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Solamente
una settimana più tardi le pianure di Woodstock sarebbero
state invase da migliaia di anime immerse nel fango, per un
happening da molti definito come il canto del cigno della
generazione hippie. Ma un episodio di cronaca aveva già
devastato il candore disinibito dell'ultima "Summer of
love" la notte del 9 agosto del 1969 a Cielo Drive nei
pressi di Beverly Hills. A chiudere un'epoca con un tratto
indelebile contribuì infatti il feroce assassinio di
Sharon Tate da parte di Charles Manson e dei suoi seguaci.
Una porzione dell'idealismo degli anni sessanta iniziò
il suo simbolico crollo in seguito a quel massacro partorito
dalle frenesie fanatiche di un maniaco omicida. La ventiseienne
texana Sharon, al tempo moglie di Roman Polanski ed incinta
di otto mesi, fu investita dalla furia di Manson nella sua
casa californiana, mentre era con un gruppo di amici; l'efferatezza
dell'atto risultò ancora più scioccante in virtù
dell'equivoco che lo aveva provocato. Un anno dopo infatti
le reali motivazioni dell'omicidio furono chiarite: la vittima
predestinata avrebbe dovuto essere il figlio di Doris Day,
Terry Melcher, colpevole di non aver mantenuto la promessa
di pubblicare le canzoni scritte da Manson (sempre nel 1969
erano stati i Beach Boys ad inserire un suo pezzo, Cease
to Exist, ribattezzato Never Learn Not to Love
nel loro album 20/20). Il fatto che Melcher non vivesse lì
da tempo non impedì agli invasati di uccidere chiunque
si trovasse nella casa. A Sharon furono inferti sedici colpi
di pugnale, fu strangolata con una corda e il suo sangue utilizzato
per scrivere "Pig" sulla porta d'ingresso. Altre
esecuzioni illustri sarebbero seguite se Manson non fosse
stato catturato: la lista di morte comprendeva tra gli altri
Tom Jones e Steve McQueen. Quest'ultimo, fidanzato con Sharon
in passato, dichiarò che solamente una coincidenza
(l'incontro con un'altra donna) gli impedì di raggiungere
Sharon per cena, come da programma. L'impegno su un set europeo,
invece, permise a Polanski di evitare la strage tralaltro
beffardamente annunciata quando, mesi prima, lo stesso Manson
ebbe una breve conversazione proprio con Sharon quando si
recò sul futuro luogo del massacro per avere informazioni
su Melcher. In quella notte si spense così il sogno
della definitiva consacrazione nell'empireo dei divi per la
quintessenza della starlet anni sessanta che impersonava la
tendenza di una intera generazione: vulnerabile e briosa,
la sua bellezza sfavillante incarnava lo spirito degli "swinging
sixties", uno stile di vita che aveva fatto il suo ingresso
nei party alternativi dello show business grazie soprattutto
alla protezione del produttore Ransohoff prima e di Roman
Polanski successivamente. Prima di approdare a Hollywood,
Sharon lavorò come comparsa in alcuni film prodotti
in Italia dove si diplomò nella scuola americana di
Verona; una volta tornata in America, bruciate le consuete
tappe della carriera televisiva (The Beverly Hillbillies
dal '63 al '65) e conquistate le pagine della preziosa e leggendaria
Playboy Magazine con una galleria di foto scattate
da Polanski stesso, oltre a lavorare proprio accanto al futuro
consorte in Per favore...non mordermi sul collo, Sharon
apparve in Valley of the Dolls (l'interpretazione più
importante, nel 1967, che le valse una nomination al Golden
Globe) e The Wrecking Crew (1968) con Dean Martin,
in un ruolo che ha ispirato la Felicity Shagwell del recente
Austin Powers 2. Sarebbe ingiusto e semplicistico affermare
che la sua carriera sarebbe stata indubbiamente luminosa;
fu più la sua morte prematura e brutale a bloccarla
giovanissima sulla rampa verso il successo trasformandola
contemporaneamente in un' icona: allevata, sfruttata ed infine
spazzata via dal nonsense hollywoodiano, come lei stessa aveva
intuito: "La gente mi considera solo un oggetto sessuale.
Quando firmai il contratto pensai che fosse grandioso ma poi
mi sono accorta di essere solo un semplice tassello del merchandising".
E se la sua stella non accenna comunque ad offuscarsi dopo
oltre trent'anni da quella notte, forse è perché
ogni generazione ha bisogno di esorcizzare il proprio epilogo
proiettandosi nel più tragico degli emblemi.
Filmografia
The Twelve Chairs (1970)
The Wrecking Crew (1969)
All Eyes On Sharon Tate (1967)
Valley of the Dolls (1967)
The Fearless Vampire Killers (1967)
Don't Make Waves (1967)
Eye of the Devil (1967) |
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