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Questo film rappresenta una testimonianza
attendibile dello stato di confusione totale in cui versa lAmerica
contemporanea. Unanalisi attenta e più ampia di quella
concessa dallo spazio di una recensione potrebbe estrarre uno per uno
tutti gli ingredienti di questa crisi profonda. Malgrado ciò
non voglio demordere. Quando parlo di crisi dellAmerica contemporanea,
mi riferisco a quel singolare fenomeno che consiste nellattaccamento
maniacale agli aspetti che hanno formato e continuano a formare lidentità
americana, senza preoccuparsi minimamente della coerenza e della compattezza
della miscela che risulta da questo pasticcio di temi. Dal
momento che non voglio snocciolare un elenco di tutte le salienze del
film, mi limiterò a compendiare quello che a me è parso
il cuore del lavoro di Fuqua. è un prodotto profondamente nostalgico,
nostalgico e romantico. Rimpiange i tempi antichi, anche e soprattutto
filmici, in cui leroe solitario era il sovrano degli eventi, il
padrone assoluto della scena, il restauratore dellordine violato.
Rimpiange la complicità tra spettatore e protagonista, quel non
dubitare mai da parte del primo dellintegrità del secondo,
mentre tutte le comparse e le ombre che gli danzano intorno nella storia
non possono non dubitarne, per la parzialità e incompletezza
del loro punto di vista. Sostanzialmente rimpiange un mondo ridotto
a teatro, ben delimitato, conosciuto, prevedibile e controllabile. Di
tutto questo il film di Fuqua è nostalgico. Il nostro regista
però non è solo nostalgico, ma anche furbo e scafato,
tanto che decide di cambiare la scena, di sostituire allantico
teatro, allantico spazio a misura deroe, un nuovo palcoscenico,
il mondo globalizzato, informatizzato e disincarnato privo di centro
e periferia, in cui sorgono e dileguano identità inaffidabili,
in cui gli eventi accadono ma sembrano scaturire da abissi senza memoria,
da patti antichi non più rintracciabili, da intrecci non dipanabili.
Le decisioni e le azioni degli individui in questo universo sono comprensibili
solo come momenti di un progetto canceroso più ampio, impersonale,
che si muove e sviluppa circolarmente e a spirale ed è volto
unicamente ad accrescere il potere dei pochi che ce lhanno. In
effetti, il cancro e il suo decorso illustrano bene la logica interna
ai conglomerati che hanno e generano potere in questo nuovo assetto
mondiale. Il finalismo che questi nuclei di potere sprigionano è
totalmente afinalistico e non potrebbe essere diversamente. Lungimiranza
e consapevolezza di sé, che nutrono ogni autentico progetto orientato
alla salvaguardia della vita propria e altrui, sono ormai impossibili
perché gli individui, afflitti da miopia, sono attaccati unicamente
al successo episodico delle loro azioni, non importa quanto grande ne
sia la scala e la portata. È questo il mondo con cui Fuqua fa
interagire il suo eroe, Bob Lee Swagger (Mark Wahlberg). Cecchino infallibile,
solitario e romantico, usato e tradito dallesercito cui tutto
aveva dato, incapace di sottrarsi, per lealtà alla nazione e
senso di giustizia, a un nuovo incarico che gli viene assegnato dopo
tre anni dalla sua ultima missione, Bob Lee Swagger rappresenta lantica
ontologia delleroe, rocciosa e definitiva, contrapposta ai nuovi
profili contemporanei dellessere, liquidi, srdadicati e senza
nome. Il risultato è un film caotico, a tratti avvincente e interessante,
a tratti mortificante. La sensazione che si ha nel corso della visione
e che continua a residuare anche a visione terminata è che Fuqua
abbia appiccicato due mondi senza riuscire a garantire alcuna unità
alla sua sintesi. Bob Lee Swagger sembra entrare e uscire da un universo
in cui malgrado tutto riesce a muoversi come se esso desse punti di
riferimento. Ecco perché ciò che è liquido e ineffabile,
transitorio e senza nome (penso in particolare ai nemici di Swagger),
viene costretto dalla maldestra operazione di saldatura del regista
ad acquisire una consistenza identitaria rassicurante che non gli appartiene,
che si fa pesantezza e grevità. Che dire in ultima analisi? Shooter
è un film che fallisce nellimpianto ideologico che lo sostiene,
luno contro tutti è una fantasia dellinfanzia che
alimenta la speranza del bambino di impressionare nemici e amici, in
altre parole la sua speranza di riconciliarsi con il mondo trasformandolo
in un spazio riconoscibile, praticabile e sicuro, spazio alla coscienza
adulta definitivamente precluso.
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