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La carriera di Nanni (Giovanni) Moretti, nuovo direttore artistico del Torino Film Festival - succede, dopo non poche polemiche, al fortunato duo Turigliatto-DAgnolo Vallan - inizia giusto trentanni fa, tempo impiegato dal cineasta dorigini trentine a comporre una filmografia di dieci titoli; non stiamo evidentemente, in questa sede, tenendo conto dei numerosi cortometraggi, né del documentario la Cosa (1990), incentrato sui dibattiti seguenti la proposta di rifondazione del PCI formulata da Achille Occhetto. Autore a pieno titolo, portabandiera, insieme a pochissimi altri, della produzione italiana allestero - è stato trionfatore al Festival di Cannes - Moretti tuttora incarna agli occhi del cinéphile soprattutto il mito del giovane frequentatore di cineclub riuscito, con pochi mezzi e moltissima passione, a realizzare il sogno della regia. Traguardo inseguito e raggiunto respirando inevitabilmente laria di una temperie socio - culturale fervidissima: da una parte la contestazione della seconda metà degli anni Settanta, il riflusso nel privato, la politica che entra nelle mura domestiche attraverso i gruppi dautocoscienza, dallaltra la rigogliosa avanguardia artistica post-sessantottesca, tra sperimentazioni teatrali realizzate nelle cantine e primi tentativi di pratica del cinema, rigorosamente in 8mm. Moretti ha anche dato vita, nel 1986 ed insieme ad Angelo Barbagallo, alla casa di produzione Sacher Film - tra le primissime uscite, Notte italiana e Domani accadrà, degli amici Carlo Mazzacurati e Daniele Luchetti - e nel 1991, ristrutturando una vecchia sala di Trastevere, ha aperto il cinema Nuovo Sacher: così facendo, egli si è anche distinto in termini di animazione e diffusione culturale (la sua factory ha nel corso del tempo dato visibilità alle prime opere di giovani di talento, sia sul lungo che sul corto metraggio), un ambito che non ha mai, daltro canto, arrestato la sua attività registica. Ripercorriamone la filmografia, ricordando che in tutti i casi si tratta di opere dal Nostro anche interpretate: Io sono un autarchico (1976) con Fabio Traversa, Paolo Zaccagnini, Simona Frosi, Luciano Agati Il primo lungometraggio, realizzato in Super 8 e successivamente gonfiato e distribuito in 16mm, è il film che vede la nascita del personaggio di Michele Apicella, longevo alter-ego dellautore. Raccontando la genesi di uno spettacolo di teatro sperimentale, con uno stile frammentato e una narrazione estremamente debole, Moretti compone il primo atto della sua trilogia giovanile, prima della crescita di metà anni Ottanta. Ecce bombo (1978) con Luisa Rossi, Lina Sastri, Fabio Traversa, Glauco Mauri, Paolo Zaccagnini In concorso a Cannes, il manifesto di una generazione che attendeva di veder sorgere il sole, ma dalla parte sbagliata. Il gruppo di attori è ancora quello dellesordio. Non voleva essere un film divertente, e si vede. Ciò che invece trasmette, anche per chi lo rivede oggi, è un profondo disagio. Sogni doro (1981) con Remo Remotti, Alessandro Haber, Laura Morante, Piera Degli Esposti. Vincitore del Premio della Giuria a Venezia, è lopera in cui Moretti per la prima volta riflette sul cinema (ma non solo ), mettendo in scena la realizzazione del film La mamma di Freud, da lui (Apicella) diretto. Finale assolutamente cult. Bianca (1984) con Laura Morante, Remo Remotti, Roberto Vezzosi, Enrica Maria Modugno, Claudio Bigagli Uno dei film più maturi del cineasta, il primo in cui egli affronti, con ottimi risultati, una narrazione forte. Thriller personalissimo ed imprevedibile, segna il momento più poetico della collaborazione di Moretti con Laura Morante. Sempre in bilico su toni difficilissimi da gestire; proprio in virtù di questo miracoloso equilibrio, diverte e commuove. la Messa è finita (1985) con Marco Messeri, Enrica Maria Modugno, Eugenio Masciari, Vincenzo Salemme Per questa preziosa opera numero cinque, vincitrice dellOrso dArgento a Berlino, Moretti abbandona Michele Apicella in favore del personaggio di Don Giulio, sempre da lui interpretato. E lavvicendamento tra due figure memorabili, e il film è forse il più bello, e il più sconsolato, dellautore. Palombella rossa (1989) con Silvio Orlando, Mariella Valentini, Asia Argento, Eugenio Masciari, Fabio Traversa Presentato al Festival di Venezia, lopera più complessa e coraggiosa di Moretti, situata nel cruciale scorcio politico di fine anni Ottanta. Sfacciatamente surreale e squilibrato, ha tutto il fascino e il sapore di un gigantesco punto interrogativo. Caro diario (1993) con Renato Carpentieri, Carlo Mazzacurati, Antonio Neiwiller Vincitore del Premio della Regia a Cannes e del David di Donatello, è un ispiratissimo trittico autobiografico, un diario dai toni leggeri - un diario, appunto - che raggiunge grandi profondità espressive. Sensazionale il primo episodio. Aprile (1998) con Silvio Orlando, Silvia Nono, Agata Apicella Moretti, Pietro Moretti Forse il momento meno felice della parabola autobiografica di Moretti. Ma lautore, specialmente nei gustosi passaggi familiari, ha il polso saldo, e il film risulta comunque piacevole. Contiene il celeberrimo sfogo: DAlema, di qualcosa di sinistra di qualcosa anche non di sinistra, ma dì qualcosa! ...Non ti far mettere in mezzo sulla giustizia da Berlusconi!, che suona tuttora come un grido di battaglia. la Stanza del figlio (2001) con Laura Morante, Jasmine Trinca, Giuseppe Sanfelice, Silvio Orlando, Stefano Accorsi Trionfatore a Cannes e vincitore del David di Donatello, il film della svolta drammatica di Moretti (che qui è semplicemente Giovanni). Tornano i compagni di strada Laura Morante e Silvio Orlando. Nel raccontare il dolore, la regia si fa pudica e rigorosissima. il Caimano (2006) con Silvio Orlando, Jasmine Trinca, Margherita Buy, Michele Placido Lucido e furibondo, Moretti ci ricorda che il pubblico è privato, e realizza un grande e terribile film. La perfetta direzione attoriale ha la meglio sulla regia, che si permette qualche sottolineatura di troppo. Ma il messaggio non ne viene compromesso, e arriva comunque chiaro e potente. |