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Id., Spagna, 2002 di Chus Gutiérrez, con Cuca Escribano, José Coronado, Antonio Dechent, Mariola Fuentes Dopo la morte del padre e molti anni di assenza, Lucía, giovane maestra di Madrid, torna con la figlia al paese della sua famiglia, dove riprende il lavoro del genitore: coltivatore di frutta. L'economia del paese, basata su questo tipo di attività, si regge sulla manodopera immigrata, prevalentemente marocchina, che comincia ad organizzarsi contro la politica padronale di sfruttamento. Lucía si trova al centro di queste lotte, intrecciate a drammi familiari dei gruppi di potere che controllano l'economia del luogo, e alla nascita di una storia d'amore con Curro, l'amministratore della sua serra. Il dramma sotterraneo che ammanta le storie d'amore e di sopravvivenza di Poniente è il ritrovamento, la perdita o la mancanza di radici: Lucía rientra nel paese della sua famiglia, staccandosi dalla città per tornare al passato, col quale comunque ha un rapporto tutto da ricostruire; Curro ha vissuto per molto tempo in Svizzera, perdendo il senso di appartenenza al paese in cui è nato; i coltivatori marocchini hanno fatto la scelta radicale dell'immigrazione, e hanno problemi ad essere accettati e ad accettare la Spagna come nuova casa. La stessa terra coltivata, avvolta nella plastica delle serre, è un luogo irreale, dove la temperatura atmosferica e quella dei rapporti sociali e di lavoro è alterata artificialmente e sconvolge equilibri con modalità difficilmente controllabili. Grazie ad una struttura drammatica basata su di uno splendido lavoro di scrittura di personaggi, la regista Chus Gutiérrez riesce a tessere un intenso dramma sociale che parla di identità, appartenenza e legami familiari utilizzando una cifra decisamente lontana dal realismo estenuante del modello Loach, per parlare con la lingua del melodramma e della tragedia. Gutiérrez smette l'estetica del dramma sociale da teleobiettivo che osserva da lontano luoghi e personaggi, e utilizza una mdp che li guarda invece sempre da poche spanne e ne accarezza le vicende con semplice e vibrante sensualità, sentendosi completamente partecipe del loro mondo. Tanto da ottenere anche un prezioso ed emblematico momento di forte erotismo cinematografico, l'episodio in cui Lucía e Curro svelano fisicamente la loro attrazione reciproca, la cui naturalezza e realismo colpisce senza bisogno di avere una qualità documentaria o, al contrario, svelare la mano di una messa in scena voyeuristica. La storia d'amore personale di due profughi nella loro stessa terra diventa istantaneamente il centro emotivo dell'intera vicenda, affermando la necessità disperata del sentimento come obiettivo di quella ricerca di appartenenza ad un luogo che in fondo non è altro che la ricerca di appartenenza a persone, la necessita di crearsi forti legami. Poniente (presentato a Venezia 59)ha una carica di spontaneità che un racconto può conseguire solo attraverso una costruzione seria e sorvegliatissima: la regia è completamente a servizio di questo intento, e si asciuga di ogni forte connotazione stilistica per seguire con scrupolo la vicenda e i sentimenti dei personaggi, cesellandone la precisione e il realismo di scrittura ed illustrandone il dramma con estrema partecipazione. |