: il conseguimento di un noir senza notte.
Il serrato montaggio del finale porterà alla redenzione, lunica
possibilità per Dormet di assopirsi alla luce del sole.
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