La saga di Quatermass

La (fanta)scienza adulta della Hammer
di Piero D’Ascanio e Luca Di Natale

 
  Nel 1956 dagli USA giungeva la paranoia del “nemico dentro di noi” (o forse “il nemico SIAMO noi”) grazie all’efficace l’Invasione degli Ultracorpi del notevole Don Siegel. Nella cara, vecchia Europa, nello stesso anno, la paura dell’invasione, dell’arrivo di un nemico talmente subdolo da insediarsi non solo nei nostri paesi ma letteralmente dentro i nostri corpi, veniva resa in maniera magistrale da una pellicola prodotta dalla gloriosa Hammer Film, in cui veniva presentato quello che sarebbe diventato un personaggio cult della fantascienza cinematografica: il professor Bernard Quatermass. Creato dallo scrittore e sceneggiatore Nigel Kneale, spentosi ad ottobre dell’anno scorso, per una serie televisiva andata in onda sulla BBC a partire dal luglio del 1953 e sviluppatasi in 6 episodi da 30 minuti ciascuno, Quatermass è la perfetta figura dello scienziato per il quale tutto si risolve con la scienza, panacea di ogni male, soluzione di ogni problema… anche se il problema è creato dalla scienza stessa. Tutte le avventure di Quatermass, infatti, così come le altre opere di Kneale, sono riflessioni sul destino della società contemporanea, venate da un certo pessimismo tipico delle opere post-orwelliane e contaminate dalla rielaborazione di elementi tipicamente gotici. Kneale è stato precursore di quelle che sarebbero diventate realtà di là a venire, come testimonia uno dei suoi lavori televisivi del 1968, intitolato The Year of the Sex Olympics, in cui immagina un futuro dove gli spettatori sono felicemente succubi di un programma televisivo che spia ogni istante di vita di un gruppo di volontari rinchiusi in una casa isolata…
Ma torniamo alla creatura sicuramente più famosa di Kneale, ovvero il professor Bernard Quatermass. Visto il successo ottenuto dallo sceneggiato nel 1953, a tre anni di distanza la Hammer Film decide di produrre una pellicola per il grande schermo basato sul lavoro dello scrittore inglese e ne affida la regia allo specialista Val Guest, che ne cura la sceneggiatura insieme a Richard Landau. In questo primo film, Quatermass assume le sembianza con cui verrà ricordato dai cinefili, ovvero quelle dell’attore Brian Donlevy. Così la sinossi de l’Astronave atomica del dottor Quatermass (the Quatermass Xperiment, suggestivamente, in originale).

Un razzo sperimentale di rientro sulla Terra si schianta nella periferia di un villaggio inglese. Sul luogo dell’impatto giungono polizia, pompieri ed il responsabile del progetto, il professor Bernard Quatermass. Il rappresentante delle autorità governative Blake vorrebbe aprire immediatamente il razzo per trarre in salvo i tre astronauti - che non danno alcun segnale - e nello stesso tempo tenere lontana la stampa, ma Quatermass impone di aspettare che il razzo si raffreddi, evitando il rischio che gli occupanti vengano ridotti in cenere al contatto con la pressione dell’aria, e decide invece di parlare con i giornalisti per fugare la notizia che si tratti di una bomba inesplosa. Blake rammenta a Quatermass che il razzo è stato lanciato senza il benestare ufficiale del governo, notizia che provocherebbe scalpore, e gli fa notare la presenza della moglie di uno degli astronauti. E qui abbiamo un saggi e preciso indizio della mentalità del professore per il quale la scienza non può esistere senza incognite e rischi, necessari per far sì che l’umanità progredisca, anche a costo di sacrificare vite umane, quelle degli astronauti in questo caso, i quali, essendo coscienti dei pericoli ai quali andavano incontro non possono essere considerati delle vittime. Dei rumori giungono dall’interno del razzo e a questo punto Quatermass decide di far raffreddare il razzo dalle autopompe dei vigili del fuoco. All’apertura del razzo, una figura in tuta ne emerge barcollante: è Caroon, uno degli astronauti che, prima di perdere conoscenza, chiede disperatamente aiuto. Degli altri due astronauti non restano che le tute vuote ancora allacciate ai propri posti. Il superstite