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Facciamo una premessa. Gli action
movie ci piacciono. Ci piace vedere esplosioni, scazzottate, inseguimenti
e sparatorie con o senza carneficina annessa. È cinema di genere
che ci ha regalato momenti memorabili, soprattutto negli ultimi anni
con furbacchioni alla John Woo e con le scene dedicate di Matrix
& co. Ora, molti film dazione recenti sono tratti da videogames.
E questo pure ci piace, perché ci restituisce un immaginario
visivo (e spesso visionario) che in molti casi non è niente male.
Daltronde, se non ci sono idee nuove ben venga ricorrere alla
crossmedialità, ovvero al legittimo saccheggio degli altri mezzi
di comunicazione e di entertainment. Premessa fatta. Veniamo a Hitman - Lassassino, coproduzione franco-statunitense girata tra Istanbul, Africa e Russia e infarcita di illustri sconosciuti, facendo parziale eccezione per Timothy Olyphant (il cattivo dellultimo Die Hard - Vivere o morire , un incrocio vivente tra Vin Diesel e Andry Shevchenko) e Ulrich Thomsen (uno dei protagonisti di Festen, qui difficilissimo da riconoscere visto che è sontuosamente ingrassato). Il film sembra fatto apposta per creare difficoltà allincolpevole spettatore. La prima angustia è la storia, che invece in una pellicola di genere dovrebbe essere comprensibile e funzionale al godimento delle efferatezze sopraindicate. Di questa si riesce a capire qualcosa soltanto a posteriori, previo consulto con tutti gli altri spettatori. In pratica, se abbiamo capito bene, un killer dal nome agente 47, così chiamato per le ultime due cifre del codice a barre tatuato sulla sua nuca (il massimo, in effetti, per passare inosservati), viene addestrato sin da tenera età a sterminare essere umani (e non) per conto di una fantomatica Organizzazione che lavora per conto di governi e dittatori sanguinari. LInterpol gli dà la caccia per mare e monti, ma non riesce mai a beccarlo perché il Nostro sa il fatto suo. E fin qui ci siamo. Poi, per citare Gianni Bella, allimprovviso lincoscienza. Gli viene detto di uccidere un capo di stato della Russia post-sovietica. Lui esegue ma, ahimè, dopo unora la tv annuncia che il suo obiettivo è ancora vivo e quindi non può ricevere il suo onesto stipendio. In realtà quello che lui vede al tg è solo un sosia (prima regola del manuale di sceneggiatura cinematografica: per motivi che è inutile spiegare, mai utilizzare i sosia, a meno che si tratti della trasposizione cinematografica de Il sosia di Dostoevsky) e la conferma gli viene da una presunta testimone oculare dellattentato. Secondo i mandanti, la donna (una clamorosa attrice-gnocca ucraina, che Dio benedica lei e la sua gloriosa patria) avrebbe visto tutto, assassino compreso, e invece non ha visto nulla, perché quando lui la incrocia per strada lei dimostra di non averlo mai conosciuto prima. Complotto: i mandanti hanno messo in mezzo sia la donna che il killer. Che è un po come un film sulla mafia in cui Provenzano e Riina, anzichè prendersela con magistrati e poliziotti, se la prendono con i picciotti che vanno a fare gli omicidi e le estorsioni. Il buon agente 47, a questo punto, prende sotto le sue amorevoli cure la donna (e, udite udite, non ci prova neanche), si ricorda di avere un cuore e unumanità e decide di uscire di scena senza fare rumore. Come? Uccidendo una miriade di persone ai quattro angoli dellUniverso. Come a dire, voglio iniziare una vita normale ma prima devo togliermi qualche sassolino dalla scarpa. A questo punto, capire per quale motivo il nostro invisibile agente deve muoversi come un dannato per mezzo mondo per poter uccidere le stesse persone che potrebbe incontrare in patria (in questo caso, la Russia) diventa impresa fuori dumana speranza. Ricostruire il percorso che lo porta a farsi aiutare dalla Cia per sfuggire allInterpol è roba da cervelloni: chi scrive non ci è riuscito. Un guazzabuglio, insomma, per coprire laltro grande limite del film, cioè le scene dazione, quelle che dovrebbero essere il piatto forte. Tutto già visto, prevedibile. Una bolsa macedonia di fughe alla James Bond e ralenti volanti alla Matrix. Niente per cui valga la pena spendere i soldi del biglietto, a meno che non si gradisca rivedere allinfinito cose già viste. Una piccola chicca da salvare: lassassino passa davanti a due ragazzini che giocano al videogame di Hitman. Scena metamediatica, chapeau. Peccato che sia lunica. |