Elmer Bernstein

L'eccellenza tra tradizione e rinnovamento
di Giuliano Tomassacci

 
  ^ i Magnifici sette, di John Sturges

Voce tra le più rilevanti e inconfondibili, nonché fondamentali, dello scenario musicale cinematografico, Elmer Bernstein è il custode ultimo dell’inestimabile tradizione dei grandi sinfonisti hollywoodiani. Un bagaglio preservato con dedizione e rispetto, ma mai troppo stretto alla propria creatività da renderlo limitante, mai consacrato a una miope adorazione vincolante ai datati stilemi o sorda ai richiami della modernità. Al contrario, Bernstein, il più longevo dei film-composer statunitensi, ha saputo proporre la sensibilità recepita dalla lezione del periodo classico alle multiformi evoluzioni del mezzo, assicurando il suo pregevole apporto ai generi e ai cineasti più disparati con l’efficacia, l’elevata qualità e l’eleganza dell’artista che attraversa le epoche con disinvoltura - seppur caratterizzandole - e riservatezza, rimanendone tuttavia un indiscusso protagonista.

Cenni Biografici
La famiglia in cui Bernstein nasce il 4 Aprile del 1922 è animata dall’arte. Il padre Edward, insegnante di liceo di origine austro-ungarica, e la madre Selma, ballerina ucraina, espongono volenterosi il figlio al teatro, alla danza e alla pittura. Benché eccella in tutte le dottrine, è presto chiaro che il giovane predilige la musica, il pianoforte e aspira a una carriera da concertista. Gli studi iniziano alla Julliard School con Henrietta Michelson che, notate le doti di improvvisazione dell’allievo, lo consiglia ad Aaron Copland il quale a sua volta lo indirizza agli insegnamenti di composizione di Israel Sitowitz. Completata la formazione presso la New York University, incluse le importanti lezioni con Roger Sessions, Ivan Langstroth e Stefan Wolpe (l’influenza di quest’ultimo si rivelerà la più stimolante per stessa ammissione del cineasta), Bernstein, nel 1942, viene arruolato nel Corpo Aviatori dell’esercito. Il secondo conflitto mondiale non ostacola comunque l’apprendimento musicale del compositore che anzi, sotto le armi, ha modo di esercitarsi come arrangiatore per la Armed Forces Radio Service e come autore di commenti per un’ottantina di documentari radiofonici. Ripresa, dopo l’esperienza militare, la carriera pianistica, nel 1949 Bernstein accetta di musicare programmi radiofonici per la United Nations e, infine, nel 1950 viene coinvolto, per mano del vice-presidente della Columbia Sidney Buchman, nella post-produzione del film Saturday’s Hero, ufficiale prima esperienza nella composizione di musica da film. Grazie alle interessanti musiche per il suo terzo lungometraggio, Sudden Fear (So che mi ucciderai, 1952, di D.Miller), Bernstein guadagna buona considerazione, ma la carriera cinematografica subisce una forte impennata solo nel 1955 grazie al rivoluzionario score per The Man with the Golden Arm (L’uomo dal braccio d’oro, di O. Preminger). Una carriera che non tarda all’ascesa, soprattutto grazie alle fruttuose esperienze con registi come DeMille (The Ten Commandments - I dieci comandamenti, 1956), Mulligan, Sturges, Hill e Dmytryk (citando solo alcuni dei numerosi collaboratori). Con la fine degli anni ’70 e il momentaneo esaurimento d’interesse nei confronti di un certo modulo cine-sinfonico, Bernstein – che comunque è riuscito con ammirevole impegno a non fossilizzarsi mai – adatta con freschezza il suo stile al comico e al demenziale, sposandosi con successo all’exploit cinematografico dei National Lampoon (da qui le alleanze con John Landis e Ivan Reitman), fino al 1989, quando, ritenendo di aver detto abbastanza sul genere, preferisce dissociarsi dal sequel del campione d’incassi Ghostbusters (Ghostbusters - Gli acchiappafantasmi, 1984, di Reitman), da lui precedentemente musicato. Oggi, con ben 14 nomination all’Oscar alle spalle e uno ricevuto per Thoroughly Modern Millie (Millie, 1967, di George R.Hill), la scelta risulta quantomai legittima, specialmente se considerata alla luce dei successivi lavori con Scorsese - al quale si sottopone nel 1991 per gli adattamenti dello score herrmanniano di Cape Fear (il compositore di Hitchcock fu caro amico e personale “eroe” di Bernstein) dando inizio ad un’altra insigne coalizione – la duplice associazione con Sheridan (My Left Foot - Il mio piede sinistro,1989 e The Field - Il campo, 1990), fino ai recenti incontri con Coppola (The Rainmaker - L’uomo della pioggia, 1997), Pacino (Chinese Coffee, 2000) e Haynes (Far from Heaven - Lontano dal paradiso, 2002). Apprezzatissimo dalla critica, prolifico e attivo anche nell’ambito classico (si ricordano un Concerto per Chitarra ed Orchestra e tre Suite per Orchestra Sinfonica), il compositore newyorkese ha negli ultimi tempi raffinato il criterio di selezione delle pellicole a cui prender parte, limitando la propria firma a non più di due progetti l’anno, anche nell’intento di concedere maggior tempo al suo impegno per la preservazione del film scoring – attraverso la presidenza della Film Music Society, lo sviluppo della propria etichetta specializzata Amber Records e l’imminente organizzazione di un Museo dedicato alla musica da film – oltre agli impegni di docenza presso l’Università del Sud California. Residente presso la West Coast insieme alla moglie Eve dal 1950, Bernstein ha infuso il dono musicale a due dei suoi quattro figli: Peter, anche lui dedito alla musica cinematografica, ed Emilie, da anni ormai al fianco del padre in veste di orchestratrice.

