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Cemento armato
Italia, 2007
di Marco Martani, con Nicolas Vaporidis, Giorgio Faletti, Carolina Crescentini, Ninetto Davoli, Dario Cassini

Il male è un dato di fatto
recensione di Stefania Leo



È bello guardare i film su Roma: prima o poi, se ci vivi, ne riconosci i pezzi.
Cemento armato è la storia di Diego (Nicolas Vaporidis) che tira a campare fra gli strati di pelle di Roma - Garbatella, Pietralata, Tiburtina, Prima Porta, tangenziale. Ecco, tangenziale. Tutta la vicenda parte da lì, dall’assurda fretta di Diego di superare il traffico. Prima ci prova a colpi di cicalino, poi decide di spaccare una decina di specchietti laterali per farsi largo tra le automobili in fila. Apparentemente una bravata. Solo che questo non è il giorno fortunato di Diego. Tra le sue vittime finisce anche lo specchietto del Primario (Giorgio Faletti), una specie di padrino in una città che di tangibile ha il male, incapsulato in palazzi di cemento armato.
Peccato, perché la giornata di Diego era cominciata proprio bene. Aveva appena detto ad Asia (Carolina Crescentini) di essere felice: i due avevano deciso di andare a vivere insieme e Diego stava giusto andando a rubare un letto per la loro nuova casa. Si è capito: non è un film sulla Roma bene, quella pulitina e comunque borghese di Tre metri sopra il cielo.
La targa del motorino di Diego diventa un’ossessione per il Primario che comincia a cercarlo con ferocia. La ricerca è appena cominciata e il Primario, tanto per darsi la carica, violenta la cameriera della trattoria in cui sta mangiando con Said (Thamisanqa Molepo), il bellissimo, spietato e a suo modo commovente braccio destro del boss.
Guarda caso, la malcapitata è proprio Asia.
Un fuoco di vendette incrociate: Diego che cerca il Primario, il Primario che cerca Diego. Nasi spaccati, ricettatori, segreti, scoperte. Sangue, tanto sangue, e la sicurezza spiazzante di riconoscere il male troppo spesso nella vita delle stesse persone: quella di Diego, quella del Primario, quella di Asia. Sembra che ci sia solo il male. Sembra che il cemento armato in cui sono strizzate le vite dei personaggi, armi anche i fiori.
Marco Martani, al suo esordio nella regia, firma un lungometraggio di genere che, se certo non cambierà il cinema italiano, di sicuro regala due ore di piacevole e suggestiva tensione. Un gangster movie all’italiana - perché, se all’estero ci conoscono a volte solo per la mafia, almeno abbiamo imparato a rivendercela bene (vedi Romanzo Criminale et similia). La sceneggiatura, siglata Martani, Fausto Brizzi e Luca Poldelmengo, regge per tutta la durata del film e si fa perdonare un paio di momenti di dialogo infelice che infilano un po’ di grottesco in un lavoro altrimenti ineccepibile nel funzionamento del suo meccanismo narrativo e testuale. Colpisce la tensione usata da Martani nella scelta delle luci, sature e desaturate a seconda dell’andamento del climax di calore umano contro freddo grigio acciaio della malvagità.
Giorgio Faletti è perfetto nel ruolo del Primario: benché dichiari di essere “uno scrittore prestato al cinema”, Cemento armato rappresenta una ragione ulteriore per cui, forse, dovrebbe continuare a recitare. E basta. Nicolas Vaporidis appare un po’ schiacciato da un personaggio a volte troppo carico, quello di Diego, che fa impallidire la cattiveria e la strafottenza dello Step di Federico Moccia. Lui è uno che non ha reti di sicurezza: la mamma Italia (Maria Paiato), un po’ metafora di quelle famiglie schiave dei figli-con-problemi, un po’ ostaggio di se stesse e dei ricordi, appare come sicurezza affettiva lanciata alla disperata, con generosità e discrezione. Carolina Crescentini ci dà un’interpretazione che ricorda Giovanna Mezzogiorno, ma con meno immaginazione per le espressioni facciali. Bella invece la prova di Dario Cassini, che impersona con accuratezza il viscido commissario Silvio Cola, definito dagli sceneggiatori sin nei minimi dettagli.
Il pubblico conosce Martani per le sceneggiature di Notte prima degli esami e Notte prima degli esami oggi, firmate anch’esse a quattro mani con Fausto Brizzi. Bisogna riconoscere al nuovo team arricchito dalla firma di Poldelmengo, il merito di aver curato anche i personaggi più marginali, come Said, o il meraviglioso Pompo interpretato da Ninetto Davoli.
Tra sangue, gangster, pupe e pistole, ci si sente di trarre una morale, con leggerezza: quando prendete la macchina o il motorino se riuscite a evitare la tangenziale, è meglio.