viene portato in un laboratorio e a questo punto viene introdotto il personaggio dell’ispettore Lomax, che tornerà anche nel secondo film. Tra i due nasce uno scontro di vedute: per il poliziotto, infatti, il caso va trattato come una comune indagine di polizia (“Quando tre uomini partono in un razzo e uno solo torna indietro, secondo noi questo fa meno due; e meno due ci mette nell’imbarazzante necessità di indagare sul più uno, sia esso cosciente o incosciente”), mentre per Quatermass l’unica indagine possibile è quella scientifica e quindi lui è l’unico a poter indagare: ancora una volta la scienza al di sopra di tutto. Dalle prime analisi sull’astronauta, condotte dall’assistente di Quatermass, Briscoe, risulta che egli non dovrebbe essere nemmeno vivo, in quanto i segnali vitali sono incredibilmente bassi e accompagnati da strane modifiche della struttura ossea. Briscoe vorrebbe portare Caroon in ospedale, ma Quatermass si oppone, in quanto si sente vicino ad una grande scoperta che solo chi ha seguito l’esperimento dall’inizio può, secondo lui, comprendere appieno. Mentre la discussione tra i due ha luogo, giunge la moglie di Caroon, che porta al marito dei fiori che sembrano attrarre irresistibilmente l’attenzione dell’astronauta. Assistiamo ad un nuovo incontro fra lo scienziato e Lomax, che porta i risultati delle analisi sulle impronte digitali di Caroon: sono del tutto differenti da quelle prelevate all’astronauta all’inizio dell’esperimento, sembrano addirittura non umane. Lomax accetta in un certo senso di farsi da parte ed accompagna Quatermass all’astronave su cui sono stati recuperati degli strani frammenti che, analizzati, si rivelano essere tessuto organico, quello che resta degli astronauti scomparsi. Apprendiamo inoltre che il film girato dalla telecamera di bordo non è andato perduto nell’impatto ma può essere recuperato. Caroon, frattanto, si risveglia e, tentando di afferrare i fiori portati dalla moglie, cade dal letto su cui si trova. Al richiamo della moglie Judith accorrono Quatermass e Briscoe, il quale, constatato un ennesimo cambiamento nella pelle di Caroon riesce a convincere lo scienziato a far ricoverare l’astronauta in ospedale. A questo punto abbiamo un diverbio fra Quatermass e Judith che ancora una volta conferma la totale dedizione dell’uomo alla scienza. All’accusa della donna di aver distrutto la vita del marito, Quatermass risponde che nella scienza non c’è posto per i sentimenti e che lei dovrebbe essere fiera di un marito che ha rischiato la vita per il progresso del mondo (Judith: “Il mondo! Il suo mondo, il mondo di Quatermass!”). Il filmato recuperato mostra qualcosa che penetra all’interno dell’astronave, due astronauti nella posizione in cui sono state trovate le tute e Caroon che indietreggia con le mani davanti la viso, come a proteggersi da qualcosa. Nel frattempo Judith, aiutata da un falso infermiere, preleva il marito dall’ospedale; prima di uscire dalla stanza, l’astronauta colpisce una pianta di cactus e, successivamente, uccide il falso infermiere. In auto, Judith scopre la mutazione che ha subito la mano del marito ed urla mettendolo in fuga. Quatermass, Briscoe e Lomax esaminano il corpo martoriato del falso infermiere e proprio in quel momento vengono informati che Judith è stata trovata in stato di shock, mormorando frasi a proposito della mano del marito, grigia e spinosa, come un cactus, pianta di cui Lomax nota la mancanza dalla stanza da cui Caroon è fuggito. Il corpo del falso infermiere appare mangiato da escrescenze in parte vegetali. Quatermass suppone che una forma di energia sia penetrata nel razzo, abbia assimilato i due astronauti scomparsi e si sia insediata nella sostanza organica di Caroon: l’astronauta è ora un veicolo per questa energia in grado di assimilare altre forme di vita, anche vegetali. Nel frattempo Caroon, guidato dalla misteriosa forza aliena, uccide un farmacista nel tentativo di creare un composto che acceleri la sua mutazione e poi si rifugia in un barcone, sul quale assistiamo, il mattino seguente, all’incontro