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Un ponte per Terabithia
appartiene a quel genere di storie per ragazzi che potremmo chiamare
di formazione. Negli Stati uniti il romanzo di cui il film
è fedele trasposizione è molto conosciuto, tanto da esser
stato adottato anche come testo scolastico. Pur essendo stato scritto
qualche decina di anni fa (ma la sceneggiatura è stata adattata
ai giorni nostri, e in alcuni punti si vede) racconta di tematiche così
stabilmente radicate nella dimensione della crescita, anche da un punto
di vista pedagogico, che finiscono con lessere attuali o perfino
di moda (il bullismo). Al centro della vicenda cè un ragazzo
appena adolescente, Jess, che deve barcamenarsi tra una serie di problemi
di ordine differente: una famiglia distante e un padre un po insensibile,
lintegrazione con i suoi pari a scuola, complicata dal carattere
introverso e poco virile secondo i consueti canoni della collegialità
americana (cosa preoccupa alquanto il padre), e, più sullo sfondo,
ma comunque presente, la questione su cosa essere e fare della propria
vita. Loccasione di far scattare di un gradino in avanti levoluzione
di queste tematiche è rappresentata dalla bionda e solare Leslie,
un po outsider come lui, ma sicuramente più matura: sarà
lei a insegnargli ad essere più reattivo e protagonista nei confronti
degli altri e, soprattutto, a capire quanto potenziale magico ci sia
nella sua immaginazione, facendola esplodere dai fogli di carta (Jess
è un disegnatore talentuoso) per riconfigurare letteralmente
la realtà intorno a lui. Insieme a questa strana ragazza, Jess
inventa un mondo fantastico nel boschetto dietro casa, lo abita di creature
fiabesche, anche se non tutte amichevoli, almeno allinizio, e
si proclama monarca di questo reame, a cui dà loscuro nome
di Terabithia. La tensione tra il mondo inventato, rifugio di ogni ragazzo
impaurito dalla vita che gli impone di crescere, e la quotidianità
abrasiva della scuola e della famiglia, porteranno Jess a crescere nellarco
di breve tempo, anche se non sarà una crescita indolore e priva
di momenti tragici.
A parte la parabola di evoluzione, costruita intorno ad una serie di
piccole o grandi prove che il giovane deve affrontare per destreggiarsi
in un mondo che non consentirebbe fughe nellimmaginario, e che
costituisce il corpo centrale, la ragion dessere del film, la
storia offre uno spunto interessante quando si guardi in filigrana la
raffigurazione delle due famiglie, quella di Jess e quella della sua
amica e guida Leslie. La prima è presentata in maniera fortemente
tradizionale, con tutti i retrogusti problematici del termine: cinque
figli, padre agricoltore dalla mentalità a dir poco pragmatica,
che sembra interagire con lunico maschio, Jess, più che
altro per delegargli una cospicua parte dei lavori di casa; madre amorevolmente
evanescente. Leslie appare invece sin da subito come proveniente da
un altro ceppo sociale: veste in maniera poco consona ad una ragazzina,
al contrario di Jess sembra ben poco preoccupata di aderire alle aspettative
standard che la comunità ha nei suoi confronti, e soprattutto
in casa non ha la televisione. Più avanti si vedrà che
entrambi i suoi genitori sono scrittori (e nel romanzo si specifica
che spesso animano latmosfera casalinga con discussioni di politica,
giustizia sociale e ambientalismo) e quando accolgono Jess in casa per
la prima volta lo coinvolgono immediatamente nel gioco di ritinteggiare
le pareti nel modo più creativo possibile, disegnando con la
vernice, ballando e sentendo musica nel frattempo. Ovviamente Jess sarà
significativamente a disagio: lo vediamo incapace di staccare il pennello
dalla riga diritta, ortogonale dello stipite della porta, mentre la
sua amica si abbandona ai più stravaganti ghirigori. Proprio
lui, che adora disegnare.
Insomma: una famiglia post-hippy di contro ad una famiglia rurale, e
velatamente borghese. Quando scopriamo che il romanzo è del 1977
tutto diventa chiaro. La critica è sopravvissuta, esportata integralmente
nella versione cinematografica della narrazione, con tutti i suoi aggiornamenti
di contesto. Quando il film termina si ha netta la sensazione che non
si sia affievolito di molto quel rancore nei confronti di una generazione
che non ha voluto credere nella propria discendenza, e che giudicava
la coltivazione del proprio estro unindebita sottrazione di tempo
ed energia alla coltivazione dei pomodori:.
Al di là delle più lampanti tematiche in scena in questo
film per ragazzi lieve come una piuma, cè da auspicare
che i suddetti ragazzi sappiano soffermarsi anche su questo particolare:
queste due famiglie così antitetiche, e come una delle due non
sappia dimostrarsi capace di infondere forza e autostima nella propria
progenie (laltra sì), e trarne alla lunga conclusioni che
potrebbero portarli ben più in là di quanto speravano
magari gli stessi insegnanti che propinavano Terabithia per i compiti
estivi. Conclusioni perfino destabilizzanti, almeno un po, per
un certo tipo di cultura americana standard. O italiana, o di qualunque
altro paese. Potrebbe esserci un filo conduttore che guidi i ragazzi
da film come Un ponte per Terabithia verso quelli di
Todd Solondz, tanto per dirne uno. Anche se, presumibilmente, non verranno
mai organizzate proiezioni scolastiche per questi ultimi.
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