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Nel periodo più caldo dell'anno, la Canicola appunto, una schiera di personaggi forma un quadro disarticolato della periferia borghese di Vienna. Mentre la temperatura non accenna a diminuire, il responso nervoso degli abitanti pedinati da Seidl valica i parametri di tolleranza. Ognuno sfoga il proprio disagio su di sé e sugli altri. Gradualmente lo scenario si fa sempre più irreale e l'indole violenta dei personaggi diventa inarrestabile come il sudore che cola senza filtro inzuppando i loro corpi, per la maggior parte anziani e sfatti. Il regista austriaco Ulrich Seidl, a Roma per la presentazione del film premiato a Venezia con il Gran Premio della Giuria, parla del suo ritratto puntuale e impietoso con il quale coglie il rigetto di una società indisposta osservata da una prospettiva inconsueta. Molti degli attori che lei utilizza sono dei non professionisti. Quale criterio segue per sceglierli e come concepisce le riprese di un film vista la sua abitudine al cambiamento delle stesse in prossimità dell'inizio della lavorazione di una scena. La sceneggiatura di partenza non ha dialoghi. I dialoghi vengono creati e improvvisati sul set e diversamente da altri registi ritengo poco importante la tecnica degli attori in cambio di una maggiore credibilità. La mia abitudine è quella di lasciare tanto tempo agli attori affinché si impadroniscano del ruolo, ci entrino dentro e per far questo trascuro volontariamente anche l'aspetto tecnico del film, preferendo uno stile documentaristico facendo persino a meno delle luci artificiali perché delego l'essenza del film agli attori. Non c'è differenza secondo me tra attori professionisti e attori non professionisti finché la persona in questione riesce a rendere il personaggio nella maniera più autentica possibile e non seguo nessun criterio particolare nella scelta del cast. Ovviamente non mi affido ai cataloghi delle agenzie ma preferisco frequentare degli ambienti, dei locali dove posso trovare i caratteri appropriati che abbiano la peculiarità e l'abilità di sapere improvvisare; una qualità non sempre comune a tutti gli attori. Per ciò che riguarda il metodo di lavoro, in questo film, alla fine delle riprese, mi son trovato di fronte ad una mole enorme di materiale girato tanto che il film è stato completamente riscritto e ricreato in fase di montaggio e della sceneggiatura di partenza è rimasto poco. I personaggi di "Canicola" sono dei casi umani sicuramente bizzarri. Come li ha trovati? E' un'umanità che si incontra per strada? Non si può dire che esistano veramente ma i personaggi possiedono un nucleo autentico, vero, che ho riscontrato da tutto il materiale che ho raccolto per anni. Quindi in qualche modo si può sicuramente asserire che queste persone esistono per davvero nella realtà. I luoghi in cui agiscono i personaggi sembrano scelti con molta cura. Quale importanza attribuisce ad essi? La scelta dei luoghi ha per me la stessa importanza della scelta degli attori. Dall'inizio del progetto ho in mente un'immagine molto chiara di quello che deve caratterizzare le location. Nel caso in questione volevo rappresentare un ambiente particolareggiato, una sorta di terra di nessuno, un mondo anonimo che non fosse né città, né campagna. Quali obiettivi si propone con questa sua descrizione tutt'altro che rincuorante di certa società viennese? Innanzitutto tengo a precisare che si tratta di un mio sguardo personale sul mondo. Quello che vorrei, insistendo su questo aspetto non rassicurante, è anche riuscire ad attrarre lo spettatore all'interno del film e di questa realtà per evitare che ne rimanga fuori e si limiti ad osservarlo come fosse un quadro che rappresenta qualcosa che non può minimamente riguardarlo, mentre ritengo che sia io che lo spettatore siamo quotidianamente toccati, anche se a volte solo marginalmente, da una realtà del genere. Crede che ci siano delle affinità tra il suo cinema e quello di Michael Haneke? Sembra infatti che sia in corso una 'Nouvelle Vague' austriaca accomunata dalle tematiche e anche dal modo di fare cinema sebbene Haneke è forse più teatrale mentre lei aderisce ad uno stile più documentaristico. Personalmente non sento questa affinità. Non credo che si possa teorizzare una nouvelle vague austriaca, infatti non si può dire che nel mio paese stia crescendo un movimento di autori aventi un'obiettivo comune. Vi è probabilmente un gruppo di lottatori solitari, ognuno dei quali cerca di portare avanti una propria visione, ma è solamente un caso che quest'anno sia il mio film che quello di Haneke abbiano avuto una tale visibilità internazionale e importanti riconoscimenti rispettivamente a Cannes e a Venezia. La sua sembra anche una denuncia della cultura e del modo di vivere occidentale, contaminato dall'eccessivo benessere. In questo senso quale significato ha l'immagine della donna mediorientale racchiusa in una delle inquadrature conclusive del film? Non c'è un nesso tra la realtà da me descritta e la maniera in cui possiamo essere giudicati da una cultura differente. Io ho cercato di dipingere un'umanità che soffre per i propri desideri insoddisfatti, che non riesce ad amare e ad essere amata. In virtù di questo l'immagine della donna non ha nessuna rilevanza particolare se non quella di mostrare l'eterogeneità sia del condominio in cui si svolgono alcuni fatti del film sia di gran parte della società occidentale. Tuttavia i miei film sono sicuramente una critica alla cosiddetta società del benessere. Un aspetto che colpisce nel film è l'incapacità delle donne di reagire alle ripetute vessazioni da parte degli uomini. Esse subiscono senza mai tentare di ribellarsi ai soprusi verbali e fisici. Io vengo spesso accusato di calcare troppo la mano su questa componente, ma la realtà la fuori è molto peggiore di quella che io racconto nei film. Inoltre non credo che siano solamente le donne a subire questo tipo di prepotenze; più in generale si può parlare di vittime e di approfittatori. Quale significato ha il personaggio di Anna, l'autostoppista petulante che interagisce con tutti i componenti della storia? Per me l'autostoppista è come un angelo. E' l'unico personaggio vero, nel senso letterale del termine in quanto dice sempre la verità ed è talmente diretta da ricordare il modo in cui sanno essere sinceri solamente i bambini. Si tratta dunque dell'autenticità in persona. Chi sono i suoi maestri? Quali autori di cinema hanno arricchito maggiormente il suo occhio e la ispirano nel suo lavoro? All'inizio della mia carriera di regista, quando ero ancora alla Scuola di Cinema di Vienna, trovavo i miei punti di riferimento in autori come Werner Herzog ma anche in Pier Paolo Pasolini. Oggi non posso più affermare di trovare i miei riferimenti nel cinema; piuttosto le mie influenze sono soprattutto di natura fotografica, storica e figurativa in senso più ampio; penso ad esempio a Hyeronimous Bosch. |