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id, prod, 2000 di Wim Wenders, con Mel Gibson, Milla Jovovich, Jeremy Davis I due film che ci hanno fatto innamorare di Wim Wenders sono proprio quelli che, all'inizio degli anni '90, ne hanno decretato la temporanea "morte" artistica e l'insuccesso di pubblico; stiamo parlando di Fino alla Fine del Mondo e di Così Lontano Così Vicino: opere imperfette, non equilibrate, eppure estremamente affascinanti, magnetiche nella bellezza delle loro immagini. The Million Dollar Hotel, come questi altri film, è unopera che vuole volere alto, senza la paura di cadere in un nuovo disastro di critica o al botteghino; la sensazione che si ha vedendo questo film è perciò assai diversa da quella provata nellassistere a film di Wenders sicuramente riusciti, ma molto meno rischiosi, come ad esempio Lisbon Story. Quest'ultimo lavoro del maestro tedesco a nostro avviso ci riporta direttamente proprio al secondo capitolo de Il Cielo Sopra Berlino: che cosa sono infatti gli stralunati personaggi che popolano il decaduto hotel al centro di Los Angeles, se non angeli reietti, protesi verso il cielo invece che verso la terra in cui già vivono come fantasmi (o meglio come "mostri")? E che cosa è il detective Skinner (Mel Gibson), se non la riproposizione del personaggio di Peter Falk, cioè l'angelo volontariamente divenuto uomo, comprensivo e consapevole nei confronti degli altri, non adattati alla vita terrena? I rimandi a Così Lontano Così Vicino sono dunque forti, sia nell'impianto visivo che concettuale; il percorso che ad esempio percorrono i due protagonisti è esattamente, e non casualmente, inverso: se l'immortale Cassiel scende sulla terra ed inizia a vivere per amore di tutti gli esseri umani, il "terrestre" Tom Tom sceglie di elevarsi al cielo e muore per amore di una donna sola. Analizziamo poi il prologo dei due film, che procede nella stessa direzione: la straordinaria scena aerea dell'angelo che si poggia sulla statua al centro della piazza, in antitesi con il ragazzo che dalla cima dell'albergo spicca il volo verso il cielo. Il cammino dei due esseri volge verso strade tra loro opposte, e proprio per questo si somiglia, fino a confondersi in certi punti. The Million Dollar Hotel dunque mantiene una certa linea di continuità con gli ultimi prodotti di Wenders, tra cui la scelta di adottare lo scheletro di una trama "gialla" per parlare poi d'altro, di temi più importanti ed universali; l'ontologia dell'immagine cinematografica, la moralità della stessa, il confronto tra la visione ed il testo, la parola: tutti i suoi ultimi film, da Fino alla Fine del Mondo a Crimini Invisibili, vertono alla fine verso l'indagine su queste tematiche, e spesso sono scivolati verso una retorica troppo smaccata per risultare convincente. Il suo ultimo lavoro invece è prima di tutto una storia d'amore impossibile, eppure tanto più convincente nella sua impossibilità; dalla semplicità dello schema e del tema trattato deriva una linearità alle altre pellicole sconosciuta, che porta al film una grazia ed una leggerezza superiori agli altri. Se la bellezza delle immagini poi rimane inalterata, supportata da una colonna sonora estremamente coinvolgente e da attori efficaci, ecco che The Million Dollar Hotel ci appare pienamente riuscito. Wenders torna dunque a proporci un gran film; non perfetto, ma comunque di valore altissimo. Volendo a tutti i costi cercare al suo interno dei difetti, possiamo trovarli in alcuni momenti a vuoto della sceneggiatura di Nicholas Klein, che a volte eccede in dialoghi troppo letterari e ripetitivi. Tutto il cast tecnico invece offre un supporto di prima qualità alla pellicola, a partire dalla magnifica fotografia di Phedon Papamichael. Come abbiamo già accennato in precedenza, tutti gli attori ci sono apparsi a loro agio nei rispettivi ruoli; vogliamo in particolare segnalare la pacata semplicità di Mel Gibson (un attore che forse andrebbe rivalutato ) e la solare bellezza e sensibilità della Jovovich: unattrice che, quando non viene lasciata libera di strafare (vedi la Giovanna dArco di Besson ) è capace di darci brividi veri, aiutata anche dalla sua tremenda bellezza. In conclusione dunque applauso al maestro tedesco, che torna a narrarci la sua particolare poetica dei diversi scegliendo ancora una volta unottica senza pretese di realismo, talmente affascinante da non consentirci altro che di lodarla. Non lasciatevi ingannare dal degrado, dal sudiciume, dallo sbando degli abitanti dellhotel: si tratta ancora di angeli. E un caso oppure no, se non vediamo mai il corpo di Tom Tom che si è schiantato al suolo? |