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Sweet and Lowdown,
USA, 1999
di Woody Allen, con Sean Penn, Samantha Morton, Uma
Thurman
Alcuni personaggi hanno bisogno di qualcuno che ne racconti le gesta.
A loro insaputa naturalmente, quando sono diventati semplici nomi da
dare a un sandwich come il Danny di Broadway Danny Rose
o quando sono già morti come Emmet Ray in Accordi e disaccordi
(Sweet and Lowdown).
Stesso destino: sia per chi è un povero impresario di artisti
improbabili, sia per chi vive ai margini della fabbrica dei sogni, dotato
di un talento immenso ma di una personalità insufficiente a sfruttarne
tutte le potenzialità.
Sia Danny che Emmet vengono rievocati tra scherno e compassione, tra
ironia e ammirazione, da un vero e proprio coro che, cantando le loro
altresì anonime avventure quotidiane e mescolando cronaca e leggenda,
li rende immortali.
Sono figure singolari fittizie, o meglio docu-inventate, così
come Leonard Zelig. Figure che acquisiscono corposità grazie
alla strategia tipica dei racconti orali delle tradizioni popolari che
gonfiano, smussano, armonizzano.
Perciò anche in questo film gli appassionati/narratori, tra cui
lo stesso Woody Allen, delineano un uomo e una vita, la collocano in
unepoca, quellepoca, con quei vestiti, quella musica, quello
sfondo sociale.
Creano per certi versi unopera darte, disegnano un ritratto
e forniscono lalimento principe per il nostro immaginario: il
mito, anzi il presunto tale.
Loperazione è duplice in Sweet and Lowdown
perché allinterno della leggenda ne è racchiusa
unaltra, quella di Django Reinhardt, uno zingaro che
vive in Francia, un musicista sublime, il migliore di tutti
anche per Emmet che ne è quotidianamente succube in absentia,
e che costituisce il perno attorno al quale la personalità gretta
e la musica di Emmet orbitano per quasi tutta la sua esistenza di uomo-chitarrista.
La dualità Emmet/Django richiama quella arte/vita, uno dei temi
prediletti del regista newyorkese, quanto quello uomo/donna come vedremo
successivamente.
Emmet è un villano dotato di un narcisismo irritante ma che sia
listrionico Sean Penn che lo sguardo affettuoso di Allen ci impediscono
di detestare; si rimane tolleranti anche di fronte allatteggiamento
villanzone nei confronti della docile Hattie (Samantha Morton).
La sua dabbenaggine, che risulta in realtà innocua per gli altri
e dannosa per se stesso, argina sin dallinizio il processo che
conduce allodio verso il personaggio negativo, perché Emmet
si rivela vittima del proprio carattere, in cui il suo incommensurabile
genio rimane invischiato.
L'esperienza dei sentimenti
Non ho mai incontrato nessuno che si tiene tutto dentro come
fai tu, afferma apertamente la sua ragazza (prima che Emmet
incontri Hattie) che lo incalza ulteriormente, sostenendo con rimprovero
come anche la sua musica trarrebbe giovamento se lui lasciasse trasparire
le sue emozioni.
Ma a Emmet questi discorsi non interessano. Lui pensa a suonare, a spendere,
a cercare ragazze. La sua unica paranoia è lostentata dipendenza
dal numero uno; lo nomina continuamente, da sobrio e da ubriaco, per
puntualizzare linferiorità della sua musica rispetto a
quella di Django.
E a nutrire ulteriormente tale complesso, ecco i racconti, i si
dice: Emmet che una volta è svenuto incontrando Django;
oppure Emmet che piange ogni volta che ascolta un suo disco.
Se larte in ogni sua forma ha come oggetto la vita e intende descriverla,
rendere continua la sua discontinuità e ordinarne il caos, allo
stesso modo la vita ha bisogno dellarte per spiegarsi e rimirarsi.
