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Keeping mum,
GB, 2006
di Niall Johnson, con Rowan Atkinson, Kristin Scott
Thomas, Maggie Smith
La Famiglia omicidi è una black comedy così
british che risulta strano scoprire che la sceneggiatura (per mano di
Richard Russo, scrittore americano insignito del Pulitzer) fu inizialmente
concepita e ambientata negli USA. E non si tratta solo di un cast composto
di ottimi attori inglesi con tanto di pedigree; ciò che sa di
britannico in questa storia dalla regia garbata e dalla trama morbidamente
uncorrect è proprio la vena noir che serpeggia sin dalla prima
sequenza, e che non tarda a emergere di lì a poco, imprimendo
dinamismo a una vicenda a cui è molto facile affezionarsi.
La macchina da presa di Niall Johnson, un regista praticamente esordiente
nelle produzioni ad alto budget, è finemente calibrata per lasciare
ad una rosa di personaggi ben congegnati la possibilità di esprimersi
liberamente; quindi, sorretti da una regia così tersa da sembrare
invisibile, compiono le loro performance Kristin Scott Thomas, moglie
trascurata di un vicario di campagna, e Rowan Atkinson, il vicario,
troppo impegnato ad amministrare la fede dei suoi compaesani e a preparare
sermoni per accorgersi che le cose, in casa, non vanno troppo bene.
Finchè compare la governante di turno, limpeccabile e divertente
Maggie Smith, a regalarci il suo decisivo contributo, che consiste fondamentalmente
nel rimettere in sesto la famiglia del vicario e a sconvolgere -pervertire?
- il ruolo della tata che di tanto in tanto intasa le commedie anglosassoni.
Ed è Maggie Smith, la misteriosa vecchietta con un modo tutto
suo di risolvere i problemi familiari, lasso nella manica del
film di Johnson, benchè a onor del vero sia detto che Atkinson
non fa Mr Bean (bontà sua) e che lalgida ed elegante signora
Scott Thomas si cala in una parte molto più casalinga, veste
felpe invece di tailleur, e come effetto collaterale (involontario?)
finisce col risultare più sensuale del solito. Tutti i personaggi
sono disegnati per incastonarsi perfettamente, con calore e vividezza,
negli snodi del plot, e la sinergia scrittura-regia ha funzionato a
dovere per evitare di creare una storia che fosse troppo fredda, troppo
sbilanciata sul versante noir.
Però è la mite ma inquietante signora Grace Hawkins a
rendere il film qualcosa di cui conservare memoria, rompendo in sostanza
il fatidico e logoro schema a cui nelle commedie le governanti, colf,
tate o quantaltro sono quasi sempre costrette ad aderire. Non
si correrà il rischio di rovinare colpi di scena o finali a sorpresa
(perché, detto per inciso, le due sorprese del film
sono assolutamente telefonate: non su questo si basa la storia), però
in questa sede vale la pena ascrivere a la Famiglia omicidi
un merito significativo. Perché nonna Grace fa fuori la gente.
Oltretutto con una tranquillità che lascia allibiti, la tranquillità
che il narratore mostra, daltro canto, nel trovare un senso a
questi omicidi nel contesto assolutamente etico della vicenda e della
famiglia, che ha come capo un solerte ministro della fede. Eppure le
pastoie morali sono così lasche da sembrare assenti nel film,
donandogli un senso di leggerezza che, se da un certo punto di vista
diverte, dallaltro lascia in bocca quel senso di impalpabile inquietudine
quando a fine pellicola si fa il conto delle vittime.
Il trucco è il garbo, ancora una volta, un garbo squisitamente
old english, come si diceva in apertura, che rievoca i personaggi
di Agatha Christie o, tornando sul grande schermo, certi vecchi merletti
di una volta. Tè e veleno, quindi, uniti a quella dose minima
necessaria di spregiudicatezza morale che ad un certo punto viene candidamente
infusa nelle parole di Atkinson quando, durante un brillante sermone,
riflette su quanto misteriose siano le vie del Signore, e su quanto
possa essere considerato un segno di ingratitudine farsi domande al
riguardo, invece che, molto semplicemente, sfruttarne i benefici. Più
o meno contemporaneamente, la sua governante sta occultando il cadavere
del maestro di golf (un Patrick Swayze in versione burina, abbastanza
gustoso) che gli insidiava la moglie. Più uncorrect di così
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