dell’astronauta in metamorfosi con una bambina che vorrebbe giocare con lui. La scena è un chiaro omaggio al Frankenstein di James Whale, ma se lì il mostro, quasi per gioco, uccideva la bimba gettandola nel lago, qui il mutante si limita a strapparle la bambola di mano rompendola. Da una successiva ripresa in soggettiva, scopriamo che Caroon, o ciò in cui si è trasformato, si sta introducendo in uno zoo. Giunti sul posto, Quatermass, Lomax e Briscoe seguendo la scia di animali uccisi e una viscida traccia lasciata dalla creatura, trovano un frammento della stessa che, portata in laboratorio, divora alcune cavie, crescendo fino ad occupare tutta la teca che la contiene. Quatermass e Lomax la trovano poi morta sul pavimento, mentre cercava di raggiungere una vicina gabbia di topi: se un singolo frammento si è dimostrato così vorace e rapido nella crescita, come sarà l’essere da cui proviene? La risposta verrà data all’interno della suggestiva Abbazia di Westminster, in cui la creatura ormai enorme si è rifugiata su una impalcatura dopo aver ucciso un tecnico della televisione presente per girare un documentario in diretta. Sopraggiunto insieme a Quatermass, Briscoe si accorge con orrore che l’essere è in uno stato di torpore che precede l’inizio della riproduzione. Quatermass allora ha l’idea di imbrigliare l’impalcatura con dei cavi attraverso cui convogliare l’energia elettrica di tutta la città: ululando di dolore, avvolto da una fiammata, il mostro cessa di esistere. Ma se Lomax dichiara di aver pregato e di ritenersi più che soddisfatto del mondo in cui vi vive, Quatermass si allontana in silenzio nella notte, come un eroe sconfitto. L’ultima scena ci mostra il lancio di un nuovo razzo.

Ci sembrava doveroso, trattando dell’opera in questione, lasciare spazio agli eventi, ai personaggi, agli ambienti che danno corpo al racconto: infatti, a contatto con una narrazione così forte - narratologicamente parlando -, così onesta e diretta nel centrare i suoi obiettivi, un approccio “filologico” alla materia cinematografica risulta più produttivo di qualsiasi dissertazione ulteriore. Come dire, Quatermass è la sua storia: in essa, nel suo contenuto, sono rilevabili già molti dei tratti che lo rendono uno dei lavori più rappresentativi del suo tempo. Certo, lo stile e l’inventiva aderiscono e rilanciano magnificamente la vicenda. La pellicola sopperisce infatti la relativa povertà di mezzi - il mostro, nei primi piani finali, è realizzato con gomma e trippa, espediente utilizzato anche dal nostro Mario Bava per la realizzazione della creatura Caltiki nell’omonimo film di Riccardo Freda - con una regia efficace e d’atmosfera, servita da interpretazioni sempre puntuali: oltre che Brian Donlevy nel ruolo del protagonista, vale la pena ricordare Jack Warner nella parte di Lomax e l’incredibilmente espressivo Richard Wordsworth in quella di Caroon.
Lo scienziato tornerà l’anno successivo in Quatermass II , conosciuto in Italia come i Vampiri dello spazio, sempre con la regia di Val Guest e il collaudato volto di Donlevy. Il film esibisce il medesimo marchio di fabbrica del capostipite ma, pur forte di un soggetto notevole, rispetto al predecessore perde drasticamente in tensione narrativa e ispirazione registica (ma esibisce in compenso un notevolissimo “mostrone” finale). Toccherà all’onesto Roy Ward Baker risollevare le sorti della saga: il futuro regista del bellissimo il Marchio di Dracula ne prenderà il timone a ben 11 anni di distanza dall’esordio sul grande schermo: risultato, il suo Quatermass and the Pit si situa tra i grandi capolavori del genere, e a nostro parere supera per ritmo, efficacia narrativa e inquietanti sottotesti addirittura il primo episodio dell’epopea.
A dirla tutta, vi sarebbe anche una “puntata” conclusiva – giustamente intitolata the Quatermass conclusion, 1979 -, ma è un’opera apocrifa, talmente anonima e paradossalmente “sconclusionata” che parlarne rischierebbe di rovinarci il ricordo del nostro scienziato; merita invece attenzione, e molta, la terza e ultima delle sue pirotecniche avventure.

