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the Italian Job,
Usa, 2003
di F.Gary Gray, con Mark Wahlberg, Charlize Theron,
Edward Norton, Seth Green, Jason Statham, Donald Sutherland
Cosè che distingue il cinema americano, o più precisamente
lindustria hollywoodiana, dal resto della cinematografia occidentale?
Semplicemente la professionalità con cui il prodotto medio viene
confezionato: anche quando loriginalità o lintelligenza
creativa non vengono in aiuto di chi fa cinema a Hollywood, un qualsiasi
prodotto può comunque contare su due fattori decisivi per la
sua piena riconoscibilità, e quindi competitività sul
mercato interno ed internazionale. La prima è lappartenenza
a un genere cinematografico pienamente codificato, e quindi di più
facile presa sul pubblico: che si tratti di una commedia, di un fantasy,
oppure come in questo caso di un action-thriller, un lungometraggio
made in Usa ha sempre il vantaggio di essere un prodotto
chiaro, semplice da codificare e da interpretare. La seconda, fondamentale
caratteristica è una competenza tecnica che realizza sempre e
comunque una confezione estetica di valore, a prescindere poi anche
dai meriti stessi del lungometraggio. Dal blockbuster di intrattenimento
allimpegnato film in costume, una produzione americana, anche
magari dal budget ristretto, fornisce allo spettatore una qualità
estetica difficile da trovare in altre cinematografie, se non a livelli
di sforzo produttivo proporzionalmente molto maggiori. Anche se non
rimarrà di certo nella storia del cinema, e neppure in quella
del thriller dazione, questo The italian job
è perciò a suo modo un film esemplare, o per meglio dire
esplicativo: prodotto sicuramente studiato a tavolino come mero intrattenimento
da inserire allinterno di un genere ben codificato, il film di
Gary Gray può senza dubbio essere preso come esempio della funzionalità
e della professionalità dellindustria hollywoodiana, capace
di offrire allo spettatore lungometraggi divertenti e slanciati, e non
soltanto le mega-produzioni di filmoni ultra-miliardari. Diretto con
mano sicura e spigliata da un regista fino ad ora quasi sconosciuto
(o no?), The italian job è il remake dellomonimo
lungometraggio uscito nel 1969 e interpretato dal serafico Michael Caine;
in questa nuova versione i protagonisti sono invece i fascinosi e leccati
Mark Wahlberg e Charlize Theron, forse caratteristi non allaltezza
del grande attore britannico, ma decisamente adatti ai rispettivi ruoli;
accanto a loro poi un Edward Norton mellifluo come non mai e la solida
presenza di due spalle come Seth Green e Jason Statham;
aggiungetevi il cameo del sempre bravo Donald Sutherland, e avrete un
cast di attori affiatato nella sua eterogeneità.
Pellicola capace di intrattenere in maniera intelligente anche lo spettatore
più smaliziato o amante accanito del genere, il film si segnala
soprattutto per alcune soluzioni di sceneggiatura a nostro avviso piuttosto
inedite, almeno per quanto riguarda tale genere: lo script infatti riesce
a un certo punto a spezzare la linea narrativa della storia in due parti
ben distinte, senza che però la coerenza e la credibilità
dal tutto ne risentano in maniera influente. Dal canto suo, la regia
di Gray si dimostra ben presto non soltanto la solita direzione di routine,
ma una messa in scena capace di imprimere alla vicenda le dovute accelerazioni
di ritmo, e molto sapiente nel saper dosare invece i punti morti con
piccole trovate di mestiere comunque efficaci. A vantaggio di The
italian Job vi è anche lefficacia di alcune ambientazioni
europee, come ad esempio tutto lincipit nella nostra Venezia.
Anche se in maniera molto meno precisa rispetto al bellissimo The
Bourne identity, il fatto di usare set old fashioned
per inserirvi dentro scene dazione di stampo prettamente hollywoodiano
crea una sorta di stridente eleganza.
Insomma, il giudizio complessivo su questo inaspettato e convincente
The italian job è senza dubbio positivo: prodotto
azzeccato nellideazione e poi coerentemente realizzato, il lungometraggio
si sta rivelando una delle sorprese estive al botteghino americano,
con quasi novanta milioni di dollari già incassati; forse, vista
la fattura del film, avrebbe meritato miglior distribuzione anche nel
nostro paese.
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