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Chiamato dallamico Kirk Douglas
a sostituire Anthony Mann, Kubrick si trova per la prima volta a gestire
budget e set di proporzioni epiche: sotto questo punto di vista, Spartacus
è un momento cruciale, in quanto primo termine di confronto per
arrivare al controllo assoluto della macchina cinema. Anche
se meno personale di molte altre opere, questo lungometraggio in un
certo senso chiude il discorso sul peplum, cementandone
le direttive estetiche e stabilendo dei confini oltre i quali non si
è più andati. Le scene di massa sono poderose, così
come la gestione visiva degli straordinari setting. La presenza
di troppe star cui rendere spazio non ha consentito il solito, grande
lavoro di sintesi narrativa a cui il cinema di Kubrick ci ha abituato,
quindi ad ammaliare partecipa soprattutto la fastosa messa in scena.
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