Out of time
Ostacoli per dettare il ritmo
di Valentina Vacca

 
  id., Usa, 2004
di Carl Franklin, con Denzel Washington, Eva mendes, Sanaa Lathan, John Billingsley.


Out of time è un'incursione nella commedia thriller, genere poco frequentato e molto rischioso. Mescolare una trama poliziesca con situazioni comiche richiede infatti un doppio sforzo. Quello di costruire una trama fitta e coerente, e quello di creare e orchestrare personaggi e situazioni divertenti. Due qualità evidentemente non sconosciute allo sceneggiatore Dave Collard, qui al suo debutto cinematografico, già parte dello staff di scrittori della serie televisiva animata "I Griffin".
Matt, Il comandante della polizia di un paesino della Florida (Washington), si trova a lavorare su un omicidio insieme alla moglie Alex (Mendes), dalla quale si è recentemente separato, anche lei poliziotto. Ma il principale indiziato appare subito proprio Matt, il quale è, però, chiaramente innocente agli occhi dello spettatore. Matt deve così indagare senza far saltar fuori le prove contro se stesso, e allo stesso tempo cercando di individuare il vero colpevole.
In questo gioco impossibile in cui Matt svolge in modo parallelo opera di occultamento e il suo contrario (le indagini), il film incastra con estrema abilità le relazioni del comandante della polizia con gli altri personaggi (senza contare i precisi ritratti, anche fulminei, dedicati ad ogni personaggio di contorno).
I duetti Matt-Alex sono tutti virati sul tono dell'ambiguità: Matt è un ex-marito ferito che non nasconde il suo dolore, ma che allo stesso tempo usa - a volte in modo involontario - quelle reazioni emotive per sviare i sospetti della moglie da lui. I classici battibecchi della coppia separata vengono così sfruttati in diversi modi: come descrizione della fine di un legame, come contrappunto comico e bozzettistico, come paravento alle manovre di salvezza di uno dei due. Il tutto intrecciando le varie sfumature sempre con efficacia.
L'altro personaggio che gravita intorno a Matt e a cui il film assegna un peso particolare, anche se in apparenza non è così, è il medico legale Chae (Billingsley). Vera e propria spalla comica di Matt, Chae è di volta in volta amico, scocciatore, collega, complice. Con una disinvoltura e una verve comica sempre puntuali, Chae attraversa la narrazione apparendo e scomparendo come una punteggiatura usata in modo espressivo e solido. Tutta l'empatia e la tensione riposta dal pubblico in Matt si risolve e si scarica nel corpo e nella verve macchiettistica di Chae. Un personaggio che sembra uscire dritto dritto proprio da "I Griffin".
Funziona meno, soprattutto a causa delle ardite esigenze dell'intreccio, il rapporto fra Matt e l'amante Ann (Lathan). La cosa potrebbe essere fatale al film, visto che il motore del racconto gira intorno alla relazione illecita fra i due. Ma la messa in scena di questa relazione è, almeno all'inizio, abbastanza sensibile e credibile da coinvolgere e sufficiente, inoltre, a fare passare un paio di forzature drammatiche di troppo.
Puntellato con solidità su questa rete di relazioni, Out of time può giocare tutto su un prodigioso ritmo narrativo. La tensione è dettata da un continuo accumulo di ostacoli che cadono fra Matt e la sua innocenza. Il piacere del racconto si concentra così nello slancio pragmatico del protagonista nello smontarli, scavalcarli, nasconderli. C'è un continuo movimento di azione e narrazione che coinvolge persone e oggetti, e che rende interessante ogni situazione, anche quando - e accade spesso - tutto si svolge fra le mura di un ufficio. Il regista Carl Franklin (Diavolo in blu, High crimes) orchestra con molto equilibrio il tutto, senza permettersi alcuna sbavatura.