Ma lartista vero per razionalizzare il suo oggetto avrebbe lonesta
necessità propedeutica di liberare lirrazionalità
prima di imbrigliarla. Avrebbe bisogno dellesperienza dei sentimenti
per ottenere unarmonia più verosimile e più aderente
alloggetto stesso che si prodiga nel voler (ri)creare.
Lo scarto tra Django e Emmet sembra risiedere proprio nellincapacità
di questultimo di permeare il tessuto della sua musica di quegli
ingredienti che, al contrario, egli coglie nelle note eccelse di Django.
Emmet si ritrae, si chiude a guscio, si accartoccia nel proprio egocentrismo,
dirigendosi abitualmente verso dei non-luoghi a procedere
come le discariche dove spara ai topi, o le ferrovie dove ammira i treni
in corsa, oltre a sfogare inconsapevolmente la sua insoddisfazione in
impulsi cleptomani.
Tuttavia il gusto per il pastiche di Allen colora il personaggio, ne
fa una macchietta buffa, centro di gag, battute, bizzarrie. In questo
modo si lambisce il dramma del musicista che da tragico diventa tenero
- se si esclude il finale in cui distrugge la chitarra, il veicolo della
sua arte.
Quando ciò avviene comunque, Emmet ha già intrapreso il
sentiero del dolore e della delusione; il tradimento di Blanche (Uma
Thurman) e la scoperta che Hattie si è sposata e ha dei figli
con un altro uomo scalfiscono la sua marmorea introversione, fin lì,
fortunatamente per lui, alleviata dalla sua meschinità.
Davanti a Django e alla sua funzione indexicale (la vita come soggetto/oggetto
della creatività), Emmett sviene, piange, o meglio ancora fugge,
come quando, sapendo che il suo idolo è tra il pubblico, si affretta
a sviare terrorizzato per i tetti del locale. La leggerezza di Allen
dipinge di senso comico le sensazioni perturbanti del chitarrista. Perciò,
sia quando Emmett cade da quel tetto atterrando su un morbido mucchio
di dollari falsi, sia quando tampona la macchina di Django trovandovisi
faccia a faccia e perde i sensi, sia infine quando semplicemente lo
si vede piangere sdraiato sul divano mentre sente un disco di Django,
il meccanismo comico si completa della fase che innesca la risata.
Nel primo di questi casi (Emmet che cade sui dollari) inoltre, allelemento
indispensabile nel caratterizzare il personaggio e alla gag comica in
se stessa, si sovrappone il nodo che rivitalizza la sceneggiatura, lescamotage
diegetico che oltre a brillare di luce propria, costituisce una garbata
giuntura che permette al film un repentino cambio di marcia, nel suo
essere spartiacque tra due sequenze, addirittura tra due storie.
Il percorso narrativo del film che si era arricchito precedentemente
con lintroduzione di Hattie, tenderà ora allincontro
di Emmet con la sua nuova ragazza, ovvero Blanche.
Le donne e il racconto
Non è inusuale che nelle sue pellicole Woody Allen approfitti
dellabilità e del magnetismo dei suoi attori per rinvigorire
la sceneggiatura nei punti in cui rischia di infiacchirsi.
E accaduto frequentemente con le attrici e in Sweet and
Lowdown Allen si avvale dellaccattivante mimica masiniana
di Samantha Morton, la cui presenza allinterno del film costituisce
il prezioso polo dattrazione nella sua triplice determinante funzione
di regista - oggetto - soggetto.
Essendo muta ma intensamente espressiva, Hattie agisce da contrasto
visivo, perché lo sguardo è invitato a posarsi quasi esclusivamente
su di lei; Hattie sgrana gli occhi, arriccia il naso, sorride come un
clown, alza le spalle e compie mille altri micromovimenti.
Hattie guida la nostra attenzione, la attira su di sé, la muove
su Emmet di cui cadenza qualsiasi parola/movimento, suggerisce il ritmo
dellazione quando la scena li vede entrambi coinvolti.
