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Highscores
Caos calmo
Paolo Buonvino (Radiofandango)
Non impazzano i Radiohead, come potrebbe aspettarsi chi ha letto il
libro di Veronesi da cui Caos calmo
è tratto. Nel soundtrack del film di Grimaldi la band compare
soltanto con Pyramid Song ed è circondata da un pungo
di brani di repertorio di tutto rispetto (Your Ex-Lover Is Dead
degli Stars e Cigarettes and Chocolate Milk di Rufus Wainwright).
Contributo deccezione anche da parte di Ivano Fossati, con linedita
Lamore trasparente, scritta appositamente per il film.
Come le musiche dellancora una volta allaltezza Paolo Buonvino,
chiamato ad una musicazione non facile da un regista dichiaratamente
poco avvezzo ai compositori specializzati. Lo spartito, in empatia stretta
con il difficile percorso psicologico del protagonista, ripropone lo
scandaglio sottocutaneo e viscerale del compositore, con sprazzi di
astrattismo che rimandano a Romanzo
criminale. Dallimpetuoso assolo di percussioni di Intro
un viaggio verso la luce fatto di accrescimento strumentale e definizione
melodica, fino alla rigogliosa apertura minimalista di Jolanda
e la neve.
la Morte ha fatto luovo
Bruno Maderna (Fin de Siècle Media)
Torna a risuonare di tutta la sua importanza, la sua diversità,
il suo coraggio anticonvenzionale una delle colonne musicali più
significative e misconosciute della cinematografia nazionale, grazie
alla svedese Fin de Siècle. Pietra miliare dellingerenza
dellavanguardia storica nel panorama della musica da film italiana,
una delle rare incursioni di Bruno Maderna nel medium innervata del
complesso reticolo di significazione che un esponente eccellente della
scuola postweberniana è stato capace di instillare in una storia
di alienazione sociale e sentimentale. Tanto il film di Giulio Questi
è anomalo nel suo svettare dai canoni del giallo di fine anni
60 pur restandovi ancorato (John Bender, nelle note di copertina,
ricorda come la pellicola patrocinò il movimento di scoperta
del cinema di genere italiano oltreoceano) così la musica si
accosta alle immagini ma non enfatizza, non integra il racconto, non
sottolinea. Andando ben oltre il facile asincronismo (le scene erotiche
messe in parallelo alla voce solista che non canta ma si compiace tendono
piuttosto verso un certo trattamento godardiano) Maderna è fuori
fase perché avanti. Parte dalla fine, dal senso spaventoso di
deriva umana su cui il testo risolve e commenta col senno di poi in
una dimensione di premonizione cosciente attualizzata in una musica
che non può più essere melodia o meccanismo tonale - neanche
sopra una scena di intimità - perché già filtrata,
decostruita e ricostruita come il ricordo di un sentimento fallimentare.
Aspramente dissonante, politonale e poliritmica su impianti dodecafonici,
con picchi di puntillismo estremo, la musica de la Morte ha
fatto luovo è emotivamente apolide in un racconto
che ha già vissuto; anempatica nei confronti di una vicenda che
ha compreso profondamente e il suo anacronismo dapproccio condivide
la lucida verità insita nel controsenso agghiacciante del titolo.
Incorruttibile, lascolto su disco dello score può disorientare,
magari farsi repulsivo, oltremodo inasprito dallaggiunta di 10
estratti finora rimasti inediti. Segno che dal 1968 ad oggi la partitura
non ha perso la sua validità.
On Screen
Ultimi scampoli dellintensissimo
2007 di James Newton Howard. Per the Water Horse (Sony
Classical) - in realtà uno dei primi film musicati dal compositore
lo scorso anno - un commento puntualissimo, nei confronti del girato
tanto quanto in risposta alle aspettative di una collaudata ambientazione
irlandese. Mano sicura, scritture impeccabili come dabitudine
per Howard e un ampio tema principale di indubbia eleganza, ma anche
un altro lavoro schiacciato dal professionismo di maniera, come accaduto
per la Guerra di Charlie
Wilson. Il regista Jay Russel, nelle note di copertina, usa Mahler
e Copland come termini di paragone della partitura, confermando ulteriormente
la fisionomia di uno score diligentemente votato allo scoring istituzionale.