Opere e Forma
La musica da film è la lirica del nostro tempo
Elmer Bernstein

Durante la prima metà degli anni cinquanta Bernstein soffre le discriminazioni legate al maccartismo, vedendosi costretto ad abbordare progetti di basso profilo come il fanta-demenziale Robot Monster (1953, di P.Tucker) e Cat Women of the Moon (1954, di A.Hilton) per non rimanere emarginato dal settore. Eppure, nonostante i limiti produttivi e le eccentricità di sceneggiatura, il compositore riesce ad affiancarsi con originalità ed inventiva al diegetico, dimostrando uno spirito d’adattamento che gli ritornerà utile per la corrente satirica dei primi anni ottanta. In altre occasioni, poi, la capacità di sintonizzarsi fedelmente alle materie filmiche incontrate di volta in volta ha permesso a Bernstein di saltare con sicurezza dal thriller claustrofobico (Storm Fear - La paura bussa alla porta, 1955, di C.Wilde) all’avventura picaresca (The Buccaneer - I bucanieri, 1958, di A.Quinn), dall’horror puro (See No Evil - Terrore cieco, 1971, di R.Fleischer) allo slasher low-budget (Nightmare Honeymoon - Luna di miele fatale, 1973, di E.Silverstein), fino alla fantascienza affettiva (Saturn 3, 1980, di S.Donen) e al plot agrodolce (Rambling Rose - Rosa Scompiglio e i suoi amanti, 1991, di M.Coolidge). Ma non si confonda l’estrema versatilità con il vuoto eclettismo camaleontico; Bernstein è infatti dotato di uno stile deciso e riconoscibile, solitamente esteso tra gli estremi di una felice ritmica contrappuntista e di una trattamento melodico ampio, trascinante e riccamente strutturato. Ciascuna di queste due fondamentali componenti compositive ha trovato larga esposizione e miglior esito negli score più sentiti e rappresentativi del musicista. Non si può negare, ad esempio, come l’efficacia narrativa della cadenzata e ormai leggendaria partitura di The Magnificent Seven (I magnifici sette, 1960, di J.Sturges) accresca e definisca incommensurabilmente lo spirito della pellicola. In questo, come in molti altri lungometraggi di stampo western (al cui sound Bernstein contribuì ampiamente), emerge una disinvoltura ritmica influenzata dal jazz, per il quale il compositore ha dimostrato notevole capacità sin dai tempi di The Man with the Golden Arm, quando, complici la tromba di Shorty Rogers e le percussioni di Shelly Manne, si affiancava all’impresa di Alex North nella rivoluzionaria introduzione del jazz nella musica di commento.
Sebbene non sia mancato il ricorso al tematismo wagneriano (in occasione di The Ten Commandments e su precisa richiesta di DeMille) riguardo la seconda componente della scrittura bernsteiniana, quella melodica, molto del suo più sincero concetto armonico e dello sviluppo tematico è racchiuso e perfettamente condensato nell’incantevole score composto per To Kill a Mockingbird (Il buio oltre la siepe, 1962, di R. Mulligan) – non a caso ancora oggi tra i preferiti del compositore stesso - dove il delicato tema