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Scusa ma ti chiamo amore
Italia, 2007
di Federico Moccia, con Raoul Bova, Michela Quattrociocche, Veronika Logan, Riccardo Rossi


Scusa ma ti chiamo regista
recensione di Stefania Leo



Amore… Motore!”: questa è la frase con cui Federico Moccia chiude il libro "Diario di un sogno", memorie raccolte durante lo shooting del film Scusa ma ti chiamo amore. Dopo il successo di Tre metri sopra il cielo e Ho voglia di te, il 25 gennaio sarà in tutte le sale l’ultima opera, questa volta cinematografica, di Federico Moccia, che si è prodotto nella sceneggiatura e nella regia di un film già destinato a raccogliere i consensi di tutti i giovani conquistati dal romanzo. Ciò che magari sfuggirà ai più, fermamente ancorati ai granitici pregiudizi nei confronti dell’opera mocciana, è che forse lo scrittore romano è più talentuoso come regista che come romanziere.
La storia è sempre la stessa: belle ragazze patinate, “parioline”, libere e disinibite al centro della scena. Tra loro, il cigno: in questo caso, Niki (Michela Quattrociocche). Dall’altra parte: uomini problematici, al bivio con le loro vite e le loro certezze, i primi capelli bianchi, l’abitudine e la routine. Fra loro Alex (Raoul Bova), diminutivo di Alessandro, che fa troppo vecchio. Niki va a sbattere con il motorino contro la macchina di Alex. Si rialza e, ridendo, entra nella vita di questo giovane pubblicitario in crisi per la recente rottura con una ex di rara antipatia (Veronika Logan). La storia d’amore fiorisce e i due abbattono le differenze fra i rispettivi mondi a colpi di cene, feste e visite ai genitori in incognito.
Risate, lacrime e scenari mozzafiato: indubbiamente Federico Moccia sa quali sono i tasti da toccare con il suo pubblico. Dopo un milione di copie vendute, dopo il successo arrivato dopo anni di vagabondaggi nelle scuole con il fascio di fotocopie di Tre metri sopra il cielo sotto il braccio, Scusa ma ti chiamo amore arriva nelle sale per concretizzare i volti di Niki, Alex, le O.n.d.e. (acronimo di Olly, Niki, Diletta ed Erica) e gli amici. Tutto l’universo giovanilistico creato dallo scrittore romano prende forma sullo schermo che riesce, paradossalmente, ad occultare almeno in parte la scandalosa povertà di contenuti del film, del quale nemmeno le frasi da Baci Perugina riescono a colmare il vuoto tematico. Tuttavia Moccia apporta a questo film l’esperienza, l’umorismo e la tecnica accumulata in altre esperienze cinematografiche come Classe mista III A e College. Diverte, corteggia l’occhio dello spettatore, riesce a parlare la lingua del grande schermo anche con eleganza, anche se l’uso della fotografia ricorda da vicino il sogno pubblicitario del Mulino Bianco. Del resto sono proprio i personaggi di Moccia che “vogliono la favola” (come, vent’anni prima, diceva la Vivian di Julia Roberts in Pretty Woman) e questo è proprio il codice iconico del “C’era una volta”.
Raoul Bova, molto più bello ora che ai tempi di Primo amore, rivela un’incredibile capacità camaleontica, vestendo i panni di un pubblicitario dopo la dura intepretazione di Milano-Palermo: il ritorno. Ha dichiarato che quest’esperienza è stata “liberatoria”. Esordio cinematografico di Michela Quattrociocche, che sarà dura immaginare in altri ruoli, oltre quello di Niki. Alcuni nomi di qualità solo quelli Riccardo Rossi, Luca Ward e Cecilia Dazzi.
Uno dei temi affrontati da Scusa ma ti chiamo amore è la crisi valoriale dei quasi quarantenni. Alex si trova davanti una ragazzina fresca e solare, che ride davanti a tutte le difficoltà: dopo una vita grigia, con divano grigio e ragazza grigia sull’orlo dell’isteria, Niki è la classica boccata d’aria fresca. Come resisterle? Alex opta per la fuga dalla realtà nelle braccia di Niki e ritrova il sorriso, l’immaginazione, l’amore incantato.
Niki parla del sistema, di abbattere il sistema, di stare fuori dal sistema, ma forse il sistema non sa nemmeno cosa sia. Sogna l’amore nel faro bianco, per riprendersi dalla batosta dell’abbandono le sue inseparabili amiche la vanno a prendere sotto casa con una limousine e la portano nel backstage degli Zero Assoluto: sfruttano il sistema per vivere e divertirsi. E giocano alle regole del sistema, invariabilmente. Rompere cinque macchine in una notte è un modo di appartenere al sistema. Comprare jeans Fornarina è più che un modo di appartenere al sistema. Il non contemplare mai una realtà diversa da quella di Ponte Milvio è il modo di appartenere al sistema.
Se si avvicina Scusa ma ti chiamo amore al filone della commedia romantica Dirty Dancing, Pretty Woman o Save the Last Dance, il nuovo film di Federico Moccia potrebbe rappresentare un mattone per lo scintillante castello in cui rifugiarsi con il principe azzurro. Ma in un momento storico in cui sembra che le nuove generazioni non siano capaci di costruire miti, ma solo di consumarli, confidiamo che presto la storia della giovane Onda Niki e del fascinoso Alex diverrà un patinato e bellissimo ricordo di pochi secondi. Altrimenti lo Stato sociale si troverà a varare piani di welfare per procurare limousine bianche per cuori spezzati.