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Ci sono speranze che non si è
autorizzati, pena un grande dolore, a coltivare. Una di queste è
che Roth non girasse il seguito di Hostel.
Ma lha fatto, lha girato, vanificando e umiliando la suddetta
speranza. Perché lhai fatto, o Roth? Beh le ragioni sono
facilmente individuabili: squadra che vince non solo non si cambia,
ma si ripropone. Vorrei però tentare una disamina seria del film,
applicando in dosi massicce il cosiddetto principio di carità,
in base al quale si deve concedere allinterlocutore tematico,
quale che sia, una dose elevata di competenza e know how. Vediamo
un po'. Lintento di Roth è chiaro: mettere in scena il
male assoluto. È significativo che scelga di farlo attraverso
unorganizzazione criminale a fini di ludo. Banalità
e crudeltà sono infatti cifre del male quale luomo contemporaneo
ha imparato a conoscere. Interessante anche la scelta del vento che
spira da oriente, dallEuropa lontana non più Mitteleuropa
per civiltà e sensibilità, ma ancora, nei resti che ha
lasciato di sé, medievale, cupa, decadente e sanguinaria. Mi
incuriosisce un simile modo di vedere lEuropa. Va detto però
che la curiosità viene presto delusa dallevidente intenzione
di Roth di non dar voce a queste inquietudini e impressioni. La scelta
di tre ragazze, due fichette e una sfigata,
omologa ma di segno sessuale opposto a quella del primo, di una virago
coscialunga che fa da adescatrice delle tre pollastre, di due ricconi
aspiranti superuomini che vogliono provarsi e rinnovarsi uccidendo,
di un mosaico di volti e anime dellEst Europa che più dellEst
non si può, tra il Pelato capobanda goticopacchiano e collezionista
di teste e la manager/segretaria di un biondo che viene dallaltro
mondo, più il solito manipolo di babykiller che imperversava
anche nel primo film, dicevo la scelta di tutto questo impedisce allo
spettatore di prendere sul serio il film di Roth. Non cè
mistero, è tutto oltremodo chiaro sin dallinizio. Il ghigno
che continuamente si disegna sul volto dei cattivoni sembra voler dire:
io, proprio io sono il cattivo! Lhai capito?
. Hostel
for Dummies.
Accanto a questo, va lamentato un certo compiacimento sanguinario e
nichilista nella messa in scena del Male. Tristemente, senza alcun appiglio
nella trama, perché in realtà non esiste trama, la violenza
prende di mira fragorosamente e volgarmente i bambini, che la subiscono
e a loro volta la rendono. Non è scandaloso mostrare la sofferenza
dei bambini, volgare e osceno è il bisogno, puramente assertorio
e non narrativamente fondato, di usarli per far risaltare crudeltà
e sfacelo. Non vorrei che Eli Roth si sentisse una specie di scandalizzatore,
un denunciatore, uno di quelli che sferrano cazzotti per iniettare con
violenza la verità negli occhi opacizzati di quegli spettatori
che non vogliono o non sanno guardarla in faccia. I suoi colpi non fanno
male, hanno invece il sapore cattivo di una trovata scadente e infelice,
che evoca involontariamente ben altre sofferenze. La recensione finisce
qui perché ho smesso di essere caritatevole.
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