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id., Italia, 2005
di Carlo A. Sigon, con Claudio Bisio, Stefania Rocca, Ernest Borgnine, Antonio Catania
Sandrone è pelato, ha gli occhiali e una quarantina d’anni sulle spalle. Sandrone fuma le sigarette e qualche spinello con i vecchi amici dei centri sociali. Sandrone fa il gorilla di mestiere e Gorilla di soprannome. Quando Sandrone si addormenta, ad aprire gli occhi qualche istante dopo è il suo Socio, lucido, efficace e particolarmente stronzo, senza occhiali e sigaretta tra le labbra. I due dividono lo stesso corpo da quando Sandrone aveva sei anni. Appena rimessosi dallo scontro con Testa di Cane, che quasi lo faceva fuori, Sandrone accetta di tornare nella natia Cremona per fare da balia ad un vecchio attore americano di telefilm western per una ditta di videogiochi. Ma la sua strada incrocia quella di Vera, figa, simpatica e impegnata in un centro di accoglienza per albanesi. E quando Adrian, l’amante di Vera, sarà ritrovato morto, la ragazza chiederà al Gorilla di scoprire i veri colpevoli.
L’adattamento del romanzo di Sandrone Dazieri è il secondo lavoro noir della Colorado dopo il poco riuscito Quo Vadis, Baby? di Salvatores, e ne è decisamente superiore, anche grazie all’atmosfera meno seriosa, al protagonista più originale e soprattutto alla regia moderna, ma adatta alla materia dell’esordiente Carlo Sigon, che nel non riuscitissimo finale si regala anche una citazione agli spaghetti western di Leone. A curare la sceneggiatura, lo stesso scrittore, che sacrificando però una sottotrama che nel libro funzionava da “red herring”, da diversivo per lo spettatore, semplifica eccessivamente la trama gialla e rende palese il colpevole fin dalla sua apparizione. Maggiore spazio viene invece dato alla personalità multipla del protagonista, che sulla carta era resa in maniera più sottile ma decisamente letteraria. Si è invece cercato di salvare quanto più possibile l’altra caratteristica peculiare del personaggio, la sua ex appartenenza a gruppi della sinistra dei centri sociali, qui rappresentata dal personaggio di Gigio Alberti, Alex l’esperto informatico post hippy, e lo scontro con la realtà piccolo borghese e destrorsa di una provincia del nord come può essere Cremona, costretta a convivere con l’immigrazione dall’est e in particolare dall’Albania.
Claudio Bisio, che a detta dello scrittore è la perfetta incarnazione del Gorilla di carta, si trova evidentemente a suo agio quando i toni sono più vicini a quelli della commedia, come nei duetti con la vecchia star interpretata dal premio Oscar Ernest Borgnine, ma la sua recitazione risente della poca dimestichezza con gli altri registri e la voce narrante, tipico elemento del noir letterario e cinematografico d’oltreoceano, risulta improbabile con il tono di voce utilizzato dal presentatore di Zelig. E anche la Rocca nel ruolo di Vera, non sembra sforzarsi più di tanto a spingere la caratterizzazione del personaggio lontano dalle sue corde.
A dipingere il colorato gruppo di comprimari ci pensa un gruppo di ex Kamikazen, rendendo i personaggi anche più simpatici della versione letteraria.
Non è gran cucina ma questi “Spaghetti noir” non sono per nulla insipidi.
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