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id, USA,
2003.
di Jim Sheridan, con Samantha Morton, Paddy Considine,
Djimon Hounsou, Sarah Bolger, Emma Bolger.
Adoperare una storia parzialmente autobiografica (la tragica morte del
fratello del regista, avvenuta anni fa) ed inserirla in una struttura
narrativa estranea per arrivare ad esplorare le possibilità che
un genere fortemente frastagliato come il melodramma contemporaneo ancora
può offrire.
Questa in sostanza loperazione portata a termine da Jim Sheridan
in quella che reputiamo fino ad ora la sua opera più sincera,
più sentita, in poche parole più riuscita. Dopo la drammatizzazione
(a tratti un po sensazionalistica nella messa in scena) di storie
vere in Il mio piede sinistro, Nel nome del
padre e The Boxer, il cineasta irlandese ha
raccontato la tragedia di una famiglia che, per scappare al dolore della
morte del loro unico figlioletto maschio, decide il trasferimento negli
Stati Uniti, alla ricerca non tanto dellamerican dream
quanto della serenità perduta. Tutti e quattro i componenti familiari
vivono a loro modo il dolore della perdita, reagendo ognuno secondo
la propria natura, cercando comunque di tenere unito un nucleo familiare
fortemente segnato dal dolore. Sarà lincontro con una realtà
ed unumanità fortemente degradate come quelle dei sobborghi
newyorkesi a mettere seriamente alla prova il legame familiare, soprattutto
attraverso gli stenti economici; sarà invece lincontro/confronto
con la sofferenza altrui ad aprire nuove vie alla speranza ed allaccettazione
del passato.
In America è un melodramma e tale vuole essere
fino in fondo. Sheridan, insieme alle figlie Naomi e Kirsten, ha scritto
una sceneggiatura che mette nella pellicola tutti gli stilemi e le situazioni
più consone del genere, ed ha scelto di non evitare il rischio
di costruire un film lacrimevole. Già, perché alla fine
del film non si può non aver pianto. Il grande pregio degli autori
è stato quello di sapere perfettamente quello che volevano ottenere,
ed usare la via più onesta e sincera nel portarlo a compimento:
la semplicità della regia diventa profondità, la partecipazione
degli attori diventa pathos, la veridicità della storia diventa
partecipazione. Difficile, davvero difficile spiegare come questo lungometraggio
riesca ad essere nello stesso tempo un qualcosa di perfettamente costruito
a tavolino ed insieme assolutamente veritiero ed onesto,
capace di rendere emotivamente partecipe lo spettatore di quello che
sta avvenendo sullo schermo. Sheridan poi si dimostra ancora una volta
superbo nello scegliere gli attori per i propri personaggi: i due protagonisti,
Paddy Considine e la sempre bravissima Samantha Morton sono perfettamente
a ruolo, anche se a dire il vero vengono leggermente oscurati dalla
presenza scenica e dalla grande interpretazione di Djimon Hounsou, che
nellincontro con le due piccole bambine ci regala la più
bella scena del film (e una delle più belle dellanno).
Ma la grande sorpresa di In America è la giovane
Sarah Bolger, attrice in erba ma capace di una profondità espressiva
che si esalta nella misura, nella semplicità, nel sapere trattenere
ed esplicare allo stesso tempo. Semplicemente sconvolgente.
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