John Waters

Le discariche del melodramma 
di Luca Persiani

 
 
Soap e disgusto a Baltimora
John Waters è un artista decentrato. Da sempre pensa e mette in scena un cinema geograficamente "di confine", ambientato e girato a Baltimora, Maryland, in bilico fra periferia urbana e burinaggine campagnola. Un luogo che respira atmosfere puramente americane, o meglio, puramente "americana", termine con il quale gli stessi abitanti degli USA indicano i prodotti kitsch della loro cultura. Decentrato è anche lo stile di regia di Waters: nella maggior parte dei suoi film indipendenti, la mdp è quasi un accessorio renoiriano al servizio di set alternativamente desolati o abbaglianti, di personaggi sempre impossibili da far passare inosservati, che recitano dialoghi e vivono situazioni che incrociano indissolubilmente le strade del melodramma classico con quelle della soap opera. E' più importante far accadere davanti alla mdp quello che si vuole mostrare, piuttosto che questo quid sia ricreato con gli artifici della macchina cinema. Anche per questo il cinema di Waters è fittamente parlato, i personaggi affermano le proprie ragioni e i propri pensieri con una veemenza sopra le righe e una passionalità che li impongono alla simpatia del pubblico anche nel loro essere fondamentalmente disgustosi. Decentrate sono per definizione le ossessioni della messa in scena di Waters: da più parti invocato come il "Papa del trash", Waters ha sempre giocato a mostrare i limiti del mostrabile, quello che appunto è ritenuto spazzatura, come a voler portare alla luce quanto di estremo e di cattivo gusto c'è nella scrittura dei sentimenti del dramma seriale. In pratica, se la soap è l'estremizzazione e la brutale ed efficace stilizzazione delle dinamiche del melodramma, allora Waters espone questa violenza rendendola tangibile attraverso gli strumenti del disgusto e della scarnificazione della messa in scena.

Suore e cortometraggi

John Waters nasce il 22 Aprile del 1946 a Baltimora. E' subito catturato dal gusto di intrattenere il pubblico e dalla passione per il cinema più marginale e affascinante. Alla scuola cattolica che frequenta le suore stilano settimanalmente una lista di film proibiti, la maggior parte appartenenti a quell'area grigia che accomuna l'exploitation e i b-movie; il piccolo John frequenta le sale utilizzando come guida proprio quella lista. Alle scuole superiori è un beatnik, un anarchico casinista con i capelli lunghi, un piccolo ladro di supermercati che per tirare su qualche soldo organizza spettacoli di marionette o, in alternativa, si spaccia per un raccoglitore di fondi dell'UNICEF e utilizza i proventi delle collette per comprare LSD. Le influenze cinematografiche del giovane John sono tutte rivolte all'undeground: Russ Meyer,William Castle, i fratelli Kuchar, Herschell Gordon Lewis (il padre dello splatter), Kenneth Anger. Il suo primo film Hag in a Black Leather Jacket (1964) è un corto di 17 minuti in bianco e nero che narra la storia di una ragazza bianca che sposa un uomo di colore in una cerimonia tenuta da un uomo del Ku Klux Klan. La pellicola necessaria alle riprese, effettuate con la 8mm appena regalata al regista dalla nonna, viene interamente rubata da Mona Montgomery, l'amica con cui Waters era solito depredare supermercati e passare weekend a New York frequentando la scena underground. Poco dopo avviene l'incontro fondamentale della carriera di Waters: Glenn Milstead, alias Divine, il travestito sovrappeso che si guadagna l'appellativo di drag queen terrorist per il suo essere all'interno della comunità transgender e contemporaneamente satireggiarla fortemente, prendendone in giro atteggiamenti e modi di essere. Dopo lo sperimentale Roman Candles (1966), in Eat your make-up (1967) il personaggio di Divine immagina di essere Jackie Kennedy e rivive l'assassino di JFK molto prima che Oliver Stone lo ricostruisse in 35 millimetri. Si comincia a creare intorno al regista il gruppo di persone che lo accompagnerà per lungo tempo nella sua carriera di regista, quei "Dreamlanders" di cui fanno parte personaggi stravaganti e dalla forte personalità come David Lochary, estetista dalle trecce d'argento, e Pat Moran, assistente personale di Waters che lui stesso definisce "la parte destra del mio cervello, il mio midollo".

