È difficile riuscire a dare
un giudizio su due piedi di un film come Pirati dei caraibi
- ai confini del mondo: appena spente le luci in sala si ha
la sensazione di essere scesi da una strana giostra dopo un giro di
circa tre ore: perdita di orientamento, vertigini, smarrimento del senso
critico. Come se il poderoso maelstrom che domina il paesaggio dellultimo,
grande scontro navale del film, ci avesse davvero preso nel mezzo. Però
eravamo stati avvertiti alla fine de La
maledizione del forziere fantasma: gli intrecci narrativi avviluppanti
e logorroici del secondo episodio avrebbero dovuto avvertire lo spettatore
accorto, e funzionargli da segnale dallarme. Vedete quei vortici?
Bene, più avanti cè il gorgo finale, si arriva alla
fine del mondo. In effetti quella del maelstrom è unimmagine
piuttosto pertinente per illustrare il lavoro di scrittura di Elliott
e Rossio: un grande calderone ribollente e intruglioso, condito di tutto
e di più, tanto che render conto della trama diventa dopo il
primo atto impresa soverchiante. Cè il capitano Jack Sparrow
che è costretto in una condizione di oltre-morto dalla maledizione
di Davy Jones, e confinato in una specie di dimensione oltre il mondo,
appunto, a cui i suoi amici (?) devono giungere per riportarlo nel mondo
"normale" (?), e tutto questo non certo per bontà danimo,
ma perché i Nove Pirati Nobili devono essere riuniti, e disgraziatamente
Sparrow è uno di questi. È in corso infatti una vera e
propria guerra navale globale nei mari delle Indie Orientali: il cattivo
più cattivo di tutti (Cutler-Beckett, funzionario della compagnia
coloniale britannica) si è alleato di prepotenza col cattivo
più ributtante di tutti (Davy Jones, luomo dallanima
dannata e dalla barba coi tentacoli) per spazzare via dai suoi oceani
anche lultimo pirata. Pare che lultima vera speranza del
genere piratesco risieda in una dea del mare, certa Calypso, amata da
Davy Jones, venerata dai pirati e da loro stessi, tempo addietro, imprigionata
in imbelli spoglie mortali. Ma questa schematizzazione delle fazioni
lascia presto il tempo che trova: i malefici Elliott e Rossio si divertono
a mischiare le carte delle alleanze ad libitum, costringendo i vari
Sparrow, Turner, Norrington, Sao Feng (new entry gigione e apprezzatissimo
nei suoi baffi da mandarino e cicatrici formato canyon: Chow Yun Fat),
Barbossa, Elizabeth Swan ad un valzer dei doppi giochi e del tradimento,
tanto che lunica cosa sensata da fare è abbandonarsi in
maniera decisamente zen al vorticare degli eventi, senza sforzarsi di
capire chi sta con chi e per quale motivo (o anche semplicemente chi
sta su quale nave: provate per credere), e prepararsi a gustare il grande
showdown navale finale: la Perla Nera e lOlandese Volante che
se le cannoneggiano di santa ragione sullorlo di quel pazzesco
gorgo in un mare nero come la morte (direbbe un pirata vero). Ma non
contate di arrivarci presto a quel finale. Verrete prima sballottati
da una parte allaltra per due ore e passa, risucchiati prima in
unansa e poi nellaltra della trama, in un movimento assolutamente
rapsodico al limite del chiassoso, come se la storia si sia sviluppata
in maniera per così dire tumorale e non lineare, senza seguire
una logica strutturale salda e rilassata. In conclusione: una conclusione chiara e univoca è difficile da dare per un film come questo. Data una morfologia così poco compatta, è molto facile essere rapiti e conquistati da una parte e perplessi o annoiati da unaltra. Certo è che questo appartiene a quel genere - sempre più ampio - di prodotti cinematografici che se hanno davvero un senso ce lhanno visti sul grande, grandissimo schermo. È un fatto di visione, non di storia. La storia, ancora rinvenibile nel primo episodio della saga, in questo nuovo capitolo è stata gonfiata così tanto che è esplosa, e del maremoto che ne è seguito sono arrivati gli schizzi fin nelle ultime file, in sala. |