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Partiamo dalla scrittura, e da un
confronto. In Italia la coppia Brizzi-Martani, raccontando tipi umani
proverbiali nella tradizione italica e al contempo rispettando pedissequamente
la manualistica dimportazione, ha deciso il trend del mercato,
ridefinendo il target cui il cinema italiano deve rivolgersi per trovare
consensi. E con unoperazione sul (e per il) mercato, ha condotto
anche unoperazione linguistica forte: una scrittura precisa che
non lascia spazio allimmaginazione, che inonda le trame di meccanismi
narrativi saturi, di trucchi più spesso, di lacci che incastrino
il pubblico a cui il prodotto devessere venduto. Anche questo
parte di una tradizione di sceneggiatura, forse un po più
recente, che da Cerami in poi ha trovato la strada spianata avanti a
sé: una strada fatta di piroette e smisurate svolte narrative,
di archi narrativi prevedibili, di caratteri netti ed inconfondibili.
Spesso la carne al fuoco è troppa, e ci si scotta, alla fine,
dimenticando la misura del contesto. Il modello, dicevamo allinizio, è chiaramente il prodotto mainstream e rivolto ai giovani in cui il cinema americano non ha eguali, quel prodotto fresco che sa parlare ai ragazzi e spesso non solo, che sa raccontare delle verità senza esagerare, che spesso, inevitabilmente, puzza di ingenuo (e non troppo) manicheismo, necessario per chiudere la catena significante e convincere lo spettatore giovane. Charlie Bartlett, prodotto dal re delle commediole Jay Roach, è in questo senso un esempio da cui si dovrebbe prendere lezioni: un ritratto scanzonato e semplicistico dei teen ager americani, delle loro fobie, dellincomunicabilità genitori-figli, dellintraprendenza e della furbizia quali armi necessarie per sfondare. Passato al Torino Film Festival, e prodotto anche dal Re degli indipendenti Sidney Kimmel, rappresenta come spesso ci capita di vedere recentemente un buon compromesso tra la forma del blockbuster e loperazione piccola sul modello Searchlight, rientrando in questo senso nel filone del nuovo cinema indipendente americano attento al mercato ma non totalmente soggiogato alle sue leggi - un compromesso che spesso puzza di bruciato (Little Miss Sunshine, e il tono da pochade che non funziona) ma che altre volte ha il sapore di unoperazione onesta se non addirittura necessaria (Juno, con tutte le semplificazioni e il buonismo strategico che lo caratterizzano). In questo confronto Charlie Bartlett diverte, soprattutto quando prende lo slancio, quando si allontana dal clichè forzato bravo e ricco ragazzo un po strano cacciato da scuola e perseguitato nellistituto di sbandati. E lo fa, seppure allinterno di un meccanismo di genere che può lasciare un po indifferente lo spettatore più scaltro, giocando con le psicologie, soprattutto nel divertente rapporto genitori-figli. Con sottigliezza, mettendo a confronto il genio e anche la pericolosità di Charlie, che per accaparrarsi i favori degli studenti più cool diventa prima spacciatore di pasticche calmanti, poi psicologo da cesso scolastico, con la parabola discendente dei due adulti del film: sua madre, donna sola e insicura, bisognosa di aggrapparsi a lui, che diventa a 17 anni un genitore e un mentore saggio che dispensa suggerimenti e lezioni di vita, e il preside interpretato da Robert Downey Jr (anche padre della amata di Charlie ), patetica figura abbandonato dalla moglie e attaccato alla bottiglia, che larrivo di Charlie rischia di far sprofondare ancor più nellalcoolismo e forse nella disoccupazione. Anche qui, in questi efficaci meccanismi di scrittura, Charlie Bartlett rivela una matrice di calcolo, di premeditazione, di struttura forte cui affidare levoluzione dei caratteri. Una struttura però che sa far vivere tanto i personaggi quanto le loro vicende, senza il rischio di soffocarne lagire appesantendoli con piroette e svolte, con semi che aspettano di essere raccolti e che se non vengono recuperati e messi in tasca allo spettatore allora cè un buco di sceneggiatura. Con una levità che può apparire inconsistenza, Charlie Bartlett si fa vedere con piacere. E alladdetto ai lavori che continua a sondare il mercato in cerca di cause evidenti e possibili soluzioni per rimediare alla pochezza delle sceneggiature italiane, Charlie Bartlett suggerisce stilemi e forme universalmente valide, una lezione di semplicità e coerenza che a molti potrebbe essere utile. |