L’Astronave degli esseri perduti
Il 1967 è l’anno in cui negli USA esplode il successo (di pubblico e di una certa parte di critica) de il Pianeta delle scimmie e, proprio in Inghilterra, movimenti studenteschi protestano per l’aumento delle tasse universitarie per gli stranieri e per la guerra in Vietnam: in poche parole, il ’68 con tutti i suoi movimenti è sempre più vicino. In quel periodo di contestazioni e di grandi bagliori di fantascienza hollywoodiana, la Hammer Film fa uscire nei cinema inglesi Quatermass and the Pit, sempre tratto da un soggetto televisivo di Nigel Kneale, da noi conosciuto come l’Astronave degli esseri perduti. Se il timone registico passa a Ward Baker, come già ricordato, quello interpretativo va ad Andrew Keir, cui spetta l’ingrato compito di non far rimpiangere Donlevy. Il film, inoltre, viene girato nei classici e brillanti colori che contraddistinguono le produzioni Hammer.

Durante gli scavi per la costruzione della stazione di Hobbs End lungo la linea metropolitana di Londra vengono rinvenuti un teschio ed uno scheletro. Il dottor Roney e la sua assistente Judd convocano la stampa, nella speranza che, mostrando la ricostruzione dell’ominide di 5.000.000 di anni prima cui appartengono le ossa, riescano ad ottenere un blocco dei lavori. Nello stesso istante, una delle assistenti di Roney avvisa che, scavando nell’argilla, ha urtato quella che sembra una tubatura che però non dovrebbe trovarsi lì. Credendo che si tratti di una bomba inesplosa, viene convocato l’esercito, che inizia a fare sconcertanti scoperte: l’oggetto non è magnetico e non appare minimamente corroso dal tempo. Viene convocato il colonnello Breen, proprio mentre è impegnato in una discussione con il dottor Quatermass: il governo, infatti, vorrebbe usare il gruppo missilistico dello scienziato per scopi bellici, per la costruzione di basi militari sulla Luna e addirittura su Marte. Ovviamente Quatermass non è d’accordo ed esprime con la consueta cocciutaggine la sua avversione per le autorità e la solita idea che la scienza è al di sopra di tutto. La decisione è tuttavia ormai presa e Quatermass non può che accettare un invito a cena da Breen, il quale gli comunica che dovranno fermarsi prima a Hobbs End per vedere la bomba. Giunti sul posto, osservato l’oggetto dissepolto, Breen, nell’immensa ottusità che lo contraddistinguerà per tutto il film, liquida la faccenda affermando che si tratta di un’arma tedesca inesplosa. Vengono trovati altri resti e Quatermass intuisce e fa capire ad un eccitatissimo Roney che il teschio, essendo completamente intatto, non poteva già essere presente sul luogo dell’impatto, ma doveva trovarsi all’interno dello strano scafo. Un poliziotto, poi, conferma a Quatermass che le case sopra la stazione erano state abbandonate da prima dello scoppio della guerra a causa di potenti fenomeni paranormali. La signorina Judd fa notare a Quatermass che la grafia del nome della strada è stata cambiata da Hob’s in Hobbs (“Hob con una b era una specie di nomignolo del diavolo”). Il giorno seguente Quatermass va a trovare Roney al suo laboratorio, dove stanno sperimentando una macchina in grado di studiare le caratteristiche del cervello umano e gli impulsi dei pensieri. Judd mostra al buon dottore una serie di ritagli di giornale che parlano di manifestazioni paranormali nelle abitazioni di Hobbs Lane. Una in particolare tratta dell’apparizione del fantasma di un nano mostruoso. Nel frattempo l’oggetto è stato completamente liberato. Sotto gli occhi di Quatermass e di Breen, un soldato tenta inutilmente di intaccare lo scafo con la fiamma ossidrica, che non riesce nemmeno a scaldarne la superficie. Viene mostrato a Quatermass l’interno dell’oggetto che appare come uno scafo vuoto con una parete che separa un compartimento stagno e su cui sono incisi dei segni circolari disposti a pentacolo. Un soldato entrato per recuperare una pompa urla terrorizzato e afferma di aver visto lo spettro di uno storpio attraversare una parete, la figura di un nano mostruoso. Quatermass