Shock values
Nel 1969 il regista si fa prestare 2.000 dollari dal padre e gira il suo primo lungometraggio, Mondo Trasho, la storia di una ragazza (Mary Vivian Pierce) instabile e tormentata da un feticista dei piedi. La poveretta incontra una ladra (Divine) che la coinvolge in una serie di avventure su una sedia a rotelle. Gradualmente e con l'aiuto della Vergine Maria, tra le due nasce un'amicizia che tocca il culmine quando Divine porta l'amica da un dottore-mago (David Lochary) che, tentando di risolvere i problemi della ragazza, le amputa i piedi sostituendoli con delle zampe da mostro e riuscendo effettivamente a rasserenarla. Il film subisce un processo per oscenità ancor prima della sua uscita, in seguito all'arresto di Waters e di alcuni membri della troupe dopo la realizzazione di una scena in cui un autostoppista chiede un passaggio completamente nudo. Secondo John G. Ives, in questo film Divine mette a punto l'archetipo del suo personaggio, "la parodia di una reginetta di bellezza/criminale che si redime attraverso una serie di incontri drammatici con forze molto più malvage e minacciose di quanto lei possa mai essere". Distribuito limitatissimamente, il film viene elevato allo stato di cult dal New Yorker, dove la giornalista Pauline Kael si riferisce al Satyricon come "il Mondo Trasho di Fellini". Secondo Waters, "Durante la seconda metà degli anni '60 (...) la violenza era il tabù di questa generazione, così ho voluto fare un film che glorificasse il massacro e la strage per puro divertimeno".
Così nel 1970 esce Multiple Maniacs, prima pellicola del regista con una colonna sonora e dei dialoghi sincronizzati alle immagini. Il film si apre con Divine leader di una gang che ha messo in piedi un freak show (in cui troviamo perversi personaggi quali l'Annusatore di Sellini da Bicicletta, il Lappatore di Ascelle e il Mangiatore di Vomito) al solo scopo di depredare e uccidere i morbosi avventori nella sicurezza del tendone dello spettacolo. La vicenda si evolve secondo una linea narrativa delirante e sgangherata, durante la quale, fra le altre cose, vediamo Divine stuprata contemporaneamente da un uomo e una donna. Viene poi violata da dietro in chiesa tramite una croce e un rosario: è il famoso "Rosary Job", segmento che Waters mostra a Willem Defoe, fresco dell'intensa esperienza de L'ultima tentazione di Cristo, e verso il quale l'attore si chiede ancora come avrebbe risposto la folla che aveva boicottato il reverentissimo film di Martin Scorsese. In seguito, dopo essere stata illuminata dall'apparizione dell'Infante di Praga, la protagonista uccide e cannibalizza l'infedele compagno e l'amante di questo, per finire prima violentata da un'aragosta gigante (probabilmente una delle scene più sublimi e patetiche del cinema di tutti i tempi) e quindi definitivamente abbattuta dalla Guardia Nazionale. Nello stesso periodo, il regista attraversa l'America con uno show dal vivo con protagonista Divine, che fra le altre cose dichiara in scena di essere l'assassina di Sharon Tate. Quando Charles Manson viene catturato, Waters ne segue il processo ogni giorno, andando e venendo dal tribunale grazie ai passaggi in macchina ottenuti da "qualche pazzo che [come me] passava tutto il giorno al processo".

