Evitiamo un inutile spreco di parole e partiamo subito dalla conclusione,
cioè dal giudizio complessivo sul film: usciti dalla sala ci
siamo accorti immediatamente che Mission: impossible 2
ci ha sicuramente divertito, ma allo stesso tempo ci ha lasciato non
poche perplessità. Il dubbio maggiore che ci rimane è
che secondo noi le due star del film, il protagonista Tom Cruise e il
regista John Woo, sono tra loro incompatibili: o meglio, è incompatibile
il loro modo di fare cinema. Dato per scontato che questa pellicola
appartiene più allattore (anche produttore...) che allautore,
non siamo riusciti proprio a capire come si sia potuto pensare di miscelare
coerentemente questa coppia. Non bisogna sottovalutare infatti che a
capo delloperazione abbiamo Cruise, che quando si dimentica di
essere un buon attore e vuole fare soldi, non va tanto per il sottile
(è il caso di ricordare Top Gun, Giorni
di Tuono, ecc. ecc.?): preferisce piuttosto puntare, adesso
che può permetterselo, su prodotti di fattura comunque pregiata,
di ottima qualità tecnica, possibilmente diretti da registi che
gli garantiscono lustro; pensiamo subito allora ai suoi lavori con Sidney
Pollack, Neil Jordan, addirittura il Martin Scorsese commerciale
de Il Colore dei Soldi; in questo senso comunque lesempio
più lampante rimane proprio il primo capitolo delle avventure
dellagente segreto Ethan Hunt, diretto da Brian De Palma: un film
non memorabile, ma divertente, ben orchestrato, soprattutto piuttosto
omogeneo nellessere sia un film alla Cruise che nel
lasciare spazio di manovra alla genialità di De Palma; il suo
stile, suadente e pirotecnico allo stesso tempo, ben si è accordato
con le esigenze di un prodotto spettacolare e di largo consumo, come
richiedeva loperazione. Lo stile di Woo invece è decisamente
diverso, in quanto punta su un virtuosismo meno cerebrale e più
di impatto emotivo (questo non vuole essere un giudizio di merito, ma
soltanto lanalisi di una scelta poetica e stilistica). Mettendola
così potrebbe sembrare allora che il secondo sia maggiormente
compatibile del primo a girare un action-movie come questo; a nostro
avviso invece in questo caso Woo, che ama caricare, esagerare, dirompere
con il montaggio, gli effetti, la musica, ha sviluppato un discorso
visivo così magnificamente barocco che è troppo avanti
per unoperazione del genere. Lambiguità delle sue
storie poi, dove il bene e il male si confondono, dove la redenzione
ed il lieto fine, le poche volte che ci sono, non sono mai consolatori
ed edificanti; tutti questi elementi appunto mal si mescolano con le
necessità implicite ad unopera come Mission: impossible
2. Prendiamo, come paragone, il magistrale Face/off,
film precedente del maestro orientale: in questo grande affresco non
solo ogni scena dazione, ogni balletto di pistole, ma anche ogni
ralenty, sono pieni di pathos, di un valore emotivo contraddittorio
ma potente, che testimonia perfettamente sia il valore dei suoi protagonisti
che lidea di cinema del regista. Le stesse grandi doti di metteur
en scène, trasportate sul set del film con Cruise, mantengono
la loro estrema bellezza visiva, ma inevitabilmente perdono di impatto
emotivo (o quantomeno eversivo rispetto al cinema americano
contemporaneo).
Sia ben chiaro, non è che il Mission: impossible 2
di Woo sia inferiore allantecedente, anzi forse gli è superiore
(alcuni momenti sono visivamente clamorosi, degni del miglior Woo),
ma rimane un film a metà, non una perla dellautore di the
Killer, non un classico prodotto di evasione stile action-movie,
che passa e se ne va in due ore.
Il grosso interrogativo, che ci lascia comunque un barlume di speranza,
è questo: ne sarebbe venuto fuori un film più omogeneo
e ben strutturato se la sceneggiatura non fosse stata scritta da un
bambino di due, tre anni al massimo? Ne conseguono altre domande: che
cosa è successo a Robert Towne, sceneggiatore che amiamo da sempre?
E forse deceduto e non se ne è accorto? Già il suo
script per la prima puntata ci aveva fatto storcere il naso, ma questo
è addirittura insostenibile, da farci imbufalire. Storia bislacca,
personaggi che a mala pena riescono ad arrivare a dire battute coerenti,
profondità psicologica indegna anche per un cartone animato,
e soprattutto un cattivo di turno (fondamentale nei film di Woo, dove
tutti in fondo sono cattivi) che diventa una parodia involontaria
appena si toglie la maschera di Tom Cruise, nella prima scena... Un
altro grave errore della sceneggiatura sta anche nel non aver dato il
giusto spazio ai personaggi secondari, per i quali tra laltro
sono stati reclutati ottimi caratteristi del calibro di Ving Rhames
e sir Anthony Hopkins: lunica a mettersi in luce è Thandie
Newton, grazie più alle sue doti estetiche che alla sua recitazione
(del cui valore assoluto peraltro non dubitiamo).
A questo punto non possiamo non lanciare un appello: istituiamo, tramite
colletta e donazioni varie, un fondo per gli sceneggiatori americani,
in modo che, quando devono lavorare ad un blockbuster o anche su commissione,
non stiano a pensare a quanto guadagneranno più che a sviluppare
una storia. A rifletterci meglio, forse è quasi un miracolo che
Cruise e Woo siano riusciti a tirarne fuori una pellicola del genere
Soltanto errori e fallimenti dunque per laccoppiata Cruise-Woo?