Russell plaude anche alle performance dei Chieftains, che Howard integra
per ovvie ragioni di coloritura locale; ma il gruppo ha goduto di coinvolgimenti
cinematografici assai migliori. Del 2007 di Howard ora manca allappello
soltanto the Great Debaters di Denzel Washington.
A
differenza della sua precedente, convincente immedesimazione nelle partiture
originali delle saghe di Alien e Predator,
così prodighe di retoriche fantascientifiche da permettere al
compositore una vera e propria rielaborazione degli idiomi di Goldsmith,
Silvestri, Horner e Goldenthal, la prova dellalterno Brian Tyler
per John Rambo (Lions Gate Records)
è unoccasione mancata. Stavolta la scelta è evidentemente
quella del citazionismo omaggiante e invece di lavorare dallinterno,
impadronendosi mimeticamente di un lessico fortemente sedimentato nellimmaginario
musicale tout-court come in Aliens
vs. Predator 2, Tyler lavora in superficie e si confronta timidamente,
se non reverenzialmente, con lo storico tema ideato da Goldsmith per
leroe reduce di guerra interpretato da Stallone. Esposizioni di
gran rispetto e frammenti sparsi ad hoc, senza però mai integrare
in modo organico e strutturale approfittando di uninvenzione melodica
tra laltro capace di flessibilità ragguardevoli. Tyler
piuttosto sceglie la strada personale e inonda lo score di tribalismi
a lui congeniali, stendendo inoltre un secondo tema di fiera impostazione
patriottica. E il problema, fuori dai travestimenti e dalle rivisitazioni,
torna ad essere proprio il suo tratto, nel migliore dei casi ripetitivo
e votato ad un servizio scolastico.
Spiderwick - Le cronache è un bel ritorno alle
sonorità sinfoniche di uno degli autori maggiormente consacrati
negli anni 80 allentertainment fantasy. Era già successo
con il Grinch e la
Leggenda di Zorro che James Horner abbandonasse il radicalismo stilistico
della sua maniera moderna - una strada intrapresa dopo la svolta carrierisitca
di Braveheart e che ha portato a maturazione alcune
cifre latenti nel suo passato trascorso hollywoodiano arrivando spesse
volte ad un eccesso formale velleitario. Che si tratti o no di unaltra
sospensione occasionale di questo sovente discutibile approccio alle
immagini, cè davvero da rallegrarsi per un ritorno così
tonico ad una scrittura orchestrale piena, tematicamente fondata, generosa
di suggestioni e sufficientemente equilibrata tra nuovo e vecchio lessico
horneriano, dove il melodismo lirico di Cocoon e Star
Trek II: Lira di Kahn convive con i passaggi più
astratti dellultima maniera. Il compositore di Titanic
torna insomma a raccontare con cesello anziché a sottintendere
o ad alonare con ampie pennellate, e questo spolvero estetico riporta
con sé anche tutto il retaggio goldsmithiano e williamsiano dei
fasti che furono (tra i molti riferimenti, il clavicembalo caratterizzante
i goblin rimanda prepotentemente al Williams baroccheggiante di Complotto
di famiglia).
Off Screen
In
occasione del suo centesimo cd, la feconda Digitmovies delizia i fan
del poliziesco allitaliana con "Italian Police", un
tris di colonne sonore: la Mano spietata della legge
(1973), il Grande racket (1976) e lUomo
della strada fa giustizia (1975). Al primo lungometraggio,
interpretato da Philippe Leroy, mise mano con solidissimo mestiere Stelvio
Cipriani, caratterizzando le musiche con un tono particolarmente europeo,
non di rado sfumato in un romanticismo da polar francese. Decisamente
personale e riconoscibilissimo il trattamento dei fratelli De Angelis
per la seconda pellicola: ritmiche che coprono ogni declinazione del
rock filmico di genere, sferzate funk, virate psichedeliche, accenti
prog e una propensione melodica calzante (anche se non memorabile quanto
lapporto a Roma violenta). Il più immerso
nellestetica autoctona del filone è però il commento
di Bruno Nicolai per lultimo titolo, esemplare della musicalità
a mano armata di matrice micalizziana spinta in accelerazione
dai riff incalzanti e dagli ostinato ritmici.
