Monster's ball

La liturgia del cioccolato
di Luca Perotti

 
  id., Usa, 2001
di Marc Forster, con Billy Bob Thornton, Halle Berry, Taylor Simpson, Gabrielle Witcher,
Heath Ledger


Ogni cerimoniale esige i suoi passaggi obbligati, ogni orazione funebre il suo sacerdote solenne e zelante, ogni tentativo di rinascita si innesca da un susseguirsi di dolore e di catastrofi.
Quella di Hank (Billy Bob Thornton), boia silenzioso e pignolo, esponente di primo piano di una famiglia dedita allo sporco lavoro - il padre è un giustiziere razzista ormai a stento deambulante; il figlio si affanna tra vomito e angosce a seguire le orme della "ragion di famiglia" - è una vita professionale, e non solo, segnata da rituali e feticci.
Con il medesimo atteggiamento impiegatizio, Hank accompagna i condannati ad abbrustolire sull'altare del sacrificio istituzionalizzato, invita assiduamente la prostituta del paese per una copula-standard (che anche il figlio ricalca pedissequamente: stessa posizione, stessa fiacca e svogliata prestazione), si abbandona alla gioia temporanea di un gelato al cioccolato, ogni giorno, dopo aver sobriamente prestato servizio nel braccio della morte.
Il suo gesto di ordinare e gustare la mousse è speculare all'ultimo desiderio del condannato a morte prima di sedersi sulla sedia elettrica, una coazione a ripetere che assegna a Hank il ruolo di "condannato a vivere", condannato senza appello e senza possibilità di sospensione governativa ad essere un ingranaggio indispensabile nel passaggio dei colpevoli di turno verso l'aldilà.
Anche la morte del figlio, un suicidio brutale, una ripicca spietata verso il suo cinismo paterno lo vede come testimone ufficiale, portatore, persino davanti a quel nefasto evento, di una professionalità ieratica. Con lo stesso zelo, appena venato da un dolore invisibile, Hank pulisce la poltrona su cui il figlio si è accasciato, raccoglie la pallottola e la infila in un recipiente. Con la stessa sbrigativa perizia assiste al rito funebre e al movimento della bara calata sotto terra.
Hank, nella sua doppia veste di rappresentante dello Stato federale e di padre, presenzia all'espletarsi di vendette insensate: quella istituzionale ovvero la pena di morte - fetido castigo bollato e autenticato dai timbri dello Stato - e quella operata dal figlio verso se stesso: un essere umano che si toglie la vita perché avvilito, umiliato, incompreso da suo padre.
La morte e il sesso sono eventi che hanno luogo dunque nel contesto di una liturgia consolidata, satura di penosa depressione a stento alleviata dalla consumazione solitaria del cioccolato peraltro ripresa per altri motivi dal figlio obeso di Laeticia (Halle Berry), la quale, cala come un angelo nero in questa apoteosi pagana lanciando un'àncora di salvataggio beffarda al mostro Hank. Uno scherzo del destino ( a in quella squallida piccola cittadina le persone da incontrare non sono poi così tante) fa incrociare la vedova e l'aguzzino. L'incontro decisivo, quello che anticiperà la nascita dell'amore e la rinascita timorosa di Hank avviene ancora una volta in circostanze lugubri: la morte per incidente del figlio di lei.
Il figlio ciccione ed emule del padre nella passione per il disegno mette in risalto il contraltare sano dell'altra vocazione ereditata, quella maligna della professione di boia che Hank voleva inculcare in suo figlio così come il suo padre fantoccio sembra aver fatto con lui.
La redenzione di Hank passa perciò attraverso l'elargizione di un affetto fino ad allora sempre attutito, imbrigliato dal suo mestiere e che esplode, sempre silenziosamente, sempre rintracciabile solamente nelle rughe impassibili del volto di Billy Bob Thornton, in coincidenza con l'interruzione delle abituali liturgie che vengono tuttavia sostituite, a loro volta, da un cerimoniale teso a svincolare Hank da un senso di colpa che ha raggiunto il culmine con il suicidio del figlio. Questo cerimoniale prevede le dimissioni dal carcere come azione iniziale, ma l'atto che disintossica definitivamente Hank è la sua scelta di rinchiudere il padre con tutte le sue valenze simboliche in un ospizio. Il padre che aveva messo in pericolo la presenza nella vita di Hank della figura fondamentale e salvifica, Laeticia appunto, che gli aveva restituito anche la gioia selvaggia di un rapporto sessuale finalmente libero da claustrofobici gesti protocollari.
Su quella veranda, in una notte d'estate, dopo che Laeticia, all'insaputa di Hank, ha scoperto la vera identità del suo nuovo amore, la catastrofe sembra però sul punto di ripetersi, di far sprofondare tutto in una crepa riaperta dall'ennesimo evento funebre.
Ma, complice forse l'apparizione del cioccolato galeotto e anti depressivo, la rabbia e la vendetta vengono assorbite dal tepore della sera e da un futuro che, tuttavia, sembra ancora contenere i germi di una mestizia incurabile, radicata e genetica, continuamente sull'orlo di esplodere e di far fallire il tentativo di riscatto da un'esistenza contaminata da un passato che non ha intenzione di essere cancellato.
Però Laeticia, nel suo sorvolare sull'omissione di Hank riguardo la coincidenza paradossale che li ha fatti incontrare ed amare, compie in realtà un atto di libera assoluzione permettendo quindi al flusso di morte di interrompersi attraverso un'indulgenza che, sia la pena di morte, sia l'ostinazione infame dei padri verso i figli e, sin lì, persino il destino, avevano negato.