Ma la ragazza è anche loggetto passivo del gretto pavoneggiarsi
delluomo, il bersaglio su cui si scarica latteggiamento
bifolco che, in questo modo, perde il suo carattere riprovevole.
E divertente sentirlo straparlare, assistere alla sua grossolana
vanità e osservarne il riflesso nellespressione innocente
della ragazza la cui remissività assorbe e trasforma ogni screanzato
dileggio di Emmet, riducendolo a una buffa canaglia.
Lei lo accetta, e lo accettiamo anche noi.
Infine Hattie svolge anche la funzione di soggetto attivo nello stabilire
i presupposti per un mutamento della vita e della personalità
di Emmet e conseguentemente della sua arte. La sua presenza e il suo
congedo nellesistenza di Emmet, determinano in lui delle alterazioni.
Sarà lei indirettamente a muovere Emmet verso la sofferenza e
a trasformare lartista talentuoso, ma sempre secondo a Django,
in artista nelle cui note scorrerà il fluido emozionale della
vita.
Larrendevole Hattie sembra rappresentare la compagna ideale per
Emmet; il suo egocentrismo scintilla nelladorazione di una donna
che non avendo possibilità di rimbeccare permette alluomo
di attuare il proprio dominio nellambito della parola e di perpetuare
la propria supremazia.
Allinverso, nellaltra relazione, Blanche si appropria del
ruolo di gestione del rapporto e Emmet si definisce nella parte di oggetto
osservato, di spunto narrativo.
La relazione Emmet/Hattie assume delle evidenti analogie con quella
di due coppie storiche della filmografia alleniana: Alvy/Annie di Io
e Annie e Ike/Tracy di Manhattan. Anche Alvy
esercitava un vero e proprio dominio verbale sulla timida e goffa Annie.
Il suo ego si traduceva in furore pedagogico.
Allo stesso modo Ike manifestava il proprio senso di superiorità
nel ruolo di pigmalione venerato da Tracy, la ragazza minorenne.
In entrambi i casi, il potere maschile finiva per ritorcersi contro
il protagonista, immobile nel proprio rimirarsi; mentre la donna cresceva,
mutava, trasformando con se stessa anche il rapporto che sfociava in
un abbandono, o in uno spostamento delluomo in posizione secondaria.
La Tracy di Manhattan non rinunciava al suo stage teatrale
in Inghilterra; Annie si trasferiva a Los Angeles con il produttore.
Sia Alvy che Ike riconquistavano coscienza del valore della relazione
e dei propri errori quando era ormai troppo tardi, e, in piena crisi,
inseguivano il proprio amore, tentavano inutilmente di ricatturarlo
assistendo malinconici alla propria sconfitta.
La situazione in Sweet e Lowdown per la coppia Emmet/Hattie
presenta quindi unevidente similarità nei percorsi maschili
e femminili.
Hattie è succube felice di Emmet di cui è sinceramente
innamorata; viene lasciata e poi ricercata quando la vita lha
deviata verso altre scelte.
Sia Alvy che Ike che Emmet rimangono con un palmo di naso e si vedono
costretti a riflettere e a piangere sul rovesciarsi del proprio ruolo
da desiderato-inseguito, a desiderante e inseguitore.
Le loro donne continuano ad amarli, ma loro non conducono più
il gioco. Sono costretti ad aspettare e ad aver fiducia (Ike); a rassegnarsi
ad unamicizia (Alvy); a vivere in superficie il proprio dolore
(Emmet).
Tutti e tre, inoltre, subiscono lo sgonfiamento del proprio gigantesco
ego.
Lintegrità morale del personaggio femminile non viene valorizzato
dal personaggio maschile quando la relazione è in corso. Egli
rifiuta di coltivare il sentimento concomitante con pari intensità
e finisce quindi per soccombere, sconfitto dal proprio bisogno di supremazia.
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