Die Hard 4 è
una buona riuscita perché ci restiruisce innanzi tutto due ore
in più con un personaggio che sembrava andato in pensione da
Hollywood. Bruce Willis rientra comodamente nelle scarpe di del suo
personaggio più celebre per lennesima missione di salvataggio
che ci regala nuove e coinvolgenti emozioni. Il detective John McClane
non smette mai di stupire e questa pellicola è una chiara testimonianza
di ciò. Questa volta non si trova di fronte a dirottatori di
aerei e neppure a una festa di Natale in un grattacelo, anche le mode
terroristiche sono soggette a cambiamenti; infatti a minacciare la quiete
pubblica è un gruppo di cattivi che si sono addentrati nei computer
più importanti dAmerica. Die Hard, anche
nelle precedenti edizioni, non ha mai segnato lattenzione degli
spettatori con dialoghi introspettivi e messaggi etici, non è
il suo genere: è infatti un film dazione, e, nel caso specifico,
è al contempo uniniezione di adrenalina. Nel suo genere
è un buon film, coinvolgente e non banale, con effetti speciali
mozzafiato e un Bruce Willlis in perfetta forma: 12 anni non sembrano
passati se non si facesse caso a qualche ruga. Linizio della pellicola non è esaltante, con un detective McClane che spia un appuntamento della figlia Lucy (Mary Elizabeth Winstead), una scena che può destare unimmediata delusione per gli euro di cui ci si è privati per accedere alla poltrona. Ma superati questi primi minuti, il resto della storia è mirabile. In seguito a un blocco dei sistemi operativi che mette a rischio la sicurezza nazionale, McClane è chiamato in causa per scortare un hacker dal New Jersey a Washington D.C., una cosa abbastanza nella norma, se non fosse che lhacker, Matthew Farrell (Justin Long), un po imbranato e abbastanza ingenuo, è inseguito dai soliti loschi iper-armati che lo vogliono eliminare. Da qui in poi il nostro detective andrà sempre più in fondo fino a confrontarsi con il cattivo di turno. Di caratteristico nel confronto con il passato notiamo subito un McClane più pudico nel linguaggio - non a caso il cinema sta riscrivendo la figura dei duri che appaiono sempre meno volgari, un passo indietro verso lo stereotipo degli anni 50-60. Il regista Len Wiseman è riuscito a coagulare un modello che nel 1988 recepiva le istanze di un determinato modo di fare cinema con il nostro modo di vivere il cinema, che ha parametri e esigenze diverse. Sicuramente il miglior collante è stato Bruce Willlis, ma anche la trama e gli effetti speciali sembrano aver ridato giovinezza ad un classico del cinema dazione. Ad un certo punto della pellicola McClane dice: Sono troppo vecchio per saltare fuori dalle macchine; forse è un addio, ma di certo non gli auguriamo di finire come Stallone nel suo ultimo Rocky Balboa. |