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Intimacy, Italia / Francia,
2001
di Patrice Cheréau, con Kerry Fox, Mark Rylance, Timothy Spall,
Philippe Calvario, Alastair Galbraith, Marianne Faithfull
Era dai tempi dell'
Ultimo Tango di Bertolucci che non si assisteva alla rappresentazione
di un rapporto di coppia in maniera così feroce, totale, appassionata.
Due persone, un uomo ed una donna ormai pienamente adulti, si incontrano
nell'appartamento di lui e si amano senza parole, ma con tutto l'amore
(non solo fisico, anche interiore) possibile nel mondo odierno, così
gelido. Non c'è tra i due un dominatore ed uno schiavo. Non ci sono
storie da raccontare, né vite da mettere in mezzo a creare fraintendimenti,
angosce, diversità. Dai momenti in cui non sono insieme, sappiamo che
lui è un capo barman che ha abbandonato moglie e figli, mentre lei è
un'attrice di teatro underground, sposata con un bonaccione che la ama
incondizionatamente. Eppure ogni mercoledì lei torna dall'amante, e
per quasi tutto il film ne intuiamo il perché senza riuscire a spiegarcelo
del tutto. Si amano con tutta la passione e la brutalità di cui sono
capaci, ma quello che Chereau mette in scena è un qualcosa di romantico,
non nel senso più comune, ma in una concezione allo stesso tempo più
viscerale ed astratta. Sembra che l'autore voglia dirci: ecco, questo
è un uomo e questa una donna; in questo mondo, a queste condizioni,
riescono ad amarsi in questo modo, che forse è l'unico totale e veramente
sincero. Il regista non sceglie la carta del realismo, ma casomai dell'iper-realismo,
che ha il vantaggio estetico di rendere il suo discorso definitivo,
inappellabile. Credeteci, in giro non troverete un film più disperato
e pessimista di Intimacy. Nell'ultima scena, dopo che lui ha
pedinato lei ed è diventato amico dell'ignaro marito; dopo che tutti
i raggiri sono venuti allo scoperto, allora i due si ritrovano ancora
nella casa, e vogliono davvero confessare il loro amore reciproco, il
bisogno fisico e spirituale l'uno dell'altra. Ecco perciò che prendono
a parlare come forsennati, e tirano fuori tutto, che però si trasforma
in niente, perché il loro rapporto non può essere spiegato a parole,
ed in esse soprattutto non è contenuto. Il vero addio allora torna a
manifestarsi attraverso il corpo, e nell'intimità superiore del silenzio
e della condivisione più profonda, quella dell'anima (o di qualcosa
per essa). Poi lei se ne va per non tornare, e lui la lascia andare
senza dir niente. Adesso capiamo perché è tornata ogni mercoledì, e
lui l'ha sempre aspettata: il fatto è che, anche volendo, non riusciremmo
a spiegarlo. Non a parole.
Tratto dall'opera di Kureishi, Intimacy è uno dei film più intensi
dell'anno, per la storia che racconta e per il modo in cui la racconta.
Chereau si dimostra abilissimo, perfido architetto di una geometria
pressoché perfetta di tempi e luoghi. I tre protagonisti (vogliamo includerci
anche il grande Timothy Spall) danno il volto, il corpo e soprattutto
l'anima a questa pellicola, che invece a noi non concede davvero niente.
E di questo gliene siamo grati.
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