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Come è accaduto per una stella
ben più fulgida come quella di Sharon Stone, anche unattrice
promettente come era Winona Ryder dimostra ancora una volta di aver
avuto una sua stagione folgorante - a cavallo tra la fine degli anni
80 e la metà del decennio successivo - e di essersi poi
completamente persa a causa di troppe scelte artistiche sbagliate e
di un talento col segno di poi forse sopravvalutato. Questo suo nuovo
Tutti i numeri del sesso arriva puntuale a
valorizzare questa ipotesi, se ancora ci fosse bisogno di unulteriore
conferma. Esempio bislacco di commedia indipendente che vorrebbe muoversi
ai limiti dello scandaloso per dimostrarne invece la normalità
e smascherare al contempo il bigottismo che lo circonda, il film rimane
invece ad un livello di analisi contestuale del tutto superficiale.
La storia, liberamente ispirata ad un libro di culto di origine islandese
uscito qualche anno fa, viene teletrasportata in unAmerica da
cartolina tutta imbellettata e quindi inerme come il suo protagonista,
un Simon Baker che si dimostra ancora una volta capace di una sconcertante
penuria di espressioni facciali. Da parte sua. La dolce Winona continua
ad intestardirsi in parti che contengono lambiguità di
un adolescenziale, per di più recitandole con il trasporto verificato
soltanto dai suoi occhioni che continuano a sgranarsi sempre di più.
Loperazione non è comunque del tutto fallita: ci sono qua
e la un paio di scene che divertono, anche se ad essere sinceri più
attraverso i mezzi della commedia ridanciana che con la finezza e la
sottigliezza del lavoro più intelligente; e poi lavvenenza
estetica di almeno un paio di modelle che fungono da disinibite comprimarie
riesce a colpire nel segno. Tutti i numeri del sesso
rimane però costretto a muoversi su un livello contenutistico
decisamente basso, a ciò anche per merito/colpa del regista Daniel
Waters, che preferisce sempre il momento di messa in scena laccata piuttosto
che lavorare in profondità, tirando magari fuori le contraddizioni
e la disperazione delle situazioni che sta raccontando. Il risultato
finale è una pellicola morbida, scentrata, che non
riesce mai a coniugare lamore e la morte del titolo originale
in un connubio che scateni una qualsiasi emozione. Linteresse,
quando fa sporadicamente capolino, si limita a dirigersi verso la parte
più esterna della mente dello spettatore, mentre il soggetto
alla base del film avrebbe potuto scandagliare recessi ben più
reconditi della psiche e dellinconscio umani.
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