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La scommessa era di quelle che a
dire il vero sembravano perse già in partenza: portare sul grande
schermo la serie cartoon più amata e corrosiva dellera
mediatica moderna avrebbe voluto dire rischiare di andare incontro ad
un sovvertimento di senso che avrebbe irreversibilmente alterato la
natura stessa dei Simpson. E così infatti è stato.
Matt Groening, James L. Brooks & Co. si sono lanciati nella sfida
e per la prima parte del film sembravano aver trovato la maniera più
efficace per trasformare televisione in cinema: i semplici accorgimenti
estetici individuati per tale scopo - che consistono specificamente
in maggiore profondità di visione ed una accentuata robustezza
cinetica, volta a muovere i personaggi in uno spazio più ampio,
quello del 2.35:1 - mantengono le premesse del lungometraggio su un
binario conosciuto e sicuro, quello dei toni scanzonati, ridanciani
e sulfurei della serie TV. Man mano però che la storia si dipana
succedono due fatti che iniziano a minare le basi portanti della cultura
Simpson: primo e fondamentale peccato è quello di inserire
nella trama un sottotesto moraleggiante assolutamente inopinato ed eterogeneo
rispetto allidea originale, e che consiste più propriamente
nella sotto-trama che riguarda il rapporto discontinuo tra papà
Homer e Bart.
Ma la falla più grossa ed incredibile viene compiuta circa a
metà della pellicola: i Simpson escono da Springfield! Prendere
una serie di figure così fortemente caratterizzate ed estrapolarle
proprio da quel contesto che partecipa in maniera fondamentale alla
loro caratterizzazione è un errore che da gente esperta come
Groening e Brooks sinceramente non ci saremmo aspettati. Ed infatti
i Simpson - il film crolla verticalmente di interesse,
perdendosi in una serie di sequenze retoriche e piuttosto melense, trascinandosi
fino ad un finale high-action che sembra essere stato messo
apposta per chiudere il tutto, senza però una logicità
ben precisa e soprattutto uno sviluppo drammatico coerente attraverso
il quale si è arrivati ad esso.
Sia ben chiari ai nostri lettori, la trasposizione cinematografica del
cartoon non è però completamente da buttare: in alcuni
momenti risorge lo spirito realmente iconoclasta ed acidulo che ha animato
per ormai quasi ventanni il pubblico televisivo di tutto il mondo.
Se alcune correzioni di tiro sulla definizione dei personaggi risulta
eccessivamente edulcorata - vedi soprattutto Bart, Lisa ed un signor
Burns clamorosamente dimenticato nella storia - rimane però
la grande vena comica bassa di Homer, vero protagonista
che mantiene le aspettative con la sua visione bigotta e totalmente
pigra del mondo che lo circonda. In lui si può ancora
vedere una delle critiche più taglienti e costruttive allimbolsimento
della società occidentale.
Grosso successo in patria (lincasso dovrebbe superare i 200 milioni
di dollari) I Simpson - il film dovrebbe trovare enormi
proseliti da noi senza eccessivi problemi: bisogna ricordare al pubblico
che andrà a vederlo che si tratta sempre e comunque di una trasposizione
cinematografica di un qualcosa che è nato per un altro media,
e che ad esso è diventato endemico. I difetti correlati a questo
passaggio sono evidenti, ma forse impossibili da evitare.
P.S. - Ci scusiamo se con questultima postilla faremo spoileraggio,
ma la domanda è di fondamentale importanza: come mai tutta la
pubblicità costruita intorno alla pellicola, almeno in Italia,
mostra Homer a caccia ottusa di ciambelle, quando poi nel film questa
sua stupidità simbolica non viene per nulla adoperata?
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