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Leggo, mentre mi avvio a scrivere
questa recensione, lincipit del plico che accompagnava lanteprima
di questo vero e proprio infortunio cinematografico, forse il più
infelice dellanno. Katherine Winter (Hilary Swank) non crede nei
miracoli crede nei fatti. La grossolanità che risiede
nella contrapposizione tra miracoli e fatti, grossolanità che
il film ampiamente documenta, dimentica che anche i miracoli sono fatti,
ragion per cui non troverei inappropriato affermare che la nostra Katherine
Winter crede nei miracoli perché crede nei fatti e viceversa.
In effetti il film non dà possibilità alcuna allo sfortunato
spettatore di distinguere tra miracoli e fatti. In modo fin troppo prevedibile,
la nostra eroina non tarda a essere presentata come una testarda e brillante
smonta miracoli. Ovviamente spaventato dallarroganza e dalla sicurezza
con cui la nostra umilia e ridimensiona le speranze dei fin troppo
umili che forse non saranno mai primi, il regista ci rassicura
svelandone il neanche poi tanto lontano passato di ministro di culto,
segnata dalla morte della figlia e del marito. Tanta rabbia e disinvoltura
nel liquidare i tentativi di irruzione del divino nel corso naturale
delle cose meritano allora la nostra comprensione, perché abbiamo
in realtà a che fare una coraggiosa paladina di verità
e carità, incazzata a morte con Dio e ferocemente in lotta con
lui. Naturalmente, se lei cerca di dimenticare Dio, Lui, gravido damore,
non ha mai smesso di pensare a lei e concepisce un disegno su misura
per il suo pieno riscatto e recupero. A insaputa di lei ovviamente,
che per buona parte del film ben poco capisce di quello che vede e succede,
larruola nella più grande delle imprese, lunica che
possa pienamente riconquistarla alla causa della fede. Il punto è
che Dio dimostra di avere ben poca fantasia, perché riciccia
e ricicla uno dei suoi pezzi veterotestamentari più forti: le
dieci piaghe di Egitto. Non solo: mentre poteva avere un senso un tale
dispiego di forze e risorse elettriche, telluriche, idriche e biologiche
per spazzare via una superpotenza mondiale come lEgitto di allora,
sinceramente tanto accanimento contro un manipolo di sfigati sperduti
nelle remote lande della Lousiana sembra uno spreco inutile. Il Dio
a cui alla fine si rivolta lormai ritrovata nella fede Hilary
Swank è un Dio scemo e sprecone. A ben pensarci, non è
la presenza del sovrannaturale a irritare in questo film, ma la sua
volgare banalizzazione. I topoi più triviali sono la materia
prima di questa mortificante miscela di effetti speciali e povertà
narrativa. Le uniche elargizioni di gusto ed eleganza vengono dai nuovi
computer mac, sfacciatamente esibiti nel film. Poteva essere interessante
approfondire il rapporto tra fanatismo religioso e satanismo, riflettere
sulla facilità con cui il primo scivola nel secondo, evidenziare
le premesse che luno e laltro drammaticamente condividono.
Ma è chiedere troppo a un film in cui persino Dio sembra scemo.
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