the Italian Job
Il mestiere americano
di Adriano Ercolani

 
  the Italian Job, Usa, 2003
di F.Gary Gray, con Mark Wahlberg, Charlize Theron, Edward Norton, Seth Green, Jason Statham, Donald Sutherland


Cos’è che distingue il cinema americano, o più precisamente l’industria hollywoodiana, dal resto della cinematografia occidentale? Semplicemente la professionalità con cui il prodotto medio viene confezionato: anche quando l’originalità o l’intelligenza creativa non vengono in aiuto di chi fa cinema a Hollywood, un qualsiasi prodotto può comunque contare su due fattori decisivi per la sua piena riconoscibilità, e quindi competitività sul mercato interno ed internazionale. La prima è l’appartenenza a un genere cinematografico pienamente codificato, e quindi di più facile presa sul pubblico: che si tratti di una commedia, di un fantasy, oppure come in questo caso di un action-thriller, un lungometraggio “made in Usa” ha sempre il vantaggio di essere un prodotto chiaro, semplice da codificare e da interpretare. La seconda, fondamentale caratteristica è una competenza tecnica che realizza sempre e comunque una confezione estetica di valore, a prescindere poi anche dai meriti stessi del lungometraggio. Dal blockbuster di intrattenimento all’impegnato film in costume, una produzione americana, anche magari dal budget ristretto, fornisce allo spettatore una qualità estetica difficile da trovare in altre cinematografie, se non a livelli di sforzo produttivo proporzionalmente molto maggiori. Anche se non rimarrà di certo nella storia del cinema, e neppure in quella del thriller d’azione, questo The italian job è perciò a suo modo un film esemplare, o per meglio dire esplicativo: prodotto sicuramente studiato a tavolino come mero intrattenimento da inserire all’interno di un genere ben codificato, il film di Gary Gray può senza dubbio essere preso come esempio della funzionalità e della professionalità dell’industria hollywoodiana, capace di offrire allo spettatore lungometraggi divertenti e slanciati, e non soltanto le mega-produzioni di filmoni ultra-miliardari. Diretto con mano sicura e spigliata da un regista fino ad ora quasi sconosciuto (o no?), The italian job è il remake dell’omonimo lungometraggio uscito nel 1969 e interpretato dal serafico Michael Caine; in questa nuova versione i protagonisti sono invece i fascinosi e leccati Mark Wahlberg e Charlize Theron, forse caratteristi non all’altezza del grande attore britannico, ma decisamente adatti ai rispettivi ruoli; accanto a loro poi un Edward Norton mellifluo come non mai e la solida presenza di due ‘spalle’ come Seth Green e Jason Statham; aggiungetevi il cameo del sempre bravo Donald Sutherland, e avrete un cast di attori affiatato nella sua eterogeneità.
Pellicola capace di intrattenere in maniera intelligente anche lo spettatore più smaliziato o amante accanito del genere, il film si segnala soprattutto per alcune soluzioni di sceneggiatura a nostro avviso piuttosto inedite, almeno per quanto riguarda tale genere: lo script infatti riesce a un certo punto a spezzare la linea narrativa della storia in due parti ben distinte, senza che però la coerenza e la credibilità dal tutto ne risentano in maniera influente. Dal canto suo, la regia di Gray si dimostra ben presto non soltanto la solita direzione di routine, ma una messa in scena capace di imprimere alla vicenda le dovute accelerazioni di ritmo, e molto sapiente nel saper dosare invece i punti morti con piccole trovate di mestiere comunque efficaci. A vantaggio di The italian Job vi è anche l’efficacia di alcune ambientazioni europee, come ad esempio tutto l’incipit nella nostra Venezia. Anche se in maniera molto meno precisa rispetto al bellissimo The Bourne identity, il fatto di usare set ‘old fashioned’ per inserirvi dentro scene d’azione di stampo prettamente hollywoodiano crea una sorta di stridente eleganza.
Insomma, il giudizio complessivo su questo inaspettato e convincente The italian job è senza dubbio positivo: prodotto azzeccato nell’ideazione e poi coerentemente realizzato, il lungometraggio si sta rivelando una delle sorprese estive al botteghino americano, con quasi novanta milioni di dollari già incassati; forse, vista la fattura del film, avrebbe meritato miglior distribuzione anche nel nostro paese.