chiede a Breen di aspettare a perforare la parete interna dello scafo e, facendo altre ricerche, scopre che da sempre a Hobbs Lane si sono verificate apparizioni e strani rumori, in concomitanza con scavi effettuati nel corso degli anni. Tornato alla stazione, trova che Breen ha già convocato un tecnico con un trapano speciale per perforare la parete interna. Lo strumento, però, non riesce a scalfire la superficie ma provoca una strana vibrazione ed un rumore strano e fastidioso. All’arrivo di Roney e Judd, un foro sempra apparso sulla parete, un foro non provocato dal trapano. Sotto gli occhi degli scienziati la parete cede, rivelando delle celle che ospitano degli esseri che paiono locuste (Quatermass:“I demoni”) e che a contatto con l’aria iniziano immediatamente a decomporsi. Portati in laboratorio, Quatermass osserva che le creature, oltre ad avere l’aspetto degli antichi demoni dei ricordi atavici, hanno la struttura di esseri provenienti da un mondo a bassa gravità: forse Marte? Gli uomini scimmia ricostruiti a partire dai resti trovati agli scafi, mostrano dei crani molto sviluppati. Quatermass, poi, riesce a far infuriare il Ministro della Difesa mostrando le foto degli esseri alla stampa, secondo lui per evitare inutili speculazioni. Lo scienziato ritiene che la faccenda non riguardi la Difesa e ipotizza che 5 milioni di anni prima i marziani, vedendo il loro mondo morire, abbiano deciso di fondare una colonia sulla Terra. Non potendo però vivere nella nostra atmosfera, iniziarono a prelevare delle scimmie e modificarle: i risultati sarebbero gli uomini scimmia abnormi i cui resti si trovano agli scavi, ominidi dotati di nuove facoltà. Insomma, una nuova forma di colonizzazione. L’astronave deve essere precipitata ed alcuni uomini scimmia si sarebbero salvati. Da essi si sarebbe evoluta la razza umana, la cui esistenza, quindi, è dovuta all’intervento di esseri alieni. Ovviamente Breen non è d’accordo e ci ricorda ancora una volta la tipica ottusità dei militari liquidando il tutto come il prodotto della propaganda nazista. Vengono smentite le notizie date alla stampa da Quatermass e l’esercito lascia la stazione di Hobbs Lane. Il tecnico del trapano torna allo scafo a riprendere i propri attrezzi, mentre la signorina Judd recupera alcuni strumenti. All’interno della nave il tecnico viene aggredito da una forza misteriosa, gli oggetti iniziano a volteggiare, l’uomo fugge in strada all’apparenza succube di quella forza: ovunque passi, gli oggetti si scagliano in aria e tutto è scosso da un gran vento. Quatermass e Judd, chiamati da un prete, arrivano alla chiesa dove l’uomo si è rifugiato. Terrorizzato, racconta di essere fuggito da “loro”, gli artropodi, che lo inseguivano a centinaia, saltando contro un cielo nero e rosso. Quatermass allora ipotizza che lo scafo abbia risvegliato facoltà ancestrali come chiaroveggenza e telecinesi, sepolte in ogni uomo, il male che è dentro ognuno. Contattato il gruppo missili, il dottore chiede che gli vengano inviati alcuni strumenti, tra cui lo psico-tele-rivelatore (magnifico nome…) che unito all’apparecchio di Roney per studiare le caratteristiche del cervello, potrebbe consentire di vedere i pensieri ed i ricordi più nascosti, anche quelli atavici. Tornati a Hobbs Lane, la signorina Judd si mostra la più adatta ad essere collegata all’apparecchio. Le immagini registrate e mostrate a Breen e al ministro, fanno vedere centinai di artropodi che fuggono, esplosioni, corpi accatastati e sepolti. Quatermass le spiega come un massacro rituale effettuato per preservare una determinata stirpe ed impedirne le mutazioni, per far sì che sulla Terra si vivesse come su Marte. Il ricordo di questo massacro è insito nel genere umano e Quatermass teme che l’energia liberatasi dalla nave stia riportando ciò che accadde su Marte in piena Londra, stimolando un feroce odio razziale nei confronti dei “diversi”, di coloro che vorrebbero sfuggire al potere omologante di quella forza. Il ministro non è ovviamente d’accordo, crede che