Dal nutrito catalogo di Nicolai la Digitmovies recupera anche uno dei
lavori per lhorror targato Umberto Lenzi, Gatti rossi
in un labirinto di vetro (1974), nellambito della collana
Bruno Nicolai in giallo, giunta con questo titolo allottavo
volume. Senza entrare nella lista delle prove più alte del compositore,
il commento dà la misura dellimpegno medio di un compositore
prolifico - anche per il genere in questione - capace di concedere la
qualità minima anche in un contesto musicale collaudato, così
routinario e formulaico nella sua irrinunciabile adesione al manifesto
depoca: pop ballabile, tinte gotiche, orchestra e sezione ritmica
sempre in supporto reciproco e bitematismo di servizio. Notevoli le
costruzioni suspense (Labirinto) che evidenziano la capacità
atavica di tirare fuori il meglio dalla ristrettezza densemble.
Pubblicata integralmente, la colonna sonora è accompagnata da
quattro bonus track.
Meno produttivo di Nicolai ma altrettanto affezionato ai generi, Nico
Fidenco ha fatto dellerotismo libertario uno dei suoi raggi dazione
cinematografici. Per Blue Jeans (Digitmovies), diretto
da Mario Imperoli nel 1975 e interpretato da unallora emergente
Gloria Guida, il compositore di Emanuelle Nera calca
musicalmente una storia di prostituzione dai risvolti drammatici. Anche
lui a suo agio con la composizione bitematica, Fidenco verga due motivi
dalla forte cantabilità, non a caso intonati dai Cyan (Blue
jeans, A final step) su arrangiamento beat. Lapproccio
da ballabile pastorale su cui si muove lorchestra è interessante
soprattutto in considerazione di quanto in quegli anni il cinema abbia
fatto affidamento a quel particolare stile: le numerose comunanze dello
score con il commento di Jack Nietsche per il coevo Qualcuno
volò sul nido del cuculo, ad esempio, non possono che
generare curiosità in merito a quanto la partitura per il film
di Forman possa aver influito sulle scelte di Fidenco. Scelte che restano
comunque indovinate; latmosfera provinciale, se non paesana, di
fisarmoniche, zufoli, chitarre e clavicembalo non potrebbe prestarsi
meglio alla storia di scappatelle e complotti su sfondo finto-borghese
messa in scena da Imperoli.
Prosegue il periodo caldo di pubblicazioni trovajoliane. Dopo la tripla
raccolta antologica la Gdm licenzia su un unico cd tre commenti da commedia
sentimentale pruriginosa composti dal maestro negli anni 60: il
Magnifico cornuto, la Mia signora (1964) e
le Fate (1966). Niente di nuovo sotto il cielo, anzi
tutto già sentito e proprio per questo un ascolto imperdibile
per gli aficionados delle salse lounge, dei vocalizzi ammalianti e conturbanti
(la voce di Edda dellOrso domina e conferisce il miglior marchio
di riconoscibilità ai lavori), dello shake e del ballabile per
orchestra. Trovajoli, tra i fautori di questa miscela sempre funzionale
ai più disparati lungometraggi ammiccanti, si esibisce anche
al piano mentre in Le fate Titti Bianchi intona uneffervescente
Maga Magò.
Sforzo
editoriale impressionate quello di Film Score Monthly - soprattutto
per un etichetta specializzata a destinazione collezionistica - che
in collaborazione con la Warner Bros. ha confezionato un Blue Box titanico,
"Superman: The Music", dedicato alla numerosa musica applicata
alle gesta del capostipite dei supereroi. Lingente volume musicale
reperito, organizzato e rimasterizzato da FSM conferisce alloperazione
il merito della completezza definitiva. Otto cd, aperti in modalità
fanfaronica con lo score di John Williams per il primo episodio cinematografico,
portato a nuovo lustro da un remastering migliorativo persino della
già esaustiva edizione Rhino a due dischi. Poi i successivi tre
score per gli altrettanti sequel del franchise, affidati a Ken Thorne
e Alexander Courage. Laltrettanto fortunata vita televisiva del
personaggio è rappresentata dalla musiche di Ron Jones per la
serie animata. Ricchissimo il materiale inedito, che riempie autonomamente
anche lottavo disco con alternates e source music. Un libro di
160 pagine che analizza la musica e ripercorre i retroscena di scoring
accompagna lopera, al momento già esaurita nella sua prima
edizione e in corso di ristampa.
