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Sleuth - gli insospettabili
Sleuth, Gb, 2007
di Kenneth Branagh, con Michael Caine, Jude Law

L’anacronismo delle buone maniere
recensione di Anna Maria Pelella



Andrew è un affermato scrittore la cui moglie ha una storia con un attore disoccupato, Milo Tindle. I due sono nella difficile posizione di negoziare i termini del divorzio che la donna vorrebbe e che Andrew non sembra disposto a concedere, motivo per cui Milo va nella lussuosa villa di Andrew per discutere con lui ed indurlo a ragionare. Quello che Milo non sa è che Andrew si rivela essere un individuo dal bizzarro senso dell’umorismo...

Andrew è un affermato scrittore dai modi piuttosto manipolatori e dalla parlantina pungente, l’incontro con un attore spiantato, giovane e carino che ha rubato il cuore di sua moglie lo mette nella difficile situazione di dover negoziare uno spazio nella vita dei due. La sua scoperta superiorità intellettuale gli serve poco a contrastare il fascino primordiale del rivale, ma la grandissima scaltrezza ne agevola la possibilità di soverchiarlo in cattiveria e riprendersi il gusto finale dell’umiliazione. Il tutto con una tale esibizione di buone maniere ed educazione da lasciar interdetti, per vedere meglio il contrasto bisogna arrivare all’ingresso in campo dell’ispettore, che riesce nel difficile compito di passeggiare nel negozio di cristalleria con la famosa grazia dell’elefante. Le buone maniere di Andrew e la sua incredibile scaltrezza sono il punto di incontro tra il famoso autocontrollo inglese e il cattivo gusto di chi ruba la moglie ad un altro, e nell’intento di spazzare sotto il tappeto l’intera faccenda i due sono complici più di quello che appare ad uno sguardo superficiale. La schermaglia è evidente fin dal primo confronto e Andrew è assai in vantaggio dal punto di vista della cattiveria, Milo è un principiante pare quasi che il colpo di apertura, rubare la moglie all’anziano rivale, sia stato fortuito altrimenti come spiegare l’ingenuità con la quale si lascia imbrogliare da lui? I successivi passaggi costituiscono l’escalation iperbolica, che se da una parte rende leggermente anacronistico il duello stesso in nome del cuore di una donna, dall’altra crea un substrato alla secolare lotta tra istinto e ragione. Il tutto recitato nella cornice freddissima di un villino ipertecnologico, nel palese tentativo di aggiornare il plot anacronistico, certo ma mai così attuale come quando Andrew ammicca con signorilità alla palese scortesia del giovane rivale, e gli fa notare di essere “uno su un milione”.
Branagh riesce nella solita alchimia di trovare un’angolazione nuova attraverso cui guardare lavori del passato, neanche tanto avvincenti in sé, ma di sicura efficacia dal punto di vista della riuscita recitazione. Del resto Branagh è di certo un regista assai puntuale nelle sue trasposizioni o adattamenti, ed ha il dono di rendere plausibile quasi ogni aggiornamento, persino di classici del teatro shakespeariano. In questa regia tralascia quasi del tutto il lavoro originale per concentrarsi su alcuni particolari che rendono l’aggiornamento della trama piuttosto riuscito, anche se la scelta di Law per la parte di Milo invalida in parte la raffinatezza della messa in scena. Le scelte di regia, tra cui quella riuscitissima di inquadrare i due protagonisti a distanza ravvicinata per sottolineare una nascente attrazione di natura sessuale/cerebrale tra i due, rendono divertente ed attualissima la schermaglia, che si svolge tutta tra le impassibili espressioni di Caine che sole suggeriscono il passaggio delle mille emozioni nascoste nelle pieghe dello svolgimento, e i broncetti di Law, che nella prima parte sono assi più convincenti, ma che da un certo punto in poi, diventano leggermente ridondanti. La recitazione di Caine resta sempre impeccabile, anche verso la fine quando il dolore prende il sopravvento sul gioco stesso, mentre Jude Law resta credibile e persino bravo fino a metà del gioco, ma dopo un po’ scivola nella autocelebrazione delle proprie scoperte capacità di non scomparire al cospetto di un mito come Caine, scomparendo appunto in quello stesso momento.
Certo è che se Caine negli anni è costantemente migliorato, e può certo essere convincente nella parte che fu di Sir Laurence Olivier, Law per quanto si sforzi è al momento assai lontano del Caine di trentacinque anni fa, che appunto riuscì nel difficile compito di non scomparire al cospetto del grandissimo Olivier, impresa che Law tenta a più riprese, senza mai riuscire davvero a compierla.