Fenicotteri rosa e donne fuorilegge
Il 1972 è la volta di Pink Flamingos, l'opera che ha regalato a Waters notorietà definitiva, sicurezza economica, un posto al Museum of Modern Art e diversi problemi con la legge. Il film, considerato ancora osceno in molte parti degli Stati Uniti e d'Europa, ottiene successo attraverso il passaparola alimentato dalle mitiche proiezioni notturne della scena underground di New York e Los Angeles. Lo stesso trailer della pellicola gioca su questo mito, evitando di rivelare una qualsiasi immagine del film, e mostrando invece le reazioni miste del pubblico più vario. Si ottiene così, con un'abilità e un'intelligenza promozionale che contrassegna tutta la carriera di Waters, un effetto di "partecipazione all'evento storico" che tuttora possiede una freschezza invidiabile. Il classico tema della lotta tra gruppi rivali diventa una gara all'ultimo sangue in cui si imbarcano due detestabili famiglie di Baltimora per il possesso del titolo di "persone più schifose al mondo". Divine, David Lochary e Mary Vivian Pierce si sfidano fino alla morte fra incesti, amplessi corredati di polli sgozzati, colture di ragazze incinta, barbecue-freak show, autentici afflati di coprofilia e una matura signora (l'incredibile Edith Massey) con un'insana passione per le uova, consumata in un lettino per neonati all'interno del quale vive. Il tutto messo in scena con una leggerezza e un'autoironia che non trovano paragoni né nel cinema mainstream né in quello underground: Pink Flamingos può essere considerato il film-simbolo del cinema di Waters e l'epica e insuperata pietra di paragone del trash mondiale.
Il successivo exploit di Waters è del 1974: si tratta di Female Trouble (il cui titolo originale doveva essere "Rotten Mind Rotten Face"), resoconto della carriera criminale di Dawn Davenport (Divine), dalla giovinezza turbolenta all'affermazione finale come maniaca omicida. Una carriera resa possibile grazie anche all'intervento attivo dei coniugi Dasher, coppia di estetisti dalle malate ambizioni fasciste che trasformano Dawn nella prima "modella del crimine", applaudendo il suo volto devastato dall'acido quasi fosse un happening artistico e imponendole iniezioni di eyeliner. Il film è, forse anche meglio di Pink Flamingos, il veicolo ideale per il personaggio di Divine, la cui energicissima performance sprizza rabbia e vitalità rare. Nel 1977 viene distribuito Desperate Living (uscito in Italia con diversi tagli e l'adattamento di Lidia Ravera con il delirante titolo Nova Punk Story), girato ancora in 16mm ma gonfiato e distribuito in 35. Unico lungometraggio di Waters senza Divine, è anche il più cupo e deprimente della sua filmografia. Dopo aver ucciso il marito della padrona Peggy (appena uscita da una casa di cura per malattie mentali) soffocandolo con il suo peso, l'obesa governante nera Grizelda scappa con la sua datrice di lavoro a Mortville, il luogo dove finiscono le persone vergognose dei propri crimini. Mortville è un'enorme discarica umana a cielo aperto, governata dall'orrenda regina Carlotta che si cura che ogni abitante viva in costante mortificazione. La storia segue i riusciti tentativi di integrazione di Peggy e Grizelda, che entrano addirittura nelle grazie di Carlotta, e del colpo di stato messo in atto da Mole e Muffy, la coppia lesbica che ospita le due nuove arrivate. Girato quasi tutto in interni e letteralmente ambientato nell'immondizia, il film offre le consuete visioni estreme del cinema di Waters, questa volta appesantite e rese grevi da un'atmosfera claustrofobica e teatrale al limite del nichilismo, dove l'ironia è crudele e tragica.

White trash
Nel 1981, abbandonati parzialmente gli eccessi visivi e le durezze stomachevoli del suo cinema classico, ma non il gusto per la provocazione e le trame deliranti, il regista di Baltimora gira Polyester (id) finanziato dalla New Line Cinema e girato in 35mm con un budget di 300.000 dollari. Divine interpreta, con una clamorosa svolta del suo personaggio, Francine, una deliziosa moglie e madre vessata dal sadico marito pornografo e disperata per le sorti dei figli Dexter (maniaco feticista dei piedi) e Lulu (ladra). Abbandonata dal marito e truffata dal nuovo compagno e dalla sua stessa madre ritardata, il sogno della protagonista di avere una bella famiglia "normale" sembra svanito. Ma contro ogni logica assistiamo ad un paradossale e dissacratorio happy end, che riabilita tutti i personaggi e prospetta alla famiglia riunita un futuro di felicità. Il film esce accompagnato da un geniale gimmick, trucco pubblicitario nel più puro stile delle produzioni di William Castle degli anni '50: l'Odorama, un cartoncino che, opportunamente grattato, offre allo spettatore la possibilità di avvertire in parallelo al film gli odori salienti che caratterizzano la parabola esistenziale di Francine. Il nome del regista è ormai un'istituzione: nel 1985, il 7 Febbraio viene dichiarato "John Waters Day" a Baltimora; nel 1986 partecipa nella parte del venditore di auto usate a Something Wild (Qualcosa di travolgente), di Jonathan Demme.
Abbandonato definitivamente il progetto di Flamingo forever, il seguito di Pink flamingos, il definitivo passo di Waters nel cinema mainstream avviene nel 1988, dopo ben sette anni di silenzio, con Hairspray (in Italia Grasso è bello), l'ultimo film di Divine, che muore poco dopo la fine delle riprese per complicazioni legate all'obesità. Il cast del film comprende Pia Zadora, Rick Ocasek (del gruppo musicale "The Cars"), Sonny Bono e Debbie Harry. Waters può contare su un budget di 3 milioni di dollari, e quello che sforna è un intelligente e ben ritmato film musicale che satireggia i pregiudizi e le manie dei primi anni sessanta, e in America ottiene dalla censura, prima fra tutte le pellicole del regista, un PG, ("Parental Guidance", ossia "consigliata la presenza di un genitore", che equivale circa ad un divieto ai 14 anni in Italia) che sicuramente ha aiutato l'opera a guadagnarsi un ottimo successo di pubblico.
Nel 1990 è la volta di Cry-Baby (id), altra parodia questa volta dei musical giovanili romantici anni '50, il cui campione è forse la massima icona del trash musicale di tutti i tempi, Elvis Presley. Nel cast Johnny Depp, Iggy Pop, Joe Dallesandro, l'ex porno star Tracy Lords e Willem Dafoe. Il film è in sostanza una versione "juvenile delinquent" della storia di Romeo e Giulietta, che vede contrapposti due gruppi di ragazzi di Baltimora (gli "Squares", i "per bene" fan di Ike e Pat Boone e i "Drapes", gang giovanile guidata da Depp), dove naturalmente i "ribelli" sono gli eroi.

