Wanted: Sam Peckinpah
Qualcuno bussò alla locanda di Tito
di Esteban Lola

 
  id., Slovenia, 1999
di Igor Pedicek, documentario

La frontiera di Peckinpah si sposta in Europa.
La Yugoslavia di quegli anni era ancora stretta nelle forti braccia del Maresciallo, quel Tito che, pur invecchiando, sorvegliava ancora con la sua autorità un paese destinato a rivivere presto il suo passato di lacerazioni e cruente battaglie; il monumento vivente del comunismo yugoslavo si sarebbe poi spento nel 1980, a Lubiana. Ma l'anno che a noi interessa è il 1976; quell'anno, proprio in terra slovena, futuro letto di morte del Maresciallo, venne dall'ovest un tale di nome Peckinpah, quasi a fiutare l'odore di un sangue a venire. Il suo obiettivo era in realtà raccontare alla sua maniera le violenze di altri luoghi e di altri tempi. Un talento unico, da sempre abituato a reinventare i generi per fare emergere i lati più scuri e spigolosi dell'animo umano, stava per creare the Cross of iron, la Croce di ferro: il fronte russo e la disfatta della Wehrmacht ricreati nei Balcani, su misura per un film bellico destinato a turbare non poco le coscienze. Perché il miracolo fosse completo serviva che la squadra fosse di prim'ordine. Peckinpah si portò dietro un pezzo di storia del cinema. Riviviamo l'evento nelle parole di un giornalista del posto, Crt Kanoni: "All'improvviso... vediamo, allora ero un ragazzetto di 24 anni, mi sono ritrovato lì, in mezzo a quella Portorose mondana, Senta Berger andava in su, lungo la Riva, dall'altra parte James Coburn, sulla spiaggia James Mason... Erano il fior fiore per quell'epoca". Noi aggiungiamo, e non solo per dovere di cronaca, le presenze di Maximilian Schell e David Warner. La straordinaria esperienza di Kanoni, al pari di quelle vissute da assistenti, attori e attrici della troupe yugoslava, si è rivelata a noi attraverso un sorprendente documentario sloveno, realizzato pochi anni fa rintracciando i protagonisti europei di quell'impresa. Ringraziamo per questa scoperta il cineclub Detour, che generosamente proiettò Wanted: Sam Peckinpah in lingua originale; la comprensibilità del lavoro diretto da Igor Pedicek venne assicurata, fornendo agli spettatori una traduzione scritta dei diversi interventi raccolti dal regista. Quelle facce e quelle parole testimoniano innanzitutto di uno stupore, di una curiosità rimasta viva negli anni per quell'arrivo denso di significato. Artista di frontiera, il regista americano si portava appresso un' indole selvaggia e un pensiero cinematografico dalla fisionomia inconfondibile; ed era al tempo stesso un altro volto di quell'ovest che, parlando il linguaggio del rock e del grande cinema, sapeva come rendersi interessante anche agli occhi degli slavi del sud. Ci piace immaginare un Kusturica, al'epoca poco più che ventenne, in palpitante attesa di notizie provenienti dal set di quella produzione internazionale; nel frattempo può darsi che si esercitasse suonando con gli amici in qualche scantinato, o che pensasse alla realizzazione di uno dei suoi primi cortometraggi. Per non annoiare gratuitamente rinunciamo subito alle fantasie, accontentandoci dei ricordi di quelli che sul set c'erano veramente: "...e ho visto il signor Sam Peckinpah andare in giro per il bunker e tastare le pareti, il tavolo, poi si è piegato ed ha accarezzato il pavimento, l'acqua che scorreva, il fango che si era raccolto ed ha detto: "Bisogna amare tutto del film, altrimenti il film non può esistere. È tutto qui" ". Questo è impresso nella memoria dell'attore Brane Grubar, mentre un altro degli interpreti sloveni dice: "Dunque, abbiamo girato in un bunker, fatto come... sì, insomma un bunker fatto come un bunker, mi sembra poggiasse su dei pneumatici. Tutt'intorno alcuni operatori di quando in quando scuotevano la costruzione con delle leve". Interviene ancora sull'argomento Brane Grubar: "Lungo le pareti scorreva dell'acqua, entrava polvere, era un vero inferno". Scorrono nel documentario alcune scene del film, scene di attese spossanti e di scontri furibondi ripresi all'interno e all'esterno di quei bunker, infernale creazione di Peckinpah.
Il documentario di Pedicek rievoca gli scenari fatti costruire con grande realismo dal cineasta americano, ma ci guida anche attraverso i luoghi della costa adriatica scelti per far rivivere la ritirata dell'esercito tedesco nella Crimea del 1943.
Ci conferma il regista Peter Zobec, in quell'occasione assistente di Peckinpah: "Perché abbiamo girato in Slovenia? Perché l'Istria e quella parte della Slovenia sono molto simili a Krimml, dove si svolge la storia. Così, nel 1976 abbiamo girato qui, nel 1987 invece io sono andato a girare direttamente a Krimml, lì ci sono tanti alberghi di quel tipo. E così, guardando dalla finestra della mia stanza d'albergo ho notato che sembra davvero il Golfo del Quarnero". L'Istria, la Slovenia, sono già ai nostri occhi un'appendice della Crimea in fiamme: il monumentale albergo con vista sull'Adriatico, pronto per l'ennesima stagione turistica, divenne quindi un ospedale militare tedesco.
Troppo tempo ci vorrebbe, per trarre un bilancio delle diverse impressioni suggerite dal comportamento di Peckinpah ai singoli componenti della troupe. L'ammirazione si sovrappone alla paura, i modi lunatici e talvolta isterici del regista si alternano a momenti caratterizzati da cameratismo e cordialità. "Ho avuto l'impressione che fosse un adulatore delle donne", afferma l'attrice Vida Jerman. Anche il discusso capitolo del rapporto di Peckinpah con l'universo femminile si arricchisce di curiose rivelazioni.
Si arriva in ogni caso al momento della partenza. Sembra che Peckinpah, quasi ad esorcizzare la fine delle riprese e il distacco dal set, abbia promesso a parecchi un futuro accanto a lui, come interpreti di film western negli Stati Uniti; tornato in America, ovviamente, avrebbe avuto altro a cui pensare.
Il passaggio della cometa viene ricordato così da Peter Zobec: "Sam Peckinpah se ne è andato. Senza nessuno al seguito, senza mai tornare. Con lui se n'è andata anche la produzione cinematografica slovena. L'anno successivo nei cinema è arrivato Guerre Stellari. Siamo andati tutti nello spazio. Tutti abbiamo messo piede sulla luna. Le guerre non sono ancora finite. Pooh ha sempre detto che se nella vita ti perdi Sam Peckinpah, allora non sai come vanno le cose. Pooh è scomparso nel 1984. "Anche Sam Peckinpah è scomparso", mi aveva detto Zoki la settimana precedente al funerale".
L'ultima parola spetta ad uno dei produttori, Brana Srdic; si congeda mostrandoci un piccolo cimelio: "Portava un paio d'occhiali.... Alla fine me li ha regalati".

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