No, per carità! Tra i molti difetti, la pellicola offre anche
qualche momento di grande cinema: evidenti tracce del talento dellautore
sia allinizio del film, come ad esempio la scalata di Hunt a mani
nude delle montagne dello Utah, ripresa con grande maestria; oppure,
e non poteva essere altrimenti, ogni inquadratura di ogni scena dazione,
con tanto di classiche auto-citazioni come le colombe o gli inseguimenti
attraverso mezzi motorizzati (stavolta tocca alle motociclette). Il
livello tecnico di Mission: impossibile 2 è
senza dubbio di primordine, ed anche gli attori si impegnano nelle
rispettive parti. Precisato questo, rimane a maggior ragione lamaro
in bocca per ciò che lopera poteva essere e non è
stata: ma probabilmente sarebbe servito un altro tipo di progetto per
trasformare le avventure dellagente Hunt in un film alla
John Woo. Probabilmente un progetto senza Tom Cruise.
|
Jean-Marie Straub e Danièle Huillet (Cronaca di Anna
Magdalena Bach, 1967, Sicilia!, 1998) hanno
scelto di fare un cinema che programmaticamente svuota e sottrae da
se stesso tutti quegli elementi che lo rendono spettacolare, arrivando
quasi a minacciare lessenza stessa del mezzo; i movimenti di macchina,
le dinamiche cinetiche, la costruzione empatica dei personaggi, le immediate
emozioni della storia vengono asciugate completamente. Lobiettivo,
con uno sforzo estetico rigorosissimo e non sempre comprensibile, è
di arrivare ad sintetizzare lo spettacolo e a farne un oggetto brechtiano
che consenta allo spettatore di fumare a teatro, osservare e godere
la rappresentazione senza essere completamente travolto dalle emozioni.
Non si può certo attribuire questo obiettivo spartano al cinema
di John Woo, che generalmente crea, al contrario, delle epiche melodrammatiche
e coinvolgenti; sta di fatto però che Mission: impossible
2 fa sul materiale filmico un lavoro molto simile. La sceneggiatura
iperlineare di Robert Towne, linesistenza della caratterizzazione
dei personaggi, la piatta prova attoriale dei protagonisti e la non
riuscita progressione drammatica della storia sono tutti elementi che,
essendo inefficaci, non contribuiscono a creare e sostenere il film.
Al contrario, costruiscono una specie di struttura vuota, e asciugati
da ogni possibilità di essere interessanti, lasciano il campo
al vero obiettivo del film, che è quello di creare un discorso
puramente astratto, ritmico. Una specie di onda visiva e sonora che
sussulta e vibra unicamente attraverso le immagini, un movimento emotivo
nella coscienza guidato dagli spostamenti dello spazio di corpi, oggetti
e suoni. John Woo ha sempre creato degli stupefacenti balletti di spazi,
ma è la prima volta che si spinge a riprenderne uno per intero,
una specie di action musical.
A partire dalla splendida sequenza iniziale che è unimpeccabile
dimostrazione dell'efficacia di quello che André Bazin chiamava
montaggio proibito, il film si svolge sotto continue accelerazioni
e decelerazioni, a volte impercettibili, con uneleganza di regia
che lascia tramortiti. Woo si permette perfino di asciugare e quasi
annullare quello che è uno dei suoi marchi di fabbrica, la sparatoria
barocca, facendo di una delle scene importanti del film (il raggiungimento
e la distruzione del virus Bellerofonte) una sequenza pulitissima e
sintetica, riservandosi di lasciare un momento di rallenti carico di
forza al salto di Tom Cruise nel vuoto.
Woo riempie lo spazio lasciato da sceneggiatura, personaggi e attori
con uno sforzo di regia che col suo controllo e il suo preciso andamento
ritmico trasforma il film in uno dei più costosi, popolari e
complessi esercizi autoriali del cinema contemporaneo. Questa danza
sconvolge lambito dellaction movie classico e lo
lascia privo di alibi. Non un buddie-buddie, non una storia
damore, non un melodramma epico, ma il semplice utilizzo dello
spazio come mezzo espressivo efficace in se, capace di creare tensione
per tutta la pellicola mentre tutti gli altri elementi della messa in
scena (attori, dialoghi, arco narrativo) si segnalano per inefficacia.
Il senso di Mission: Impossible 2 sta nell'offrire allo spettatore
il décolléte di Tandie Newton decollato
dal suo personaggio, poiché il glamour quasi bondiano di questultima
impedisce qualsiasi tentativo di empatia per il suo contagio o per la
sua relazione con Ethan Hunt. Oppure nell'avvilirci con abusati colpi
di scena e contemporaneamente esaltarci con limmagine di una colomba
che attraversa lo spazio appiattito e teso di un torvo Tom Cruise rallentato
alla riscossa. Questa scelta vincente spazza via in un colpo solo tutti
i triti schemi narrativi a cui laction ci aveva abituati
e crea un oggetto unico, una pistola che con un calcio si innalza verticale
nello spazio, due motociclisti che si abbracciano per uccidersi saltando
dai loro veicoli lanciati nellaria.
Lazione trascende il racconto per narrarci unicamente di sé,
riuscendo ad emozionare profondamente. |