Gli anni '90
Nel 1994 esce Serial Mom (La signora ammazzatutti), forse a tutt'oggi la più geniale sintesi fra l'antica poetica provocatoria ed estrema e la necessita ormai improrogabile per il cinema di Waters di essere popolare. Kathleen Turner è Beverly Sutphin, una classica madre di famiglia benestante americana che ha una segreta ossessione: a chiunque non rispetti le semplici e inesorabili regole di morale e buona educazione su cui si basa il suo concetto di rispettabilità, la signora infligge la più efficace e allucinante delle punizioni domestiche: la morte. Il plot del film è delirante come i gloriosi tempi del cinema estremo, e vede la famiglia della dolce serial killer impegnata con ogni mezzo ad evitare all'amata madre l'incontro con la Giustizia, in un crescendo di situazioni grottesche e geniali che porteranno anche in questo caso ad un paradossale e perfetto lieto fine. Purtroppo la versione italiana che circola in vhs e in televisione non è integrale (sono stati tagliati un paio di particolari gore).
Del 1998 è Pecker (il termine si riferisce all'organo sessuale maschile), inedito in italia, con Edward Furlong e Christina Ricci. Un giovane, talentuoso e candido fotografo di Baltimora, grazie ai suoi ritratti inavvertitamente realistici, grotteschi e spietati della provincia americana in cui vive, si guadagna una fama nazionale che lo porta a New York, ma gli costa l'ostilità del suo ambiente. Waters apre il film con una gratuita, deliziosa e fulminea scenetta che sembra voler accontentare i suoi fan del periodo più estremo e contemporaneamente liquidare quella parte della sua carriera: vediamo Furlong fotografare estasiato due pantegane, evidentemente finte, che si producono in un amplesso molto sentito. In effetti il film è la testimonianza di come lo spirito dissacratore e satirico dell'autore di Baltimora abbia spostato definitivamente l'accento dall'eccesso visivo e shockante alla parodia sempre forte e con intenti disturbanti nei confronti della società borghese, ma tutta giocata sugli effetti kitsch di personaggi che sono, in un modo o nell'altro, sicuramente outsider, ma contemporaneamente anche specchio deformato di ossessioni e realtà a tutti molto vicine. Certo Waters è oggi un po' meno decentrato, ma la sua opera non ha perso quel fascino obliquo che ha sconvolto per sempre la storia del cinema: dopo la sua apparizione in Sweet and Lowdon (Accordi e disaccordi, 1999) di Woody Allen, nei panni di un manager di hotel di Atlantic City, il regista ha girato Cecil B. Demented (fuori concorso a Cannes 2000, distribuito in Italia come A morte Hollywood), storia di un folle regista indipendente (Stephen Dorff ) che, con la sua banda di filmakers adolescenti, rapisce una star di prima grandezza (Melanie Griffith) per costringerla a lavorare nel suo progetto underground. Il film è sgangherato e traballante come la troupe di cui racconta, ed è una parodia-omaggio alla quella stessa factory indipendente watersiana più scatenata e irriverente, che negli anni sessanta e settanta ha violentemente e beffardamente ridefinito i parametri del gusto cinematografico e le frontiere del mostrabile.