Neverland
Un onesto cineasta
di Giulio Frafuso


Venezia 61 - 2004
  Finding Neverland, Usa, 2004
di Marc Forster; con Johnny Depp, Kate Winslet, Julie Christie, Dustin Hoffman, Radha Mitchell.


Tre anni dopo l’asciutto ed intenso realismo di Monster’s Ball - opera dalle grandi qualità narrative, che era riuscita nell’impresa di sopravvalutare anche un’attrice medio-scarsa come Halle Berry - ecco il film che mai ti aspetteresti da un regista che si è fatto conoscere in quel modo. La storia della creazione del più famoso racconto per l’infanzia della storia della letteratura, quel “Peter Pan” che ha regalato al suo creatore James M. Barrie eterna fama. Un film che sposta dunque la ricerca di intensità emotiva in tutt’altra direzione, improntato su un tipo di messa in scena che mescola la verosimiglianza di un’accurata ricostruzione storica al “volo fantastico” delle scene in cui Barrie lascia libero sfogo alla propria fantasia, arrivando in questo modo alla creazione artistica. Visivamente accurato, preciso nei riferimenti, capace di mantenere un’efficace sobrietà anche nei momenti più drammatici, Neverland dimostra prima di tutto la sorprendente capacità di Foster di saper dirigere con mano sicura e molto professionale qualsiasi tipo di operazione, passando dal dramma cupo alla favola elegiaca con una disinvoltura che in pochi altri cineasti odierni abbiamo notato; merito della riuscita di questo tentativo è anche da ascrivere alla bella sceneggiatura di David Magee, che dosa con sapiente scaltrezza i cambi di ritmo e soprattutto di tono narrativo, e che regala ai personaggi una serie pressoché ininterrotta di dialoghi intelligenti che evitano accuratamente la retorica. Dal canto loro, l’affiatato gruppo di attori contribuisce e non poco a regalare alla pellicola un solido valore aggiunto: protagonista assoluto un Johhny Depp che si dimostra maturo e sottile in un ruolo che portava sicuramente con sé il rischio dell’istrionismo gratuito. Accanto a lui Kate Winslet solare ed appassionata, sempre a suo agio quando deve indossare un costume d’epoca, si tratti di un kolossal come Titanic o un piccolo prodotto come Iris - Un amore vero; come caratteristi di contorno poi ci sono Julie Christie e addirittura Dustin Hoffman, un lusso a dir poco clamoroso. La grande sorpresa di Neverland è però il piccolo Freddie Highmore, attore in erba che tira fuori un’intensità ed una veridicità impressionanti per un bambino; trattenuto ma allo stesso tempo vibrante, il piccolo confeziona con Depp uno dei più bei duetti dell’anno: pensare che li rivedremo insieme protagonisti di Charlie and the Chocolate Factory di Tim Burton non può che farci rabbrividire per l’emozione.
Onesto, asciutto, mai rivolto allo spettatore per procacciarsi una facile emozione, Neverland è un film che si pone decisamente sopra il prodotto medio americano per qualità ed intelligenza di realizzazione, pur essendo un’opera che non punta ad essere un capolavoro o un prodotto cosiddetto autoriale (nel senso peggiorativo del termine). Uscito in America in un periodo dell’anno buono per le segnalazioni ai premi importanti, il film si è guadagnato ben 5 candidature ai Golden Globes, mancandole tutte. Anche se siamo contenti del risultato, dobbiamo però ammettere che forse il trattamento che gli è stato riservato è stato forse un po’ compiacente: non vorremmo che questo buon prodotto diventasse inviso alla critica per il solo fatto di essere stato sopravvalutato in altre situazioni. Foster, Depp, la Winslet e soprattutto Neverland non lo meritano.