Ovunque sei

Fuori dal mondo
di Giulio Frafuso


Venezia 61 - 2004
  Italia, 2004
di Michele Placido, con Stefano Accorsi, Violante Placido, Stefano Dionisi, Barbora Bobulova.


Oltre che essere stato uno degli attori più impegnati e riconosciuti del cinema italiano degli ultimi trent’anni, Michele Placido può vantare anche una carriera da regista di tutto rispetto; opere di sincera tensione civile, oppure di lucida e mai conciliata indagine sociale, hanno contraddistinto la sua carriera dietro la macchina da presa, iniziata all’incirca verso l’inizio degli anni ’90. Dal doloroso Le amiche del cuore a Un eroe borghese, passando per l’autobiografico Del perduto amore, i film di Placido hanno sempre restituito al pubblico una vena di sincerità ed impegno che ne hanno sempre decretato un buon successo artistico. La svolta nella cine-biografia dell’attore/autore si è avuta quando si è cimentato con la storia d’amore Dino Campana/Sibilla Aleramo ne Un viaggio chiamato amore, lungometraggio squilibrato ma denso nella resa estetica e nell’interpretazione degli attori; se dunque il precedente tentativo di confrontarsi con un caposaldo della cultura italiana del ‘900 ha mostrato seppur lievemente i difetti e le imprecisioni di Placido quando lascia il terreno a lui più congegnale dell’adesione alla storia e alla realtà socio-politica del nostro paese, la vera “frittata” arriva con questo Ovunque sei, tremendo pasticcio che vorrebbe trasportare echi pirandelliani e finisce invece per rimandare direttamente (e, ahinoi, involontariamente) ai film più ridanciani – ma assolutamente più maturi – dei Monty Phyton. Finché nei primi venti minuti la storia si mantiene sul binario della logicità e traccia il set-up di quattro personaggi e delle loro travagliate vicende sentimentali, tutto sembra filare almeno in una direzione precisa: un melodramma borghese non particolarmente interessante ma almeno onesto, anche se incomprensibilmente sotto-illuminato dal sempre bravo Luca Bigazzi, che manterrà questa scioccante linea estetica per tutto il film, rendendolo ancora più irritante di quanto non bastasse. Quando però accade la svolta narrativa che cambia i rapporti tra i quattro, e la storia si sviluppa fino all’inevitabile, becero finale, ecco che regia, attori, sceneggiatura e soprattutto dialoghi iniziano un percorso di auto-mortificazione dai risvolti inquietanti, arrivando a punte di comicità involontaria addirittura paradossali. Se la coppia Dionisi/Bobulova si presenta subito come il duo più triste che il nostro cinema ha visto di recente, anche peggio riescono a fare Accorsi e Violante Placido, incatenati in ruoli tremendi ed incapaci (soprattutto lei) ad imprimere almeno un loro marchio di interpreti. Ovunque sei si trascina dunque per un’ora e venti in mezzo a risate e schiamazzi piuttosto roboanti (questo alla proiezione veneziana in Sala Perla), e giunge ad una conclusione annunciata quanto poco interessante, che accontenta gli spettatori soltanto perché appunto porta a termine la pellicola. Sinceramente spiazzante e sconfortante la giustificazione dell’insuccesso da parte di Placido padre, che in conferenza stampa ha neanche velatamente accusato gli sceneggiatori di aver scritto un pastrocchio da cui non è riuscito a tirare fuori il film che voleva. A parte il fatto che nella lista degli sceneggiatori figura anche il suo, ma che film voleva fare poi? Aspettiamo trepidanti Romanzo criminale, un terreno in cui siamo sicuri il cineasta sa muoversi meglio.