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Una regista scozzese, Andrea Arnold,
non giovanissima ma esordiente. Un film, presentato alla scorsa edizione
del festival di Cannes, che ha ottenuto un unanime interesse dal mondo
della critica europea, oltre che il Premio della Giuria. Un progetto,
"Advance Party" (sostenuto da istituzioni pubbliche scozzesi),
secondo cui tre registi devono sviluppare tre storie basate sullo stesso
gruppo di personaggi, con lunico vincolo della location scozzese
e dellinterpretazione degli stessi personaggi da parte dei medesimi
attori (ovviamente con lo stesso stile interpretativo).
Red Road è il primo frutto dellesperimento,
diremmo ben riuscito, in cui si apprezza come la regista, abituata nei
suoi precedenti cortometraggi ad inventare storie basandosi solo su
esperienze di vita vissuta, sia riuscita nellimpresa di rendere
le restrizioni più che un vincolo uno stimolo per permettere
ai pensieri e ai fantasmi più profondi di emergere alla luce.
Ecco dunque profilarsi le buie periferie di Glasgow, dove la protagonista
lavora in una ditta di videosorveglianza; a lei tocca occuparsi di una
zona periferica a rischio, popolata da ragazzi di strada, piccola delinquenza
e qualche prostituta; e di volpi, che di notte attraversano le carreggiate.
La giovane donna dallo sguardo triste, che porta la fede ma fa vita
da single, passa le giornate ad osservare malinconicamente i movimenti
degli altri, facendo proprie le esistenze altrui. La vediamo per la
prima volta animarsi quando appare sullo schermo un volto che evidentemente
non le è ignoto. Da quel momento non avrà altro scopo
che rintracciare luomo ed entrare prepotentemente nella sua vita,
in modo per così dire inconsueto, finché non riuscirà
ad ottenere quello che desidera
Grande pregio della sceneggiatura è di non far sospettare minimamente,
almeno fino alla parte finale, le motivazione ed i segreti della donna,
mantenendo una suspence molto elevata. Il difetto è che, una
volta svelato il meccanismo, resta ben poco dellatmosfera misteriosa;
lazione diventa poco credibile e piuttosto artificiosa, ed un
soggetto che in partenza prometteva di essere molto ricco si riduce
ad una più banale storia di vendetta (con successive, tortuose,
conseguenze psicologiche). Ma linteresse del film va oltre la
sua trama, tutto sommato abbastanza semplice; è piuttosto nella
regia, sicura e fluida, e nella potenza delle lunghe inquadrature ben
costruite. Girando in digitale con molti primi piani, specie sul volto
della protagonista, ed immagini sgranate nel non facile gioco della
visione attraverso limpianto di sorveglianza, Andrea Arnold dà
prova di possedere un tocco molto personale di grande forza, e descrive
aspetti della realtà sgradevoli e proibiti senza
esitazioni. Se minimale luso dei dialoghi e della colonna sonora,
molto delleffetto ipnotico si deve alla fotografia fredda, che
gioca sui colori del blu, tratteggia un ambiente osservato, anzi spiato,
da angolazioni originali attraverso il circuito chiuso, fornendo un
quadro oppressivo di una Glasgow povera e svuotata, ombrosa ed inquietante,
decisamente una città in decadenza. Immagini quasi claustrofobiche,
anche se gli ambienti rappresentati sono allaperto, ed una descrizione
di quel microcosmo (un formicaio visto dallalto) che, nel suo
ripetersi attraverso le stesse figure e gli stessi angoli, sembra quasi
voler anticipare e racchiudere il senso dellintero progetto "Advance
Party".
Il tema dellocchio che ci scruta a nostra insaputa, per quanto
non originale, continua ad affascinarci - peraltro la videosorveglianza
è una realtà molto presente in Gran Bretagna da vari anni,
anche a livelli tecnologici piuttosto elevati -. Il meccanismo del voyeurismo
è lo stesso dello spettatore davanti alla tv, ed evidentemente
a questo si richiama lautrice nelle lunghe inquadrature di Jackie
di fronte agli schermi, come ipnotizzata; inquadrature, tra laltro,
tecnicamente non facili, dato che riprendere a lungo un monitor porta
inevitabilmente una certa pesantezza, qui evitata grazie al ben congegnato
meccanismo di suspence di cui si è detto. Interessante, infine,
il gioco tra le figure che appaiono fino a un certo momento solo sugli
schermi bluastri della sorveglianza, per poi farsi vive, reali, sulla
strada, assumendo corporeità ed unaltra dimensione. Un
gioco tra realtà ed immaginazione, un ritratto assieme realistico
e poetico di un luogo e di una figura femminile, grazie anche alla notevole
linterpretazione della protagonista Kate Dickie.
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