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Hostel 2
Hostel: Part II, Usa 2007
di Eli Roth, con Lauren German, Heather Matarazzo, Roger Bart, Edwige Fenech

Horror for Dummies
recensione di Michele Alessandrelli



Ci sono speranze che non si è autorizzati, pena un grande dolore, a coltivare. Una di queste è che Roth non girasse il seguito di Hostel. Ma l’ha fatto, l’ha girato, vanificando e umiliando la suddetta speranza. Perché l’hai fatto, o Roth? Beh le ragioni sono facilmente individuabili: squadra che vince non solo non si cambia, ma si ripropone. Vorrei però tentare una disamina seria del film, applicando in dosi massicce il cosiddetto principio di carità, in base al quale si deve concedere all’interlocutore tematico, quale che sia, una dose elevata di competenza e know how. Vediamo un po'. L’intento di Roth è chiaro: mettere in scena il male assoluto. È significativo che scelga di farlo attraverso un’organizzazione criminale “a fini di ludo”. Banalità e crudeltà sono infatti cifre del male quale l’uomo contemporaneo ha imparato a conoscere. Interessante anche la scelta del vento che spira da oriente, dall’Europa lontana non più Mitteleuropa per civiltà e sensibilità, ma ancora, nei resti che ha lasciato di sé, medievale, cupa, decadente e sanguinaria. Mi incuriosisce un simile modo di vedere l’Europa. Va detto però che la curiosità viene presto delusa dall’evidente intenzione di Roth di non dar voce a queste inquietudini e impressioni. La scelta di tre ragazze, due “fichette” e una “sfigata”, omologa ma di segno sessuale opposto a quella del primo, di una virago coscialunga che fa da adescatrice delle tre pollastre, di due “ricconi” aspiranti superuomini che vogliono provarsi e rinnovarsi uccidendo, di un mosaico di volti e anime dell’Est Europa che più dell’Est non si può, tra il Pelato capobanda goticopacchiano e collezionista di teste e la manager/segretaria di un biondo che viene dall’altro mondo, più il solito manipolo di babykiller che imperversava anche nel primo film, dicevo la scelta di tutto questo impedisce allo spettatore di prendere sul serio il film di Roth. Non c’è mistero, è tutto oltremodo chiaro sin dall’inizio. Il ghigno che continuamente si disegna sul volto dei cattivoni sembra voler dire: io, proprio io sono il cattivo! L’hai capito? …. Hostel for Dummies.
Accanto a questo, va lamentato un certo compiacimento sanguinario e nichilista nella messa in scena del Male. Tristemente, senza alcun appiglio nella trama, perché in realtà non esiste trama, la violenza prende di mira fragorosamente e volgarmente i bambini, che la subiscono e a loro volta la rendono. Non è scandaloso mostrare la sofferenza dei bambini, volgare e osceno è il bisogno, puramente assertorio e non narrativamente fondato, di usarli per far risaltare crudeltà e sfacelo. Non vorrei che Eli Roth si sentisse una specie di scandalizzatore, un denunciatore, uno di quelli che sferrano cazzotti per iniettare con violenza la verità negli occhi opacizzati di quegli spettatori che non vogliono o non sanno guardarla in faccia. I suoi colpi non fanno male, hanno invece il sapore cattivo di una trovata scadente e infelice, che evoca involontariamente ben altre sofferenze. La recensione finisce qui perché ho smesso di essere caritatevole.