Morriconiana
Notevole trittico di composizioni
morriconiane quello presentato dalla Fin de Siècle, che raccoglie
in un unico album brani tratti da Teorema di Pasolini
(1968), la Stagione dei sensi di Franciosa (1969) e
Vergogna schifosi (1969) di Severino. Al primo film
appartiene una colonna musicale davvero significativa per levoluzione
complessa e combattuta - altamente interessante - della doppia aspirazione
musicale insita nel Morricone di quel focoso periodo professionale:
la convivenza dellassolutismo concertistico con la retorica narrativa
cinematografica. Assai variegata stilisticamente, la partitura alterna
disinvoltamente momenti di musica concreta (Fruscio de foglie
verdi) e deguelli per chitarra a costruzioni atonali tra le più
estreme mai proposte dal compositore romano in ambito filmico. Centro
dattenzione degli altri due commenti e invece luso della
voce quale strumento sempre meritorio di sperimentazioni non comuni
da parte dellautore - in questo caso molto più per leffetto
"cantato" che per la manipolazione timbrica. E anche se per
lultimo lavoro non si può condividere in pieno lentusiasmo
nelle note di John Bender, certo se ne riconosce limportanza quale
precursore di uno stilema a venire destinato a far scuola.
Improntato
al sarcasmo e alla farsa invece il soundtrack di Stato interessante
(Gdm), lungometraggio ad episodi affidato alle cure registiche di Sergio
Nasca nel 1977. Un Morricone più leggero, sui sicuri binari del
bossa-nova virtuosistico (Una bossa a cena) o nella regalità
del più formale dei valzer (Un salotto troppo elegante)
cui non manca però linveterato gusto per il gesto ficcante
e lo spazio per la distensione di un tema tipicamente arioso, con note
sussurrate dal caldo flicorno di Oscar Valdambrini. Ma è da notare
anche laccesa cantilena di Per lamore si farà,
tuttaltro che estranea al girotondo del succitato Vergogna
schifosi. La marcia folcloristica dai colori siculi (Morale
ipocrita borghese) fa da contraltare irriverente e getta un modello
che tornerà a riaffacciarsi nella filmografia del musicista,
particolarmente nel tema portante per Stanno tutti bene
di Tornatore.
Altro materiale poi riemerso nella collaborazione tra Morricone e Tornatore
anche nella colonna musicale di Matrimonio con vizietto
(1985), pubblicata da Digitmovies. Per il terzo capitolo della liason
tra Ugo Tognazzi e Michel Serrault un Morricone particolarmente in vena
contemporanea mette mano ad una coppia di canzoni per la voce di Tilda
(Now Its Up To Me, Ask Me) dallarrangiamento
spiccatamente disco - e con tratti a là Moroder. Il sintetizzatore
simpone anche in una curiosa rilettura del volo del calabrone
di Rimsky-Korsakov. Il brano dal destino tornatoriano è Castelli
di Scozia, un nobile adagio riarrangiato in seguito dallo stesso
autore per accompagnare uno spot del regista siciliano.
25 fotogrammi
Arrivato
in televisione sotto forma di due episodi, il film su Caravaggio
diretto da Angelo Longoni ha beneficiato di un interpretazione sentita
di Alessio Boni nel ruolo del pittore e del disegno fotografico filologico
di Vittorio Storaro. Le musiche composte, orchestrate e dirette da Luis
Bacalov (RaiTrade) si innestano direttamente nella tipologia dei commenti
in costume debitamente redatti nel contesto musicale dellepoca
di riferimento. Bacalov veste lo score di un coté dalle sfumature
classiche muovendosi tra i chiaroscuri dellartista protagonista
e alternando vigorosi affreschi sinfonici (Caravaggio Loves)
ad intarsiature più raccolte e trattenute (Casa Nuova).
Il compositore de Il Postino non rinuncia poi a periodizzare
la partitura con brani per ensemble ridotto di natura spiccatamente
rinascimentale (Verso PortErcole, Vano il ricercar)
per i quali la Czech National Symphony Orchestra è ampliata con
un gruppo di solisti italiani particolarmente evidenti nellhändeliano
Johnatans lute e in Del cigno un canto.
Laccostamento alle immagini è morriconaniano, così
come una certa enfasi nella linea melodica, soprattutto nel tema damore
(Lena Vero amore).
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