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la Terza madre
Italia, 2007
di Dario Argento, con Asia Argento, Moran Atias, Valeria Cavalli, Philippe Leroy, Daria Nicolodi, Udo Kier

Il tempo si è fermato
recensione di Stefania Leo



Un’antica urna incatenata ad una bara viene rinvenuta per caso e dissotterrata da alcuni operai lungo la strada che limita il cimitero di Viterbo. Essa contiene una misteriosa tunica e tre statuine di creta. Un’ancestrale maledizione sta per tornare su Roma: l’ultima delle tre madri, Mater Lacrimarum (Moran Atias), sta per tornare.
Con la Terza madre Dario Argento sigla l’ultimo capitolo della saga iniziata con Suspiria (1977) e Inferno (1980), dimostrando un instancabile attaccamento ad uno stile cinematografico ormai consegnato agli annali. Se pur è vero che i precedenti capitoli hanno sconvolto la critica e il pubblico dal punto di vista narrativo e cinematografico, la Terza madre appare una chiusura assai grottesca per una storia e uno stile che hanno rivoluzionato le paure del pubblico.
Una sempre pessima Asia Argento impersona la protagonista, Sarah Mandy, giovane studiosa di restauro e collaboratrice, oltre che compagna, di Michael Pierce (Adam James), curatore del Museo di Arte Antica di Roma. Coinvolti in un’escalation di violenza che si dipana per le strade di una capitale tragica e bellissima ad un ritmo sempre più frenetico, Sarah fa alcune scoperte su di sé che portano alla veloce risoluzione di una sceneggiatura priva di naturalità nello sviluppo dei personaggi. Nell’ordine: Sarah scopre di essere a) figlia di una strega bianca, b) una strega bianca ella stessa, c) un catalizzatore di disgrazie. Tutti intorno a lei muoiono nel tentativo di ucciderla per conto di Mater Lacrimarum che la sta cercando. Aiutata dallo spirito della madre e da un importante studioso di esoterismo, Guglielmo De Witt (Philippe Leroy) e dall’aitante commissario Enzo Marchi (Cristian Solimeno), capisce di essere investita di un’importante missione e decide di affrontare la strega a mani nude e senza alcuna concezione dei propri poteri.
Asia Argento dà il meglio di sé nell’unica scena di nudo decente girata da papà Argento che, amandola molto, la ritrae in alcuni splendidi minuti sotto una doccia calda. Le orge annunciate e la violenza di cui si sentiva parlare da giorni, l’indomani della proiezione alla Festa del Cinema di Roma, si sono rivelati stupidi rumors messi in giro dai soliti ignoti interessati a pompare le aspettative del pubblico e, conseguentemente, i guadagni della famiglia Argento. Mentre non si ha ancora conferma di eventuali tagli alla versione originale proiettata durante il Toronto Film Festival.
La storia si avvale della violenza nonsense come motivo in crescendo verso l’inevitabile caduta di Mater Lacrimarum, escamotage narrativo utilizzato peraltro anche in Inferno. Tuttavia non appare questo l’unico elemento non collegato della sceneggiatura. Emblematico è infatti il finale.
Irritante, noioso, un inutile dispendio di intestini e sugo di pomodoro.
Il tempo del cinema di Dario Argento si è fermato, per il pubblico ha continuato a scorrere e questi 95 minuti segnano senza dubbio un ulteriore momento di imbarazzo per il cinema italiano contemporaneo.