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Parte prima: Lei si trovò circondata dal mistero assoluto
Parte seconda: una triste illusione
Parte terza: amore
David Lynch
Sussurri
"Ti amo". È quello che Betty (Naomi Watts) sospira
a Rita (Laura Harring) durante il loro primo incontro erotico. Ed è
completamente falso: perché Betty e Rita sono ad Hollywood, perché
la loro vita è patinata come una fiction dai dialoghi imbalsamati,
perché loro stesse non sono che una ficcante fantasia sessuale
maschile stereotipa, avvolta di blu.
Ma è anche completamente vero: perché i loro corpi si
toccano, perché il mondo creato dal film dipende esclusivamente
dalla loro relazione inspiegabile, perché una è bionda
e pulita, l'altra è scura e nei guai. Verità e falsità
comunque impalpabili, comunque impronunciabili, la cui coesistenza è
ancorata alla qualità di fascinazione che possono generare senza
essere spiegate, rimanendo illusione. "Oscuro segreto", "mistero
assoluto": alcune delle parole più ricorrenti nei tentativi
razionalizzazione delle fascinazioni lynchane.
Parole di un cinema che ansima come un amante perso nell'atto e nell'altro,
che si consuma su di un letto fino alla putrefazione e senza perdere
fascino.
Chiavi
Lo scrittore britannico Grant Morrison ha introdotto fra gli elementi
del suo fumetto "The Invisibles" l'invenzione di una droga
chiamata "chiave 23". Questa droga ha l'effetto di rendere
realtà, per la mente che la assume, ciò che è parola
scritta. In pratica la parola non è più semplicemente
evocativa, eufonica o ritmica ma è reale. Il cartello stradale
"Mulholland Dr", fra i flash di una irreale illuminazione
stroboscopica, smette di assumere significati per trasformarsi direttamente
in un mondo nuovo, denso delle intrascrivibili sensazioni che le parole
che lo compongono evocano. Vista e sospirata da una voce femminile,
la parola precipita in immagini ed emozioni dirette nella ormai nota
realtà-sogno lynchana, partendo dalla lingua e dal significato
per sconvolgersi completamente, snaturandosi nell'opposto di quello
che era all'inizio. Un'indicazione stradale degenera in ossessione.
La chiave di una scatola blu è lo strumento che, invece di svelare
il mistero, amplifica il sogno.
Grida
Rita sta per essere uccisa. Ma una macchina in corsa folle, piena di
figure in ombra e in festa urlanti, si schianta fragorosamente contro
l'auto in cui si trovano lei e i suoi aggressori. Solo Rita sopravvive
miracolosamente. Un ragazzo sta raccontando un incubo. Si reca dietro
al locale che c'è nel suo incubo, aspettando l'apparizione improvvisa
dell'ombra terrificante che scuote le sue notti. L'ombra appare. Betty
non esiste ormai più. In casa sua irrompono da sotto la porta
i due amabili e inquietanti vecchietti che aveva incontrato in aeroporto.
Solo che adesso i due sono Morte. E Morte la insegue senza tregua nei
suoi stessi quartieri, ridendole in faccia. Betty va in fumo disperata
nel letto. Lynch non crede alle mezze misure. Sa che il dramma, il melodramma,
la commedia e possono essere violenti come la vita. Tira l'acceleratore,
mette la sordina senza pietà e complessi, senza inibizioni raffinate
e spiegazioni, forzando il motore e i mandando in pezzi i freni.
Un cinema che respira come un essere umano sensibile a contatto col
mondo, come un adolescente disorientato ma determinato a vivere fino
in fondo.
Luoghi
È lo stesso cinema che prima sbanda e si schianta, poi dichiara
amore in una stanza buia con la più ingenua linearità.
È lo stesso cinema che solleva misteri e li porta in alto, e
poi li sospende lì, perché non si trattava di svelarne
il senso, quanto di affermarne la necessità emotiva, gridarne
il suono e perdercisi dentro. Mulholland Drive pretende l'assorbimento
totale dello spettatore nello schermo, fino a fargli scordare il significato
di "schermo" come protezione e mediazione, per farlo affogare
nella diretta delle emozioni dei personaggi e nella luce del nuovo mondo
del racconto. Non c'è nulla da spiegare (benché anche
di questo film si può ricostruire una fabula esplicativa)
o da interpretare: bisogna solo vivere, che sia reale o no. È
un urlo ed una carezza uno dopo l'altra, in un agghiacciante ed esaltante
flusso adrenalinico immotivato ma profondamente sensato. Qui, più
esplicitamente che mai, il cinema non "avviene" in una serie
di set, location, ambienti, in una sala di proiezione o sulla pagina
di una sceneggiatura. Piuttosto, con franco autosmascheramento,
"...prende forma nella testa dello spettatore, non è
unopera darte che vive autonomamente sullo schermo."
(Alexander Kluge)
Sperimentazione
Mulholland Drive risente profondamente, a livello fotografico,
della sua origine televisiva. È quasi tutto verniciato di una
patina inconsueta per il Lynch soprattutto recente, fatto di fitte grane
di morbosa oscurità o squillanti incendi che fanno da sfondo
a vecchi su un trattore. È una patina sottilmente più
piatta, che in altre situazioni condurrebbe ad uno scarto negativo in
termini di forza e incisività della luce. Ma qui sembra perfetta
per far saltare ancora più fuori, per contrasto, l'obliqua paranoia
visionaria del regista americano. Come e più di Twin Peaks,
che però è un prodotto completamente dedicato al piccolo
schermo, e al contrario di Fuoco cammina con me, che è
l'esplorazione pienamente cinematografica di alcuni dettagli della serie,
Mulholland Drive si spinge a ibridare i due media teoricamente
simili ma praticamente concorrenti, per ottenere una nuova, oscena,
inspiegabile e vibrante dimensione narrativa. Ma non solo per questo
Mulholland Drive è forse il film più sperimentale
di Lynch. Due decenni dopo Eraserhead, folle delirio b/n a basso
costo in cui il regista aveva letteralmente consumato anni della sua
vita, arrivando ad abitare sul set per necessità, la storia di
Betty e Rita riprende direttamente immagini di quel poema azzardatissimo
per scivolare (molto più di Strade Perdute) in una messa
in scena profondamente personale e spiazzante, dove gli stessi elementi
del paesaggio mentale del regista si mostrano ancora esattamente brucianti
come vent'anni prima, ancora carichi di fascino e potere ipnotico.
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