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Irina Palm
Id., Belgio / Lussemburgo, 2007
di Sam Garbarski, con Marianne Faithfull, Miki Manojlovic, Kevin Bishop, Siobhan Hewlett

…dal letame nascono i fior…
recensione di Adriano Ercolani



Il titolo di questa recensione, verso estrapolato da una delle più belle canzoni di Fabrizio De André (ai nostri lettori il compito/sfida di indovinare il brano…) riassume perfettamente il senso di questo divertente Irina Palm, o meglio esplica con precisione il percorso di vita che la protagonista, una vedova di circa 50 anni ormai chiusa nel suo microcosmo, subisce quasi suo malgrado nella ricerca di denaro necessario per curare il nipotino molto malato. Maggie ha sempre “subito” un’esistenza all’insegna delle convenzioni e dell’attaccamento ad un ambiente sociale e familiare castrante (in poche parole piccolo-borghese?), e proprio a contatto con un ambiente molto più “basso” ed apparentemente degradante troverà la propria libertà interiore.
Il referente principale nelle primissime scene di Irina Palm sembra essere il cinema di Ken Loach, con il suo sguardo discreto ma amorevole per le classi sociali britanniche meno agiate, costrette a confrontarsi con le difficoltà della vita e spesso in grado di affrontarle con una senso di fatalismo che diventa ironia. Se ricordiamo con ammirazione lavori come Piovono pietre e soprattutto Riff Raff, ci si accorge come le intenzioni del regista Sam Garbarski si muovono verso quel tipo di cinema, volto ad indagare la condizione di precarietà dei loro protagonisti senza però ridurli a retoriche “vittime del sistema”. Questo è il pregio principale della pellicola, che lavora sul personaggio di Maggie/Irina in maniera funzionale ma forse un po’ schematica: il percorso interiore di Maggie è sviluppato senza tocchi o svolte narrative particolarmente originali, mentre al contrario la sua funzione di “agente catalizzatore” per le altre figure in scena si dimostra molto più interessante: sono coloro che orbitano intorno a questa donna che sono costretti a fare i conti con la sua nuova “condizione”, e reagiscono tirando fuori le rispettive personalità più vere e sincere. In questo senso il personaggio di Miki, interpretato da un grande Manojlovic, è quello che alla fine si mostra al pubblico come maggiormente sfaccettato e calibrato, soprattutto quando analizza la sua condizione con la lucidità di un’unica frase: “odiavo essere povero”.
Marianne Faithfull presta la sua fisicità assolutamente coerente ad un figura di donna delineata con sottile freschezza, in una pellicola che possiede il vantaggio di un’idea iniziale assolutamente divertente a lo svantaggio di non avere le capacità per sfruttarne fino in fondo tutte le potenzialità, soprattutto quelle comico-grottesche. Irina Palm rimane un film decisamente gradevole, molto ben equilibrato nella gestione dei toni e nella progressione drammaturgica della sceneggiatura. Rimane la curiosità soltanto potenziale di immaginare cosa sarebbe stato di questo soggetto in mano ad un autore maggiormente deciso ad indagarne le sfaccettature “eversive”, quando Garbarski sembra limitarsi a suggerirle con quadretti comunque più che gustosi.