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The Majestic, Usa,
2001
di Frank Drabont, con Jim Carrey, Martin Landau, Bob Balaban
Dopo averlo visto, abbiamo assolutamente capito perché queso
interessante film di Frank Darabont è stato uno dei più
grossi flop commerciali del Natale americano, tanto da convincere anche
la distribuzione nostrana a non puntarci troppo, e a spedirlo in sala
in sordina in un periodo di "magra". Questo lungometraggio,
operazione assolutamente incomprensibile ma affascinante, è in
tutto e per tutto un film girato almeno secondo l'estetica di almeno
sessant'anni fa, uscito chissà come (e soprattutto perché)
dal periodo d'oro del cinema americano, quando ancora funzionavano prodotti
pieni zeppi di buoni sentimenti e di un finale all'insegna dell'happy
end. Ma se fosse soltanto questo, la cosa non ci stupirebbe più
di tanto: vogliamo dire, se ancora oggi il pubblico va a vedere le commediole
romantiche con Meg Ryan o la Julia Roberts pre-Soderbergh, anche questa
storia moraleggiante di redenzione civile di uno squatrinato sceneggiatore,
presunto comunista perseguitato dal maccartismo, avrebbe potuto funzionare
a meraviglia, soprattutto se interpretata da quel genio della risata
che é Jim Carrey. Il fatto però è che The Majestic
non possiede nulla che sia ascrivibile all'estetica del cinema contemporaneo,
se non il fatto di essere un perfetto ricalco post-moderno di un film
"alla Frank Capra"; sotto questo punto di vista, il senso
dell'operazione non ci sembra troppo lontano dallo Psycho di
Gus Van Sant, che ha copiato alla lettera un modo di fare ed intendere
il cinema che non appartiene più ai nostri giorni. Non a caso,
anche quel film fu un bel fiasco...
Ciò che differenzia The Majestic dal resto della produzione
"mainstream" americana di questo periodo è soprattutto
il ritmo narrativo, dettato da una storia che si prende tutto il tempo
che le serve per iniziare, svolgersi e concludersi secondo tutte le
regole del "buon scrivere"; il film ha una sua vita interna,
un suo timing, che si rifà direttamente al periodo classico della
commedia di buoni sentimenti hollywoodiana, senza tener conto in alcun
modo dell'esigenza di ritmo, sicuramente differente, che lo spettatore
di oggi possiede. Dobbiamo ammettere che anche noi, un po' spiazzati
da quest'operazione fuori dal tempo, abbiamo impiegato un po' per entrare
nel meccanismo che il film vuole imporci senza vergogna, e nella prima
ora di proiezione ci siamo abbastanza annoiati. Una volta però
entrati a far parte del gioco (anche molto cinefilo) che Darabont ha
messo in scena, ci siamo lasciati trasportare dalla pellicola in un
altro tempo ed un altra epoca cinematografica, in cui ogni cosa finisce
bene ed ogni personaggio vede alla fine salvaguardata la propria integrità
morale. Se si capisce fino in fondo cosa si è andati a vedere,
The Majestic non può non affascinare lo spettatore, come
non può non aver infastidito chi invece non ha saputo "scendere"
dentro il film, e soprattutto dentro il periodo hollywoodiano a cui
l'opera fa riferimento in ogni sua componente. Inquadrando perciò
The Majestic come un'operazione di malinconico, costoso, anacronistico
omaggio ad un tempo che fu, ne dobbiamo lodare l'accuratezza della messa
in scena, la lineare semplicità della bella sceneggiatura - che
ha un piccolo inciampo soltanto quando muore il padre Martin Landau,
faccenda sbrigata troppo in fretta - l'ariosa regia, e soprattutto la
bravura del protagonista, un Jim Carrey capace ormai di essere grande
interprete senza aver neppure più bisogno di un personaggio particolarmente
profondo.
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