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Lascia perdere, Johnny!
Italia. 2007
di Fabrizio Bentivoglio, con Antimo Merolillo, Ernesto Mahieux, Lina Sastri, Peppe Servillo, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino, Toni Servillo

Cronache di uno scugnizzo in doposci
recensione di Stefania Leo



Mettiamo che siate a tavola con alcuni amici e uno di questi sia un uomo delle storie, uno che ha sempre pronto un aneddoto in tasca da raccontare. Lascia perdere, Johnny! è un film nato dalle storie raccontate a tavola da un uomo così, Fausto Mesolella, musicista e produttore, tra gli altri, degli Avion Travel. Li si immagina, Fabrizio Bentivoglio e gli altri mentre, con un bicchiere di rosso in mano, ascoltano la storia di Faustino Ciaramella, “figlio unico di madre vedova” e con un problema di congedo militare.
Siamo a Caserta nel 1976. Faustino ha diciotto anni, indossa dei doposci di pelo bianco ed è il chitarrista tuttofare dell’orchestra del maestro Domenico Falasco (un bravissimo Toni Servillo). Il ragazzo vive da solo con la madre Vincenza (Lina Sastri) che lo adora. Presentati i documenti al comando per ottenere il congedo, Faustino scopre che ha bisogno di un contratto di lavoro per certificare la sua condizione di unico procacciatore di reddito della famiglia Ciaramella. Più facile a dirsi che a farsi in un mondo in cui è tutto vago, basato sulla parola e sulla simpatia di personaggi come Raffaele Niro (Ernesto Mahieux), impresario dalla fuga facile. Proprio Niro procura un ingaggio a Faustino che si troverà ad essere l’assistente di Augusto Riverberi (Fabrizio Bentivoglio), musicista ed ex amante di Ornella Vanoni.
La “Piccola Orchestra di Augusto Riverberi” si forma, poco a poco. Il maestro al piano, Jerry Como (Peppe Servillo, cantante degli Avion Travel) è il crooner (“Jerry, cosa significa crooner?” chiede Faustino. “Crooner significa… cantante confidenziale!”). Faustino armeggia dietro le quinte al Revox con le basi. Nel frattempo Augusto fa la conoscenza della madre di Faustino e comincia a fidarsi sempre di più del ragazzo, che chiama inspiegabilmente Johnny. Dopo un ingaggio per un matrimonio e un passaggio in tv, la “Piccola Orchestra” fa la sua ultima esibizione al “Canto delle Sirene”, dove Faustino riesce per la prima volta a suonare la sua chitarra. Da quel momento, il destino di Faustino, il bene, il male, la fortuna e la sfortuna si legano allo strumento musicale e all’uomo che al piano, sotto la pioggia sorride non visto e suona incantato.
Lascia perdere, Johnny! è un film sulla musica, sulla famiglia e sugli anni Settanta. L’uso un po’ troppo insistente di una voce fuori campo napoletana, avvicina lo spettatore a Faustino, creando un’empatia immediata con la dolcezza e la levità di questa personalità fiduciosa nel futuro e nello spirito umano, forte, arrendevole solo all’affetto e ai sogni. L’attore che interpreta Faustino, Antimo Merolillo, è al suo esordio cinematografico e non ha altri meriti se non quello di aver incontrato l’idea che Bentivoglio si era fatto del protagonista della storia di Mesolella. La genuinità dei sentimenti che hanno portato a comporre la sceneggiatura di Lascia perdere, Johnny! non è sufficiente per scusare l’inconcludenza della stessa. Anche come tranche de vie, il lungometraggio non ha poi così tanta materia da giustificare 104 minuti di film. Gli sceneggiatori Contarello e Gravino avevano già lavorato insieme per la discussa miniserie “Ma il cielo è sempre più blu. Rino Gaetano” e come già in quell’occasione, anche in Lascia perdere, Johnny! si compiacciono di lunghe sequenze riflessive sullo stato d’animo muto e perplesso dei protagonisti o si gingillano con svolte narrative acquatiche, come lo sbalzo dal motoscafo del povero Faustino che tanto ricorda il tuffo in mare-vistosamente piscina di Claudio Santamaria/Rino Gaetano. È come dice il maestro Falasco: “Quando ti senti sicuro, metti la tua bella nota. Se non ti senti sicuro, non mettere niente”. La scena del tuffo in mare è una di quelle note messe lì, senza davvero essere capaci di suonarla davvero bene.
Uno splendido Peppe Servillo dà voce ad alcune canzoni davvero affascinanti, fregiando il film di Fabrizio Bentivoglio di una colonna sonora pregevole, grazie proprio agli Avion Travel, gruppo musicale da cui si sente adottato. Il cast impeccabile anima dei personaggi piccoli, dalla vita minuta che reggono il peso della miseria quotidiana e della nobiltà dell’animo, dei sogni. Ne è un esempio l’altro Servillo, il più noto Toni, che incarna il maestro/bidello che davanti al suo corpo ormai inutile, trova solo la forza di inveire contro la notte e il fiato che non c’è più. Oppure la bravissima Lina Sastri che presta lo sguardo dolce e intelligente a mamma Vincenza, una donna che piace a tutti perché “ti dà il tempo di essere bello”.
Lascia perdere, Johnny! porta sullo schermo immagini di una Caserta apparentemente innocua, abitata da personaggi piccoli e grandi, immersi in un’atmosfera pervasa dai temi del crescere con dolcezza, dell’osare con coraggio, del vivere nella bellezza (quando è possibile), purché sia nel tinello di casa. Tutte cose già viste, per esempio, in Ovosodo di Paolo Virzì. Il concerto bagnato, l’ultimo, al “Canto delle sirene” sintetizza la vera essenza di questo film: l’affresco di un sogno che resiste all’acqua, di ogni tipo.
Faustino e la Piccola Orchestra che restano lì a suonare, protetti dagli ombrelli, questo piccolo film prodotto da Fandango, sottolineano l’importanza di resistere e rimanere sul palco, anche quando non c’è più nessuno per cui cantare.