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Highscores
Guerra e pace
Jan A.P. Kaczmarek (Rai Trade)
Era difficile aspettarsi un lavoro di tale levatura per il nuovo adattamento
televisivo di Guerra e pace, forse tentanti
dal facile preconcetto. Vero è che una serie di costanti da qualche
anno definenti i regimi musicali della fiction nostrana lasciavano prevedere
una prova nella scontata media. Anche i nomi di calibro non hanno mancato
ultimamente di misurarsi con lo sceneggiato televisivo concedendo il
minimo dovuto: scampoli di marche stilistiche identificative e molta
musica a metraggio. Poi lincognita Jan A.P. Kaczmarek, che ostaggio
dellinvisibilità dopo lOscar nel 2004 per Neverland
- Un sogno per la vita, contribuiva ad alimentare il sospetto di
uno score di servizio, magari vergato in strettezza di tempi e altrettanta
mancanza di convinzione. Congetture pretestuose che tali si dimostrano
allascolto della pubblicazione Rai Trade e si dissolvono allapprocciare
di una esito encomiabilmente ricco, strutturato, chiaramente sentito
e tuttaltro che sbrigativo. Le modalità sinfoniche vibranti
e vivaci alla base del commento per Neverland
- Un sogno per la vita fanno anche stavolta da direttive di scrittura,
riproponendo lampio tocco melodico e la facilità di variazione
formale. Anche il tematismo garbato richiama alla grafia limpidamente
classicistica caratteristica di Kaczmarek (che si affida alla Polish
Radio Orchestra e alla bacchetta di Marcinalecz-Niesiolowski), pur delineando
sporadici esempi derivativi, come le battute eroiche di stampo zimmeriano
in Austerlitz o lapertura horneriana di Napoleon
is Coming. Labbondante selezione discografica rende inoltre
giustizia alla rifinitura delle orchestrazioni, altro elemento imprescindibile
che contribuisce a fare di questa musicazione una raccomandabile eccezione
alla regola (invero molte, quando si tratta di contesti storici e in
costume) nel panorama televisivo odierno.
Cinecocktail 4 - The Italian Horror Show
Autori vari (Beat Records)
Proseguendo nella rassegna di antologie datmosfera, la Beat Records
licenzia il quarto appuntamento con il suo Cinecocktail,
altra gustosa full immersion tra estratti di musica da film nazionale.
Stavolta il tema è quello dellhorror-thriller, con brani
selezionati ad hoc nel catalogo cinemusicale più rappresentativo
del filone, corrispondente alla stagione di genere prevalentemente settantesca,
orbitante intorno a Lucio Fulci. Accanto alle più note firme
della musicazione da brivido (Ennio Morricone per Extrasensorial,
una Lucertola con la pelle di donna, lAnticristo
- in coppia con Bruno Nicolai - e il Sorriso del grande
tentatore; Fabio Frizzi con Manhattan Baby
e lAldilà; Stefano Mainetti
per Zombi 3; Francesco De Masi con lo
Squartatore di New York; Simon Boswell e il suo score per
Deliria) la compilation chiama a sfilare anche
nomi non proprio familiari al pubblico per le loro esperienze cinematografiche,
impegnati in pellicole altrettanto estranee alla filmografia di settore
più popolare: Nico Fidenco (Zombi Holocaust),
Walter Rizzati (Quella villa accanto al cimitero),
Alessandro Blonksteiner (Apocalypse domani),
Piero Montanari (la Casa 3 - Ghosthouse) e
Carlo Maria Cordio (Raptors). Unoccasione
utile, dunque, per avvicinarsi con dovizia nel mestiere della colonna
sonora italiana declinata ad uno dei generi nostrani capaci di maggior
consenso. Unindagine che trova poi congeniale integrazione nel
riuscito Hanging Shadows - Perspectives on Italian Horror
Cinema, il documentario di Paolo Fazzini accluso al cd.
Fazzini, servendosi di una fotografia e un montaggio dichiaratamente
aggressivi, sporchi, sfuggenti ha intervistato il cuore
del cinema orrorifico nazionale. Tra i quattordici intervistati, Dario
Argento, Lamberto Bava, Michele Soavi, Ruggero Deodato e Sergio Stivaletti
si raccontano alternando testimonianze professionali, considerazioni
personali e gustosa aneddotica. Confermandosi attento conoscitore dellopera
e dei fasti di una corrente che - come il documentario testimonia -
è tuttaltro che estinta, Fazzini confeziona un resoconto
stimolante per gli spettatori saltuari e prezioso per gli estimatori
della prima ora.
On Screen
James Newton Howard è
allapice della produttività. Non nuovo a periodi di intensa
scrittura, da navigato professionista qual è, nel 2007 ha redatto
sei commenti spazianti dal dramma fantascientifico di Io
sono leggenda (Varèse Sarabande/Audioglobe) alla farsa politica
firmata Mike Nichols de la
Guerra di Charlie Wilson. E nel primo caso ha licenziato il suo
lavoro più convincente della passata annata, approntando la scrittura
delle grandi occasioni (il ricercato e lirico trattamento orchestrale
ultimamente riservato a Shyamalan) sui cui sincarna un tema evocativo
strutturato sulle entrate progressive dellorchestra. Una melodia
dellampio respiro, che anche nella scrupolosità del posizionamento
ai fini di uneconomia drammaturgica tesa allisolamento realistico
del protagonista (pochi e oculati interventi) ricorda a più riprese
lopportuna cura del silenzio imposta da Zemeckis e Silvestri al
Tom Hanks naufrago di Cast away.
