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Francia, 2001 di Claire Denis, con Valérie Lemercier, Vincent Lindon Un eterno presente è ciò che Claire Denis mette in scena in Vendredi soir (presentato a Venezia 59). Un eterno presente che fa a meno di un passato, pur breve, o di un semplice accenno al domani. In tempo reale seguiamo, intrappolati in una macchina da uno dei tanti scioperi che paralizzano Parigi, la gestualità ridotta al minimo di Laure (Valérie Lemercier), intenti a carpire attraverso una caméra stylo i tanti dettagli di cui l'opera della regista francese è solitamente colma: un trasloco, un etereo compagno, una possibile cena da amici. Laure è persa, bloccata nelle strade di un'immobile Parigi che non può attraversare, e bloccata in movimenti quasi intimiditi. Gli stessi gesti, irrealmente contenuti, non lasciano intuire ciò che già le parole non hanno intenzione di narrare. Dialogo ridotto all'essenziale (la scelta narrativa della macchina ferma in un traffico paralizzato è l'espediente migliore per negare alla donna qualsiasi contatto); una figura evanescente che tenta di muoversi nella propria città come farebbe un turista e che ha il coraggio di compiere quell'unico atto che renderà la sua serata (vita?, non possiamo immaginarlo) così sconvolgente. Eppure è proprio questo semplice atto - lasciare entrare uno sconosciuto nella macchina - ad avvenire senza un motivo e proprio a questo atto non riusciamo a dare un posto. Laure non diviene personaggio perché non ha un passato o un presente che le appartenga, perché sembra non avere alcun desiderio o pulsione e perché nessun atto che compie proviene da una scelta: è una voce alla radio a consigliarle di dare un passaggio in macchina ai pedoni. Laure lascia accadere; si lascia accadere. L'unico atto decisivo della protagonista è seguire il consiglio di una voce via etere, senza prevederlo e quasi senza volerlo. Un'atmosfera di attesa mai risolta: ecco ciò che Claire Denis si limita a creare, attraverso una serie di piccoli e irrisolti dettagli a formare appunti sparsi. E la stessa seconda parte del film, che dovrebbe contenere lo sviluppo della lunga fase preparatoria iniziale, si risolve solamente in deboli accenni di pulsioni, attimi non portati a conclusione. I dettagli del corpo e della pelle dell'uomo e della donna riempiono lo schermo, fastidiosi perché sfruttati oltre il dovuto, e senza riuscire a rivelare, se non l'atono personaggio, almeno una sua possibile e improvvisa apertura al mondo, condannando la pellicola alla semplicistica "storia di un adulterio borghese". |