Joel e Ethan Coen

I Coen e la fisica
di Luca Perotti

 
 
Il principio di indeterminazione, assioma basilare della moderna fisica quantistica, fu enunciato nel 1927 dal fisico tedesco Karl Werner Heisenberg, il quale intuì l'impossibilità di determinare contemporaneamente la posizione di un atomo e la sua traiettoria. Non solo. L'indistinto mondo atomico prende corpo nella realtà solamente nel momento in cui viene osservato, ma l'atto stesso del guardare modifica l'essenza dell'oggetto, che fino a quel momento esiste solamente in uno stato di indeterminazione. In poche parole l'atomo si comporta come un fantasma che assume consistenza solo quando è guardato, ma guardandolo è impossibile sapere sia dove si trova sia dove sta andando. Se tale principio conferma da una parte la centralità del soggetto-uomo e il ruolo fondamentale dell'osservatore ergo del cinema, dall'altro muta profondamente l'idea che l'uomo ha della realtà che lo circonda sovvertendo le vetuste rappresentazioni del mondo sensibile, dello spazio e del tempo. L'esplorazione di una nuova percezione della realtà figlia di questa rivoluzionaria asserzione è stata il nucleo dell'opera di scrittori come H.P. Lovecraft, Philip K. Dick e William Borroughs, solo per citarne alcuni, ed attualmente rappresenta una delle tendenze più concrete ed eversive del cinema americano per mezzo del lavoro, tra gli altri, di Lynch, Cronenberg, Carpenter e ora anche dei fratelli Coen, ognuno dei quali con un approccio personale sta contribuendo al cambiamento radicale del modo di osservare le relazioni tra l'uomo e il mondo fenomenico. L'inutilità di chiarire un accadimento e di definire un fenomeno semplicemente guardandolo e registrandolo, infatti, fornisce l'occasione per inoltrarsi senza freni nel territorio dell'immaginario puro per cogliere la sostanza della realtà. La qualità transitoria dell'atomo, inoltre, produce una nuova concezione della materia di cui va considerato l'aspetto dinamico, l'incessante movimento ondulatorio da uno stato all'altro modificato a sua volta dall'occhio dell'osservatore. La filosofia orientale ha sempre affermato come lo spazio e il tempo siano dei concetti limitati e illusori costruiti dall'uomo, e ha sempre visto l'universo come una rete di connessioni dinamiche derivanti appunto dall'assoluta natura instabile delle particelle. La nuova fisica dunque scardina la stabilità e l'ordine radicati nel tempo newtoniano e nello spazio euclideo; sostituisce l'ordine causale con l'onda delle probabilità; intuizione che, portata teoricamente all'eccesso, permette di ipotizzare l'esistenza di diversi gradi del reale. Una disgregazione del normale concetto di realtà che presuppone persino un'apertura di varchi tra mondi paralleli (Dick, Lovecraft, il Lynch di Strade Perdute, il Carpenter de Il signore del male); così come un azzeramento della differenza tra realtà e illusione della stessa (Il seme della follia sempre di Carpenter). Era scontato che anche gli ironici filosofi del Minnesota approdassero in un tale territorio fertile partorendo un personaggio emblematico nell'illustrazione della teoria suggerita calandola in un noir iper-rallentato sia dal carattere flemmatico del barbiere di provincia silenzioso e rassegnato, sia dall'orpello di una fotografia che vuole farsi scrutare, ammirare in ogni dettaglio come se fosse gravida di verità ma che procede di quadro in quadro in un gioco di ombre tanto nitide quanto ambigue per il loro effetto statico di svelamento/occultamento della materia mostrata. Il corpo di Ed Crane, sconta la stessa contraddizione dell'atomo: è un fantasma di cui è impossibile determinare posizione e traiettoria, e che non esiste fino a quando qualcuno non decide di guardarlo. Questa danza perpetua tra l'esserci e il non-esserci è inoltre ciò che lui desidera nel momento in cui decide di agire, ricattando l'amante della moglie: dimostrare a se stesso di esistere ma rimanere intangibile per chi lo osserva, o almeno sussistere come qualcuno di cui sia impossibile conoscerne le mosse. Con la solita ironia che li contraddistingue, i Coen scelgono due elementi intradiegetici per esprimere l'idea centrale del film: la colonnina a spirale tipica delle botteghe dei barbieri, infatti, col suo illusorio movimento dimostra proprio l'impossibilità di cogliere nel contempo posizione e moto della lucina che produce l'effetto girevole. Allo stesso modo, Ed Crane, barbiere metafisico simile allo scrivano Bartleby nato dalla penna di Melville, passa la sua vita ad osservare giocoforza i capelli dei suoi clienti; i capelli che incarnano lo stesso principio e che, come lui stesso precisa, continuano a crescere anche dopo la morte. Ciò si connette all'assunto portante del film che si snoda proprio attraverso l'osservazione che lo stesso Ed Crane effettua. E' lui lo scienziato che indaga il fenomeno. La voce fuoricampo di Ed che commenta il film dall'inizio alla fine è la voce di un morto che narra e commenta gli eventi di una porzione della sua vita, e narrandoli li osserva dimostrando un disorientamento malinconico in quanto testimone di un processo che non è sufficiente registrare per coglierne l'essenza. Ed viene condannato per un omicidio che non ha commesso, mentre nessuno sospetta di lui per l'uccisione di Big Dave. Più ci si avvicina ai fatti e meno si capiscono e il suo riosservare la propria vita è la disfatta eterna dell'uomo moderno e della sua illusione di poter intrappolare un oggetto, di poterlo analizzare semplicemente guardandolo. La realtà è ingannevole come la spirale e come i capelli che, così come Crane, con un ultimo angoscioso sussulto continuano per un po' ad esserci (pur non essendoci più). Giusto in tempo per rianalizzare il passato, registrarne l'insanabile sfasamento ed uscire dallo stato di indeterminazione per capire, ora che è morto, di essere stato vivo.