Di
converso Howard e Hanks, per la
Guerra di Charlie Wilson, non fanno scintille. Complice proprio
quella recente prolificità del musicista, che come da copione
miete almeno una vittima tra i numerosi impegni, solitamente sacrificata
alla più solida professionalità. Lo score (Varèse)
è infatti un onesto rincorrersi dei luoghi comuni howardiani,
dalla scrittura asettica filo-newmaniana sorretta da sparse punteggiature
accordali, condimenti folk e collaudate impalcature ritmiche. La grande
aderenza e lineccepibile servizio alle immagini che scontano la
latitanza di un contributo più sentito e magari ispirato. Forse
anche per questo lInternational Film Music Critics Association
ha inserito lautore nella rosa dei cinque candidati a miglior
musicista dellanno preferendogli però Alexandre Desplat.
E Desplat a dire il vero, anche lui reduce da un 2007 denso di impegni,
ha tradito il peso della pronunciata operosità. A farne le principali
spese è stata forse, attesissima come il film, la sua partitura
per la Bussola doro, attestante
la già nota grandezza compositiva del francese, ma avara di unanima
particolarmente incisiva. Meglio lo spartito composto a quattro mani
con il promettente Aaron Zigman per Mr.
Magorium e la bottega delle meraviglie (Varèse), che pur
senza strappare apprezzamenti degni di un caposaldo, propone una composizione
dallentusiasmo neoclassico di maggior consistenza e inventiva
tematica.
Off Screen
Qualche
anno fa cera stato "Appuntamento con la memoria", a
cura della Cam. Ora ad antologizzare la vasta opera di Armando Trovajoli
ci prova laltra grande etichetta italiana specializzata, la GDM,
con un cofanetto di ben tre dischi ricapitolanti per tappe fondamentali
una carriera che allattivo consta di oltre 200 lavori per il cinema,
il teatro e la televisione. Trovajoli è senzaltro tra le
fondamenta storiche della colonna sonora italiana, dotato di quellindispensabile
duttilità formale che nei compositori cinematografici di razza
si unisce inevitabilmente allesclusività stilistica. Più
dei popolari colleghi che hanno definito la stagione doro della
cinemusicalità nazionale (Morricone e Ortolani senza meno) lartista
romano si è dimostrato particolarmente sensibile alla sanguigna
tradizione popolare, facendosi cantore riconosciuto e riconoscibile
della romanità più autentica. Dalle sue note per Roma
nun fà la stupida stasera di Rugantino (che nellantologia
apre il cd dedicato al pregevole repertorio teatrale) si ripercorre
un iter di memorie al nitrato dargento dove è facile perdersi,
con tappe scandite dalle collaborazioni longeve (Magni e Scola), attraverso
pezzi di cinema più o meno memorabili, tra arte e mestiere. Un
viaggio che trova evocativa conclusione in una rassegna delle canzoni
scritte dal novantenne artista e interpretate dalla Loren e da Mastroianni,
da Proietti e Tognazzi. Certamente non definitiva - la mole del catalogo
trovajoliano rende improbabile quanto vana una simile aspirazione -
ma sicuramente appagante, piacevolmente nostalgica e facile ad un ascolto
prolungato che integra senza sovrapposizioni la citata pubblicazione
della Cam.
E una raccolta riemerge anche dal pregiato catalogo Marco Polo guadagnando
nuova vita nella collana di recuperi della Naxos. La coppia Frank Skinner
e Hans J. Salter, leggendaria per la storia della Universal tanto quanto
il filone monster-movies cui collaborarono copiosamente con score scritti
a quattro mani, viene celebrata con le reincisioni di Morgan e Stromberg.
Monster Music raccoglie le partiture per un terzetto di classici indiscussi
del genere: Son of Frankenstein (Il figlio di Frankenstein,
1939) di cui Skinner si occupò autonomamente, the Invisible
Man Returns (Il ritorno delluomo invisibile, 1940) e
the Wolf Man(Luomo lupo, 1941) - con il contributo
di Charles Previn. Come di consueto, quelle che potrebbero profilarsi
come musicazioni routinarie e ricche di retoriche manipolative (e queste
ultime certo non mancano) si rivelano allascolto isolato - ricostruite
tenendo conto delle orchestrazioni originali - tesori sinfonici degni
delloperetta più evocativa.
Nessuna sorpresa invece per quanto riguarda la colonna musicale di Objective
Burma! (Obiettivo Burma, 1945) di Walsh, che con la sua magistrale
descrittività orchestrale non può trarre in inganno i
conoscitori di Franz Waxman. La composizione, passata alla storia della
musica bellica per il grande schermo, nonostante un trascorso discografico
più che rispettoso merita nuova attenzione in questa interpretazione
dellOrchestra Sinfonica di Mosca, diretta ancora una volta da
William Stromberg. Il restauro delle parti curato da John Morgan con
filologico piglio ha infatti tenuto conto della strumentazione iniziale
e degli estratti esclusi dal montaggio finale. La consuetudine delle
ricche note di copertina dettaglianti i retroscena del lungometraggio
e dello score aumentano il valore dellennesima pubblicazione Naxos
da non mancare.
25 fotogrammi
Marco
Frisina si riaffaccia al suo ambito deccellenza, la biografia
religiosa, grazie al film tv su Chiara e Francesco
diretto da Fabrizio Costa. Orchestra e coro (con citazioni dal Cantico
delle Creature) sfruttati con tutta la rigorosità della scrittura
liturgica ma anche calati in contesti più intimisti e foschi,
cesellati in interventi solistici di rispettosa costruzione ai fini
della preminenza dialoghistica e congiunti in pagine di collettiva interpretazione
nelle aperture ariose del tema portante. Il dosaggio tra perdizione,
redenzione e sentimento centrale alla sceneggiatura si riflette insomma
in una partitura (Rai Trade) mai eccessiva che sa concedersi alle traboccanti,
fluenti accensioni melodiche protocollari allo scoring per fiction.
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