portante, affidato con prevalenza al pianoforte e al flauto, trae la sua maggiore validità da un punto di vista condiviso con quello innocentemente infantile dei protagonisti del film. Altrettanto rappresentativa dell’elevato coinvolgimento filmico del compositore e della conseguente finezza descrittiva è la ben più complessa partitura redatta per The Age of Innocence per il quale Bernstein, servendosi di un vocabolario di 81 strumenti, ha restituito un nuovo significato allo struggimento e alla rassegnazione. Per il film di Scorsese, Bernstein si è inoltre avvalso dell’inusuale e incantata sonorità dell’Ondes Martenot, strumento a tastiera elettronico, fortuitamente utilizzato per le musiche del film d’animazione Heavy Metal (id., 1981, di G.Potterton) e mai più abbandonato dal musicista: che si sia trattato di dar voce a presenze paranormali in Ghostbusters o che abbia giovato all’ambientazione urbana di Bringing Out the Dead (Al di là della vita, 1999, di Scorsese).
Dichiaratamente interessato a comporre soltanto per grandi organici o per piccole formazioni – senza vie di mezzo – Bernstein si è rivelato in effetti tranquillamente a suo agio sia con il robusto sinfonismo di The Great Escape (La grande fuga, 1963, di J.Sturges) che con la singola e parca chitarra classica di Hud (Hud il Selvaggio, 1962, di M.Ritt).
Con una filmografia che sfiora i 250 lavori, e in cui non mancano approcci tipicamente professionali come Keeping the Faith (Tentazioni d’amore, 2000, di E.Norton) e inevitabili cadute di tono (Bolero Extasy, 1984, di J.Derek), una degna carriera televisiva divisa tra serie, film-tv e documentari per il National Geographic, Elmer Bernstein prosegue il suo cammino cinematografico con l’interesse e la passione che lo hanno sempre contraddistinto, rinvigorito dai recenti apprezzamenti di critica per il suo score a Far from Heaven e sempre più temprato dalle spiacevoli strategie produttive che lo hanno portato, da tempo, in cima ad una lunga lista di score contestati e rifiutati.

Collaboratori
- Christopher Palmer, Emilie A. Bernstein (orchestratori); Cynthia Millar (solista Ondes Martenot)

Premi e riconoscimenti
(la lista fa riferimento soltanto ai più significativi premi in ambito cinematografico; il musicista ne ha ricevuti molti altri anche per il circuito televisivo e teatrale)
- Academy Award: Thoroughly Modern Millie (1967)
- Golden Globe: To Kill a Mockingbird (1962); Hawaii (1966)
- Grammy Award: Walk on the Wild Side (1962); Ghostbusters (1984); The Age of Innocence (1993)
Discografia Relativa:
- The Ten Commandments, registrazione del 1960 – MCA Records MCAD 42320
- The Magnificent Seven, musica diretta da James Sedares – Koch International Records
- To Kill a Mockingbird – Varèse Sarabande Film Classics VSD 5754
- The Age of Innocence, original score – Epic Records 474576-2
- Far from Heaven, original score - Varèse Sarabande
- Elmer Bernstein by Elmer Bernstein – Denon Records