quanto si è visto sia solo la registrazione della fantasia suggestionata di Judd e decide di effettuare una trasmissione in diretta dalla stazione per tranquillizzare l’opinione pubblica. Alla stampa Breen può finalmente proporre la sua teoria dell’arma di propaganda nazista. Un tecnico che prepara i cavi elettrici per alimentare luci e telecamere all’interno dello scafo muore fulminato ed il cavo inizia ad alimentare la nave. All’improvviso un’esplosione, è il panico, le persone scappano, iniziano crolli, mentre l’astronave pulsa di luce e mostra un sistema venoso e uno strano suono si diffonde nell’aria. Quatermass e Judd fuggono, mentre Breen, attratto dallo scafo in trasformazione gli si accosta finendo bruciato vivo. L’astronave ha liberato l’energia assorbita da Londra e sta risvegliando l’impulso a preservare la specie: tutti sembrano impazziti, si scagliano gli uni contro gli altri, usano poteri mentali, ripetendo il massacro già avvenuto su Marte. I diversi devono essere distrutti. Solo pochi sembrano immuni, tra cui Roney che provvede a riportare in sé Quatermass. Il terreno si apre, una forma demoniaca si staglia gigantesca e luminosa contro il cielo notturno di Londra: è la causa di tutto, l’essenza del male in cui si è trasformato lo scafo, massa in energia. Roney capisce che bisogna usare un grosso oggetto metallico per scaricare a terra l’energia che ha preso la forma demoniaca e una gru nelle vicinanze pare essere l’ideale. Judd, sottomessa alla forza, tenta di fermarli e quindi Quatermass la tiene a bada e la stordisce con un pugno mentre Roney si arrampica sulla gru. Lo scienziato, giunto in cima, riesce a far spostare la gru, anche perché la base va in frantumi, e precipita direttamente contro la forma luminosa. Quatermass assiste impotente all’esplosione ed al crollo della gru in fiamme: Roney si è sacrificato per la salvezza degli uomini. L’ultima immagine ci mostra Quatermass e Judd sfiniti sullo sfondo di Londra distrutta.

Il cambio di regia e di interpreti (e complice il colore) pesa notevolmente sull’atmosfera del film ambientato a Hobbs Lane (ricordiamo che John Carpenter chiamerà il villaggio del suo il Seme della follia Hobbs End, come era nella sceneggiatura della versione televisiva del ’59), da più parti criticato in quanto Quatermass sembra comportarsi più da stregone che da scienziato. In realtà, bisogna tener presente il fatto che è passato ormai un decennio dal primo film, e il contesto storico è affatto differente. Quatermass è infatti sempre pronto a mettere la scienza al di sopra di tutto, ma in questa occasione la infarcisce di connotati paranormali che in realtà dovrebbero contrastare con la sua visione del mondo. Il finale del film, comunque, pare dare ragione al buon dottore: uno scienziato si sacrifica per sconfiggere il male, come a dire che la scienza ancora una volta prevale sulla superstizione. Keir dona allo spettatore un Quatermass meno freddo del suo predecessore Donlevy ma sempre pronto a scontrarsi con l’autorità costituita. E qui ci appare in tutto e per tutto il background culturale dell’epoca, con i giovani studenti che, come ricordato all’inizio, protestavano per i diritti civili, contro la guerra (la figura dell’ottuso colonnello Breen è ideale per mostrare l’avversione ai militari dilagante in quegli anni a causa del Vietnam). Non si può non notare come il film non abbia un “vero” happy-end: uno dei protagonisti muore eroicamente, cosa assolutamente impensabile, in quegli anni, nei film di genere provenienti dagli USA e questo è un altro aspetto che da sempre differenzia la produzione inglese da quella dei cugini americani. In chiusura, una nota per chi avesse ancora dubbi sull’attualità di visione di alcuni di questi indiscutibili classici di pura “science-fiction”: poco prima del finale, in un pub tre persone si apprestano a seguire la diretta televisiva da Hobbs Lane, pur trovandosi a poca distanza dalla stazione stessa. Uno dei tre, sapidamente, commenta: “Oggi la gente non crede a nulla se non lo vede alla TV”…