Thank You for Smoking

Storia di un venditore di fumo
di Piero D’Ascanio

 
  Id., Usa, 2006
di Jason Reitman, con Aaron Eckhart, Cameron Bright, Katie Holmes, Maria Bello, Adam Brody


E’ la prima vera perla d’inizio stagione, questo Thank You for Smoking, commedia al vetriolo scritta e diretta dal men che trentenne figlio di Ivan Reitman, Jason, qui al suo esordio cinematografico.
Tratta dal romanzo di Christopher Buckley, l’opera riporta alla mente la cattiveria del primo Neil LaBute - del resto è da lì che viene il protagonista Aaron Eckhart - oltre che i prodotti più intelligenti e corrosivi dell’ultima commedia made in USA, primo fra tutti il recente American Dreamz: pellicole, questa di Reitman e quella di Weitz, che testimoniano una volta di più come il cinema americano riesca con naturalezza a fondare la propria riuscita commerciale – oltre che artistica - anche sulla messa alla berlina della cultura e dell’ideologia dominanti.
Il protagonista del film è Nick Naylor, il campione dei “lobbisti”: rappresentante mediatico dell’Accademia degli Studi sul Tabacco, facoltà di ricercatori istituita dalla multinazionale Big Tobacco, egli è la persona in grado di volgere l’opinione pubblica in favore dei fumatori, nonostante il lavoro delle società che studiano gli effetti dannosi della dipendenza. Uomo-immagine della Big Tobacco, è ora di fronte ad un doppio compito: aumentare le vendite di sigarette, proprio nel momento in cui il senatore del Vermont Finisterre intraprende un’isterica crociata contro l’industria del fumo; e farlo tentando di essere comunque un modello di moralità per il figlio dodicenne, impressionato dal suo carisma pubblico.
Il soggetto è tipicamente “americano”: a lottare tra di loro sono sempre la dimensione pubblica e quella privata, la realizzazione nella società e quella parallela in ambito familiare; nel caso del nostro protagonista, quindi, il proposito di essere un buon padre, compito tanto più spinoso quando per mestiere ci si ritrova a dover far passare per verità le proprie menzogne.
L’arma vincente di Reitman sta sicuramente nel disegno dei personaggi e nel ritmo quasi da “pochade” che infonde ad una narrazione ricca di situazioni paradossali, quando non surreali. Nick Naylor, a tagliarlo con l’accetta, è un personaggio negativo, ma l’approccio del regista è assolutamente affettuoso, e nel giro di due scene il faccione di Eckhart ha già conquistato lo spettatore; tanto più che Reitman lo rende in più di un’occasione vittima della sua dabbenaggine – si pensi al raggiro subito dall’ambiziosa giornalista interpretata da Katie Holmes – e moltiplica le situazioni in cui si trova insieme al figlio, vale a dire i momenti in cui Nick porta a galla le sue debolezze e la sua umanità di genitore in crisi. Ma nonostante tali parentesi, il film non va mai nella direzione dell’“operetta morale”; e questo grazie alla fantasia dell’autore nel rappresentare le situazioni, quasi sempre condotte con un piglio divertito e tendente al paradosso: basti citare, una per tutte, la riuscitissima scena dell’incontro con il produttore Rob Lowe, in cui il realismo non viene mai nemmeno sfiorato, a favore dell’effetto straniante.
Il tutto condito con i gustosissimi intermezzi dedicati agli incontri settimanali di Nick con i suoi migliori amici, gli altri due “mercanti di morte”, come amano autodefinirsi: le azzeccate caratterizzazioni di Maria Bello e David Koechner, interpreti dei principali esponenti del commercio d’alcol e di armi, non fanno che arricchire e variegare la cifra stilistica di un’opera intelligente e affilata, che segna un’esordio ragguardevole. Del resto, “talis pater….”.