|
|
E venne il giorno
The Happening, Usa / India, 2008
di M. Night Shyamalan, con Mark Wahlberg, Zooey Deschanel,
John Leguizamo, Betty Buckley, Frank Collison, Ashlyn
Sanchez, Spencer Breslin, Robert Bailey Jr.
I coniglietti suicidi di Shyamalan
recensione di Anna Maria Pelella
|
|
|
|
|
Tempo fa venne pubblicato un delizioso
libretto in cui delle vignette raffiguravano le infinite possibilità
creative di coniglietti che sceglievano il suicidio per la loro uscita
di scena.
Ogni vignetta aveva come tema centrale il modo in cui il coniglio decideva
di morire. Erano tutti modi assai cruenti e decisamente originali. Come
quelli che la popolazione di New York, a passeggio in una mattina di
sole in Central Park, sceglie di attuare nell'ultimo film di M. Night
Shyamalan.
La restante parte della popolazione si allarma, non essendo esattamente
nella tradizione americana il suicidio di massa, e individua la causa
in un influsso esterno. Data l'aria che tira al momento in tutti gli
Stati Uniti si pensa ad un attacco terroristico.
Fin qua tutto bene. Le premesse sono interessanti e i suicidi decisamente
ben fotografati. Shyamalan è ancora un regista con buone intuizioni
e con una visione originale delle cose.
Però a questo punto del film accade qualcosa. Un qualcosa di
ancor meno spiegabile dei suicidi di massa: il film si avvolge su sé
stesso e collassa senza una sola motivazione apparente. L'unica spiegazione
possibile sembra essere quella che Shyamalan si sia momentaneamente
allontanato e qualcuno abbia terminato il film al suo posto. Qualcuno
che non ha la minima idea di come dirigere gli attori: ecco quindi la
peggiore interpretazione dell'intera carriera di Mark Wahlberg fare
capolino tra le pieghe di una sceneggiatura che non ha senso. Qualcuno
che non ha il minimo orecchio per i dialoghi, e quindi abbiamo frasi
che sembrano tradotte con l'auto-traslate. E qualcuno che pensa
che sia una buona idea mostrare gente che spara attraverso le persiane
di una casa, così, tanto per rendere il senso di tensione che
altrimenti nessuno si sognerebbe di indovinare.
Dati i presupposti e le inquadrature iniziali, si poteva sperare, se
non in un lavoro originale, per lo meno in una rappresentazione che
lo fosse, viste le caratteristiche dei lavori di un regista che aveva
mostrato una visione assai peculiare, almeno in passato. Invece i dialoghi
da ufficio postale, le psicologie da dispense in edicola e infine la
sceneggiatura finto anni settanta con sottotesto buonista e rappresentazione
didascalica, chiariscono da subito che qualcosa è andato storto.
Il pensiero che aleggia nello spettatore stranito è che ci sia
un problema di traduzione e doppiaggio, dal momento non può essere
possibile che i principali dialoghi tra la coppia di protagonisti vertano
su bugie coniugali a proposito di un tiramisù e di un'avvenente
farmacista. Non appare neanche plausibile che, nel pieno di quello che
si vorrebbe una scena di pathos, il protagonista non riesca a dire niente
di più sensato di uno striminzito "datemi un minuto!
Perché nessuno mi dà un minuto?". Un'altra cosa
che ancora non si poteva immaginare è il misero risultato dato
dall'assoluta mancanza di controllo sulle espressioni facciali degli
attori: com'è potuto accadere che un regista giudichi plausibile
che la sua protagonista femminile si aggiri per tutta la durata di quello
che si presuppone sia un thriller con gli occhioni sgranati da cerbiatta
e la bocca atteggiata ad un eterno ovale di stupore? E vogliamo parlare
del sottotesto secondo cui l'amore vince su tutto, reso assai meglio
circa dieci anni fa da Oliver Stone nella battuta migliore del suo Assassini
nati ("solo l'amore può battere il demonio,
non dimenticatelo!")? Forse il senso di tanto squallore è
nascosto nella satira che qualche volenteroso recensore oltreoceano
ha attribuito al regista. Peccato che da noi nessuno abbia rilevato
la benché minima traccia di ironia nello svolgimento piattissimo
di un telefilm eco-vengeance stile anni settanta. L'idea che
l'amore possa o no essere un antidoto alle corruzioni morali e materiali
che infliggiamo alla natura, non sembra bastare a reggere il peso di
un lavoro svolto in maniera sciatta e senza un solo momento da ricordare.
Si salvano per caso alcune inquadrature, come il passaggio della pistola
e gli impiccati sulla stradina di accesso al paesino.
Ma dev'essere un momento sfuggito al perfido folletto che ha sottratto
la macchina da presa a Shyamalan, col dichiarato intento di rovinarne
definitivamente la carriera.
|